Lo sapeva bene Henry David Thoreau, scegliendo di vivere per un periodo della sua vita in una capanna in mezzo boschi sulle sponde del lago Walden, in Massachusetts: abitare in luoghi appartati e lontani dalla congestione urbana, dove vivere una vita semplice e recuperare un rapporto intimo con la Natura, è uno dei modi per riconciliarsi con sé stessi e con il mondo.
Se questo è possibile ovunque sussista un’inquietudine esistenziale o un’insofferenza verso il vivere in società, la presenza di territori vasti e selvaggi è un richiamo ancora più potente per mettere a tacere la voce dei propri demoni o anche solo, più prosaicamente, per andare a cercare aria buona. Così, gli spazi immensi del Nord America non hanno affascinato solo Frank Lloyd Wright che – dalle Prairie Houses a Broadacre City – qui inseguiva il sogno di un equilibrio tra ambiente costruito e naturale ma anche architetti che recentemente hanno progettato opere in luoghi incontaminati e a volte estremi, come buen retiro temporaneo o irriducibile scelta di vita.
Dal recupero dei caratteri tipologici e costruttivi delle case coloniche e “dogtrot” del XIX secolo (McLean Quinlan, Superkül), ad un design più marcatamente contemporaneo (Faulkner Architects + Kundig, S3Architecture), essenziale (Kundig) e con qualche suggestione modernista (mwworks), gli interventi reinterpretano tutti il tema della “capanna nel bosco” come manifesto di vita autentica che, dalle sponde del lago Walden, raggiunge le foreste e le montagne del Wyoming, del Vermont, della California e del Canada.