Dalla notte dei tempi il rapporto con la morte è un tema che attraversa trasversalmente le varie culture. In Europa è con l’editto di Saint Cloud, che dispone la collocazione delle sepolture al di fuori delle mura urbane e ne impone la regolamentazione, che lo spazio cimiteriale diventa una questione di architettura. Da qui, molti sono i percorsi intrapresi. C’è il cimitero come “città” che, alla stregua delle “città e i morti” di Calvino nelle Città Invisibili, duplica un paesaggio urbano fatto di strade, case, piazze a immagine – o ombra – del mondo dei vivi (Rossi e Braghieri, Chipperfield, CN10 architetti, Scarpa). C’è il cimitero che subordina l’opera costruita al processo di rigenerazione della Natura per cui la morte non è una fine ma un passaggio verso una nuova dimensione (Asplund e Lewerentz, Celsing). Ci sono i crematori, luoghi che concretizzano il concetto di trasformazione in polvere (KAAN, Ito, Larsen) e i memoriali dove il ricordo trascende il confine individuale per farsi memoria universale (cimitero di guerra). In ogni caso, resta il comune denominatore di foscoliana memoria per cui, al di là di qualsiasi credo religioso, la morte cede alla vita solo attraverso il ricordo. Perché in fondo, proprio come scrive il romanziere giapponese Haruki Murakami, “la morte non è l’opposto della vita ma parte di essa”.
10 cimiteri contemporanei d’autore, da Aldo Rossi a Toyo Ito
Gli spazi della morte offrono spunti di riflessione sui temi dell’identità e dell’anelito alla permanenza. E restituiscono all’umanità una vita che si perpetua nello dimensione del ricordo.
Aldo Rossi e Gianni Braghieri, Ampliamento del Cimitero di S. Cataldo, Modena 1971-1978. Foto: Antonio Trogu licensed under CC BY-NC-ND 2.0
Aldo Rossi e Gianni Braghieri, Ampliamento del Cimitero di S. Cataldo, Modena 1971-1978. Foto: Maurizio mwg licensed under CC BY-NC-ND 2.0
David Chipperfield, Ampliamento del Cimitero di S. Michele in Isola, Venezia 2007. Foto: Bosc d’Anjou licensed under CC BY-NC-SA 2.0).
David Chipperfield, Ampliamento del Cimitero di S. Michele in Isola, Venezia 2007. Foto: Bosc d’Anjou licensed under CC BY-NC-SA 2.0
CN10 architetti, Cimitero di Dalmine, Udine 2017. Foto: Gianluca Gelmini
CN10 architetti, Dalmine Cemetery, Udine 2017. Foto: Gianluca Gelmini
Carlo Scarpa, Tomba Brion, S. Vito d'Altivole, Treviso 1969 – 1978. Foto: Seier+Seier licensed under CC BY-NC 2.0
Carlo Scarpa, Tomba Brion, S. Vito d'Altivole, Treviso 1969 – 1978. Foto: August Fischer, licensed under CC BY-ND 2.0
Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz, Cimitero nel Bosco di Stoccolma, 1915 – 1940. Foto: Peter Guthrie licenced under CC BY-NC-ND 2.0
Gunnar Asplund e Sigurd Lewerentz, Cimitero nel Bosco di Stoccolma, 1915 – 1940. Foto: Peter Guthrie licenced under CC BY-NC-ND 2.0
Johan Celsing, Nuovo Crematorio al Cimitero nel Bosco, Stoccolma 2013. Foto: Fibsen licensed under CC BY-NC 2.0
Johan Celsing, Nuovo Crematorio al Cimitero nel Bosco, Stoccolma 2013. Foto: Poet Architecture marked with CC PDM 1.0
KAAN Architecten, Crematorio Siegesem, Aalst, Belgio 2018. Foto: Sebastian Van Damme
KAAN Architecten, Crematorio Siegesem, Aalst, Belgio 2018. Foto: Sebastian Van Damme
Toyo Ito and Associates, Meiso no Mori Municipal Funeral Hall, Kakamigahara, Giappone 2006, licensed under the Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license
Henning Larsen Architects, Crematorio comunale, Ringsted, Danimarca 2013. Foto: Pierre Chatel
Henning Larsen Architects, Crematorio comunale, Ringsted, Danimarca 2013. Foto: Pierre Chatel
Harbeson, Hough, Livingston & Larson, Markley Stevenson, Donald De Lue, Cimitero e monumento alla memoria americano, Coleville-sur-mer, Normandia 1956. Foto: Archilli Family/Journeys licensed under CC BY 2.0
Harbeson, Hough, Livingston & Larson, Markley Stevenson, Donald De Lue, Cimitero e monumento alla memoria americano, Coleville-sur-mer, Normandia 1956. Foto: Archilli Family/Journeys licensed under CC BY 2.0
Enric Miralles e Carme Pinós, cimitero di Igualada, Catalogna, Spagna. 1985-1996. Foto Frans Drewniak da Flick
Foto Frans Drewniak da Flickr
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- Chiara Testoni
- 31 ottobre 2024
L’ampliamento è una “città dei morti” fatta di edifici e percorsi funzionali dove il rapporto con la morte in forma privata viene sostituito da un approccio civico e istituzionale all’addio. Il complesso è caratterizzato da edifici in linea che ospitano i colombari e che perimetrano un recinto a verde nel quale si situa il volume cubico dell’ossario. I volumi scarnificati, in cui si aprono come squarci finestre a ritmo regolare senza serramenti, suggeriscono l’idea di una casa, o di quello che è stato di essa.
Nell’isola di S. Michele, luogo che fino dall’ 800 ospita il cimitero veneziano, l’ampliamento si situa in linea con l’impianto esistente caratterizzato dal succedersi di aggiunte progressive di campi di sepoltura: una griglia di recinti da realizzarsi per stralci successivi, organizzati in nuclei e strutturati attraverso colombari, conserva il carattere progressivo e stratificato dell’architettura storica modificandone il grado di permeabilità, grazie a maggiori aperture e scorci prospettici.
Il nuovo padiglione ospita loculi per ossari e urne ed è caratterizzato da tre blocchi monolitici in marmo bianco e cemento situati nel lato ovest del cimitero storico. La configurazione tipologica, in contrasto con quella tradizionale caratterizzata dal colonnato aperto sullo spazio centrale, conferisce all’edificio un’aura di maggiore raccoglimento. I volumi semplici ed essenziali su cui si posa la luce naturale incarnano il senso del monumento commemorativo evocando un’esperienza emozionale intima e quasi sacrale.
Commissionata dalla moglie in memoria di Giuseppe Brion - fondatore del marchio Brionvega - l’opera, adagiata nel verde, è articolata in una serie di fabbricati in calcestruzzo a vista ed è composta dai propilei, da un arcosolio, da una cappella, da un “padiglione della meditazione” posto su uno specchio d’acqua e da un’edicola con le tombe dei parenti. Le simbologie utilizzate rappresentano la vocazione ad andare oltre la morte attraverso l’identità e l’imperituro amore coniugale.
Il complesso, che comprende crematorio, cappelle, collina della meditazione, campi inumatori, è distribuito in una vasta area boschiva con pianure, boschi e radure e rappresenta un esempio di raffinato equilibrio tra opera costruita e paesaggio. Qui corrono lepri, caprioli e scoiattoli ad accompagnare i visitatori al commiato: la morte è concepita non come una fine ma come un passaggio, attraverso un processo di rinascita che trova la sua conferma nei tempi di rigenerazione della Natura.
Il nuovo crematorio si confronta con il contesto monumentale preesistente interpretando lo spirito del luogo tramite un rapporto rispettoso con il bosco. Lungi però dall’essere un intervento mimetico, l’edificio è un volume quadrato e compatto realizzato quasi esclusivamente in mattoni a vista. All’interno, oltre alle attività funzionali (spazio per i forni crematori, gestione e movimentazione dei feretri), si situano le funzioni pubbliche (sala d’attesa e stanza del commiato) oltre ai locali per uffici e per il personale.
Situato in un parco con dolci colline, un volume composto e misurato in cemento e marmo accoglie e accompagna il visitatore in un percorso guidato e riconciliante, inondato di luce grazie alle ampie aperture vetrate, che si snoda dalla reception e conduce alla caffetteria, alle zone di servizio e alle sale per cerimonie. Gli interni sobri e accoglienti, grazie al nitore delle superfici e ai toni caldi dei materiali e degli elementi di arredo, genera un senso di pacificante serenità.
Nel paese con la più alta percentuale di cremazioni nel pianeta, il crematorio “Foresta della meditazione” si distende delicatamente tra le colline boschive e un lago artificiale su cui si specchia. Un’ampia copertura in cemento armato rinforzato sostenuta da eleganti colonne sembra fluttuare con leggerezza ricoprendo gli spazi nei quali si situano le funzioni interne: tre sale d'attesa, due sale per il commiato, una sala con sei crematori e due sale per l'inumazione.
Situato al centro della più grande fra le isole comprese nel territorio danese in un’area verde parzialmente boscata, il nuovo crematorio comunale è stato concepito per rispondere a nuovi aggiornati standard tra cui quello relativo alla depurazione dei gas di scarico. I volumi di differenti dimensioni ed altezze, rivestiti in laterizio dalla tonalità cinerina, caratterizzano un’architettura laica dal linguaggio funzionale e dichiaratamente contemporaneo che rinuncia a qualsiasi retorica o simbolismo religioso.
Nei pressi di Omaha Beach, sul mare teatro di una delle operazioni militari più importanti di sempre, sorge il cimitero americano in Normandia. Nel verde prato all’inglese si collocano le croci bianche - a memoria di solo una parte delle vittime effettive - perfettamente allineate ed orientate verso ovest. Non c’è traccia di identità individuale ma solo il rispettoso silenzio a omaggiare chi, nel fragore sanguinoso dello sbarco, è scomparso senza lasciare traccia nella pagina più buia della storia.
Quello progettato da Enric Miralles e Carme Pinós è un paesaggio dove i morti e i vivi possono incontrarsi, dove soprattutto i vivi possono fare un’esperienza dell’esistere come flusso unitario, immergendosi attraverso un percorso sinuoso in un sito di sepoltura scavato sotto l’orizzonte, e definito solo dal cemento dei loculi e dal cielo. Ma è anche parte del paesaggio catalano stesso, della terra delle sue colline a cui i materiali del progetto – cemento grezzo, pietre, corten – sembrano appartenere.