Inaugurata nel 2009, la High Line è una delle nuove attrazioni di New York più celebri. Progettata da James Corner, Diller Scofidio + Renfro, e Piet Outdolf, ispirata alla Promenade plantée parigina, il suo progetto fa rivivere un ex viadotto ferroviario, trasformandolo in un parco lineare sopraelevato che va dal Meatpacking District fino alla 34a strada. Oppure, se si considera una mappa aggiornata e più alla moda di Manhattan, si potrebbe semplicemente dire che la High Line ti porta facilmente da Little Island, il parco artificiale galleggiante, al “newest neighboorhood of New York”, Hudson Yards, senza dover fare un solo passo sulle strade di New York. “Vivevo in quella zona quando l’hanno aperta, la trovavo fantastica”, mi dice Cynthia Davidson, rimarcando quanto fosse una novità poter camminare sopra il livello della strada, e non dover stare fermi ad aspettare il verde al semaforo. “Ma ora è diventato un posto dove è estremamente costoso vivere e questo è un problema”.
Fare una passeggiata sulla High Line – bisogna avere una prenotazione online per accedere, siamo nell’era pandemica, dopo tutto – significa immergersi in circa 100.000 tra piante, alberi e arbusti, e intraprendere un viaggio nel paese delle meraviglie dell’architettura ultra-lusso. Tra gli edifici che si incontrano: il condominio conosciuto semplicemente come Zaha Hadid Building, dove un attico è stato recentemente messo in vendita per quasi 49 milioni di dollari; i condomini di Heatherwick, il progettista britannico di Little Island; lo IAC di Gehry e il condominio appena dietro, dell’architetto francese Jean Nouvel; il nuovo complesso del Whitney Museum, che è stato progettato da Renzo Piano; inoltre si può letteralmente attraversare il cantiere del complesso XI di BIG, ultima aggiunta in ordine di tempo della zona; ovviamente ci sono anche degli edifici preesistenti imperdibili, come lo Standard Hotel, che dà quel tocco un po’ decadente New York secolo XX, e poi i pochi magazzini per la lavorazione della carne, che hanno dato il nome al Meatpacking Village, e quegli edifici storici di 3 o 4 piani sopravvissuti, quelli dei celebri appartamenti railroad.
Affacciarti sull’appartamento del tuo vicino è un classico di New York. Lo stesso succede sulla High Line. Alcune finestre sono schermate dalle tende, ma molte case si offrono allo sguardo dei passanti. E sono così vicine! La High Line potrebbe essere benissimo la terrazza degli appartamenti di Heatherwick. In quelle case, dove la presenza umana è rarissima, tutto è perfettamente apparecchiato, al punto che è impossibile capire cosa sia stato messo in scena di proposito e cosa no. Vedo un ragazzo che allatta un bambino con un biberon, dietro un vetro fumé; per un attimo i nostri sguardi si incontrano, poi scompare, come assorbito dal suo appartamento.
Finora non ho trovato nessun newyorkese che dica di amare Hudson Yards. “È una zona a parte, tagliata fuori dalla città”, è quello che mi dicono architetti, designer, amici. A chi cammina da sud a nord sulla High Line, Hudson Yards appare di colpo, come uno sfondo digitale che è stato appena renderizzato dietro lo Zaha Hadid Building. La sensazione che sia una sorta di città dentro la città si accresce quando ci metti piede. È come se ti avessero appena teletrasportato in uno di quei centri commerciali di ultra-lusso che non sono mai completati a Singapore o Shanghai.
L’enorme struttura traslucida del Vessel, che svetta sulla piazza, potrebbe benissimo essere una tecnologia aliena di un episodio della saga cinematografica dei Transformers. Appena più in basso, sotto una grande tenda contrassegnata dal logo di SoulCycle, è in corso una lezione di spinning open air, con gente che fatica sulle cyclette, comportandosi come se fosse ovunque, di certo non nel bel mezzo di uno dei luoghi turistici più trafficati della città.
Due settimane fa, un ragazzo si è ucciso saltando dal Vessel: è la quarta volta in un anno e mezzo. La struttura a nido d’ape, che doveva essere per la città una nuova splendida attrazione, si è trasformata nel nuovo pinnacolo dei suicidi di New York. Non una novità per Manhattan, dove le torri sono da sempre un trampolino di lancio verso l’auto-annientamento: il Singer Building, il più alto edificio del mondo quando venne completato, dovette chiudere il suo osservatorio nel 1939, dopo due salti suicidi oltre la balaustra.
“La High Line è un esempio molto efficace di architettura del paesaggio, tuttavia è fondamentalmente compromessa dal suo motivo principale, che è quello di gentrificare la città”, commenta Reinhold Martin, storico dell'architettura e dei media. Sotto la sua direzione, il Buell Center della Columbia, nell'ultimo decennio, si è concentrato sulla crisi degli alloggi in America. Secondo Martin la High Line e i suoi dintorni, sono un'architettura rivoluzionaria, “ma una rivoluzione che viene dal lato opposto di dove i pensatori progressisti e gli artisti hanno cercato di trasformare la società”. Seguendo questa linea di pensiero, Martin definisce il parco lineare come una “macchina per riprodurre la disconnessione tra architettura e società”, qualcosa di profondamente legato all'avvento del postmodernismo, inteso come “una concezione dell'architettura che non può partecipare alla trasformazione della società”. Critica il fatto che la premessa di tutto il progetto High Line era fare qualcosa di pubblico per un quartiere in metamorfosi, e che alla fine i veri beneficiari sono state le forze che stanno cambiando Chelsea. E gli architetti. "Succede perché qualcuno lo sta facendo accadere, e gli architetti stanno partecipando a questa attività, traendone profitto, facendo soldi, diventando famosi“, osserva."High Line è uno spazio esclusivo, non è nemmeno Central Park", commenta, sottolineando che mentre tutta la situazione in corso nella zona è abbastanza ovvia, il punto è che tutti dovremmo discutere se questo è accettabile o no.
Sulla High Line i treni sono spariti da tempo. Eppure i visitatori, rimbalzando da nord a sud e viceversa e poi ancora avanti e indietro, e poi ancora, in un loop potenzialmente infinito, si godono una traversata metaforica in una “nuova” New York ritagliata tra una piazza che sa di artificio e il surrogato di un'isola, godendosi le occasioni di svago lungo la strada, bevendo un caffè ghiacciato o riposando nel micro-anfiteatro sospeso sopra le strade, protetto da una grande vetrata. Questo percorso lineare sembra avere tutto ciò che oggi consideriamo desiderabile: aree verdi, niente traffico, un panorama disegnato da alcuni dei più famosi maestri dell'architettura degli ultimi decenni. È un nuovo modo di visitare la città senza essere dentro la città, e la relativa elevazione del viadotto viene sfruttata sia come punto d’osservazione, sia come barriera che evita il contatto con i lati negativi della metropoli (quella che una volta chiamavamo realtà). Nel suo “manifesto retroattivo” del 1978, Delirious Manhattan, che Martin definisce “un poema dedicato a Wall Street quando New York stava fallendo”, Rem Koolhaas teorizza che Coney Island sia stata il laboratorio di tutte le innovazioni urbane di Manhattan. Ci si potrebbe facilmente chiedere se quello che sta accadendo intorno alla High Line non sia forse il progetto del nostro mondo futuro. Il circo delle città.
Tutte le foto sono state realizzate con una Fujifilm X-Pro3, gentilmente fornita da Fujifilm Italia, salvo dove diversamente indicato.