Casa Uno a Tijuana: l’abitare condiviso contro la gentrificazione

Nelle parole di Tag Christof, che ha fotografato Casa Uno di T38 studio, l’edificio “è un totem della Tijuana del XXI secolo – dinamica, giovane, artistica, mondana, conviviale – che gli americani raramente si prendono la briga di scoprire”. In effetti, la città messicana di frontiera non è il primo luogo che viene alla mente quando si parla di architettura contemporanea sperimentale e di qualità. Casa Uno vuole essere un’eccezione alla regola. Il quartiere in cui si trova, a ridosso di downtown, è una delle aree residenziali più esclusive della città. Citando Alfonso Medina e Joseph Ruiz di T38 studio, Casa Uno “offre una soluzione assolutamente accessibile per il vivere contemporaneo, mentre mette in discussione tematiche come il privilegio della privacy e la necessità di una dimensione collettiva nel mondo moderno”. Si tratta, nei fatti, di un edificio multipiano per co-living, che all’interno della sua struttura in cemento armato ospita una serie di alloggi privati, modulari e di diverse dimensioni, e di padiglioni in comune.

Al di là delle considerazioni sociologiche sulla composizione della popolazione di Casa Uno –in gran parte millennials, con un buon titolo di studio e non originari della città – e di quelle spaziali sulle forme di flessibilità e continuità tra case e ambienti collettivi, il progetto di T38 studio è interessante innanzitutto sul piano del linguaggio architettonico. La scelta di moltiplicare forme, materiali e dettagli – spiccano in particolare il volume scultoreo verde menta dell’ingresso e quelli “a casetta” disposti in copertura – si traduce in una divertita, esibita rappresentazione urbana della comunità molteplice che abita l’edificio. Un tentativo riuscito di turbare la quiete (o noia) estetica del suo contesto fastidiosamente posh.