La storia di Riesi è intimamente legata al nome di Tullio Vinay, pastore valdese che qui, negli anni Sessanta, fondò il centro Servizio Cristiano e realizzò il Villaggio Monte degli Ulivi, progettato da Leonardo Ricci. La nascita del villaggio rappresenta una delle esperienze salienti del rapporto fra architetto e pastore, che continua l’esperienza del centro ecumenico di Agape, in Piemonte, degli anni Quaranta.
In Sicilia, da bene confiscato alla mafia a spazio per gli abitanti
Il workshop del Laboratorio Umano di Rigenerazione Territoriale trasforma una casa di Riesi confiscata a Cosa Nostra. Civico Civico, questo il suo nuovo nome, getta un segnale nella cittadina estendendosi fino alla strada.
Foto Gianluca Fiusco
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Stefano Ragazzo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Stefano Ragazzo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Giulio Marzullo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Emanuele Piccardo
Foto Stefano Ragazzo
Foto Emanuele Piccardo
Courtesy Orizzontale
Courtesy Orizzontale
Courtesy Orizzontale
Courtesy Orizzontale
Courtesy Orizzontale
View Article details
- Giulia Ricci
- 13 ottobre 2020
- Riesi, Sicilia, Italia
- Orizzontale, Flora La Sita
- 2020
Presentando il progetto del centro siciliano sulle pagine di Domus n.409, dicembre 1963, Ricci scriveva “a volte nel desiderio e nel sogno ho visto questo villaggio espandersi per tutta la Sicilia. Mettere cioè rami, foglie. Vedevo la Sicilia non più come depressa, ma prospera come potrebbe essere” – e continua – “Vedevo me stesso finalmente soddisfatto come architetto, al servizio di qualcosa di vero al quale credo, non dittatore di stupidi o servo di arricchiti”.
Quest’anno quelle parole di Ricci rivivono a Riesi nella prima edizione del Laboratorio Umano di Rigenerazione Territoriale, o più semplicemente LURT. Il progetto del Servizio Cristiano Valdese e dell’associazione culturale plug_in è stato inaugurato nei pressi del centro paese, con un workshop che ha visto la fase iniziale della riqualificazione di un immobile confiscato a Cosa Nostra. Il villaggio di Ricci infatti sorge ai confini del paese e, raccontano gli abitanti, è sempre stato visto come una roccaforte civica, una opposizione all’insistere sul territorio della mafia. E mandare i propri figli alle scuole primarie nel villaggio di Vinay e Ricci rappresentava già una scelta di campo: oggi quelle scuole sono tutt’ora in funzione e continuano a svolgere quello stesso ruolo sul territorio. Durante il LURT, il villaggio ha costituito la base per conferenze, dialoghi e proiezioni aperte alla cittadinanza. I 21 partecipanti al workshop migravano poi quotidianamente nel tessuto riesino, dove si svolgeva il cantiere.
Il recupero dell’immobile confiscato si è realizzato attraverso un processo di autocostruzione guidato dal collettivo romano Orizzontale e dall’architetta siciliana Flora La Sita. Dopo sessant’anni dalla realizzazione del villaggio, al Servizio Cristiano Valdese viene affidato uno spazio che gli permette di approssimarsi al paese. Il recupero dell’edificio è partito dal piano terra, dove si concentreranno i laboratori formativi organizzati dalla squadra di Gianluca Fiusco, direttore del Servizio Cristiano Valdese di Riesi. Con quest’azione gli organizzatori si avvicinano in particolare agli adolescenti, una fascia d’età difficile in un contesto socialmente complesso, e che traccia una continuità con l’educazione offerta nelle scuole del villaggio di Ricci.
L’intervento però non si è limitato ai confini della casa: una volta liberati i muri attraverso il vetro, il progetto ha abbracciato la strada. Sul manto di asfalto colorato di blu vengono tracciati col bianco i giochi dei bambini del quartiere, come i quattro cantoni, il basket, il calcetto, intrecciati in un unico disegno. Quando ancora il cantiere era in corso, i bambini già giocavano nella strada chiusa al traffico.
La suggestiva compresenza di architetti, studenti, abitanti, bambini e professionisti locali, ha reso il cantiere prima di tutto luogo di relazione, oltre che di realizzazione: è il costruire del materiale attraverso l’immateriale delle interazioni sociali che si creano nella dinamica del lavoro. Questo è il primo gesto di avvicinamento a una comunità, la quale partecipa alla costruzione dei suoi monumenti futuri.