Arter, la galleria d’arte che cambierà l’ultimo quartiere popolare del centro di Istanbul

Il nuovo centro culturale progettato da Grimshaw Architects atterra come un’astronave nel quartiere di Dolapdere, tra inclusione e gentrificazione.

Un’astronave è atterrata nel fatiscente quartiere Dolapdere di Istanbul: Arter, il nuovo centro per l’arte contemporanea, ha aperto al pubblico lo scorso settembre, in tempo per la Biennale d’Arte di Istanbul 2019.

Il museo è gestito dalla fondazione Vehbi Koç, finanziata dal più grande conglomerato industriale turco, noto per la sua modesta opposizione al governo. Arter è considerato un punto di riferimento per l’arte contemporanea e la cultura non allineata in un paese dove la libertà di espressione si sta sempre di più assottigliando.

Progettato dallo studio Grimshaw Architects, l’edificio comprende gallerie espositive, una sala per spettacoli, strutture educative, una biblioteca e un auditorium, disposti intorno a due vuoti architettonici. Con i suoi volumi angolari, i pannelli ceramici geometrici traforati e le aperture a tripla altezza, è in forte contrasto con il tessuto urbano circostante, fatto di case fatiscenti e costruzioni informali accatastate lungo i pendii delle colline, con salotti che si aprono sulle strade e bambini che giocano a calcio nei vicoli tra piccole fabbriche, negozi di alimentari a basso costo, rivenditori di rottami e case da tè.

A pochi isolati da Arter, una decadente chiesa greco-ortodossa Evangelistrias – gravemente danneggiata durante il Pogrom del 1955 – e l’ultimo macellaio turco che vende carne di maiale evocano i tempi passati, quando Dolapdere era un quartiere prevalentemente cristiano. La sua popolazione originaria è scomparsa nel corso del XX secolo, ed è stata sostituita da ondate successive di immigrati. La zona acquisì una reputazione legata a povertà e criminalità.

Grimshaw Architects, Arter, Istanbul, Turchia
Grimshaw Architects, Arter, Istanbul, Turchia

La domenica, una folla eterogenea anima i frenetici mercatini delle pulci notturni di Dolapdere: venditori rom, donne curde e giovani squattrinati si spintonano alternandosi a borghesi e migranti africani o siriani in questo microcosmo multiculturale a due passi dal centro commerciale e di intrattenimento di Istanbul.

Da quando l’Università di Bilgi ha inaugurato il suo campus nella zona, due decenni fa, gli alberghi, gli uffici e le gallerie d’arte hanno sostituito le fabbriche e riempito gli appezzamenti inutilizzati lungo il fondovalle. Arter, che si trova sul sito di una edificio di servizi per auto a più piani, costituisce la pietra angolare di questa ristrutturazione urbana.

Si teme che l’arrivo di un luogo culturale così sofisticato possa spingere ulteriormente la trasformazione, espellendo definitivamente la popolazione a basso reddito da uno degli ultimi quartieri popolari centrali di Istanbul. Mentre il rinnovamento urbano di Istanbul avviene spesso attraverso interventi governativi e immobiliari, la gentrificazione di Dolapdere può invece essere alimentata da un’istituzione filantropica privata.

I media mainstream tendono a dipingere Arter come un elemento alieno che si spera possa recuperare un quartiere problematico. Milliyet lo descrive come “un’oasi”, implicando che Dolapdere è un deserto culturale, mentre un editorialista del Hürriyet – che ha ammesso di non aver mai pensato di venire a Dolapdere prima d’ora – sostiene che riporterà in vita la zona, come se fosse un quartiere noioso e senz’anima. Haber Türk illustra così una visita: “Appena varcata la porta, lasciandosi alle spalle tutto il caos di Dolapdere, ci si sente come se si fosse entrati in un’ “isola d’arte”, una Neverland... Usciti da Dolapdere attraverso una porta, si entra nella Tate Modern di Londra, per così dire!”

Si teme che l’arrivo di un luogo culturale così sofisticato possa spingere ulteriormente la trasformazione, espellendo definitivamente la popolazione a basso reddito da uno degli ultimi quartieri popolari centrali di Istanbul

Ben consapevole del delicato contesto in cui si inserisce il centro, la fondazione Koç è stata attenta a non mostrare un atteggiamento così sprezzante e a mitigare l’impatto sul tessuto sociale esistente. Il direttore artistico Melih Fereli sottolinea come il museo “non volge le spalle al quartiere, ma lo invita a entrare”. Sono state condotte delle sessioni di consultazione che, a quanto pare, hanno incorporato i punti di vista dei residenti nel programma del centro. Una “Neighbour Card” garantisce l’accesso gratuito alla galleria e sconti sulle attività educative.

L’edificio Arter è stato concepito per esprimere architettonicamente una retorica inclusiva. Secondo Grimshaw Architects, “il cuore del progetto ruota attorno a spazi accessibili a tutti”: i vuoti architettonici e le superfici trasparenti creano collegamenti visivi e fisici tra la città e il museo, aprendolo alla strada e rendendolo “accessibile e accogliente per tutti”.

Dall’ingresso vetrato a tripla altezza il visitatore può infatti intravedere l’edificio fino alla galleria posteriore e a quella superiore, ma una fontana allungata che corre lungo tutta la facciata ne impedisce l’accesso, indirizzando il visitatore verso un controllo di sicurezza laterale. Il “giardino sul retro” è uno spazio aperto recintato, con un parapetto perimetrale mimetizzato da una siepe di alloro. E anche se il progetto sfrutta sapientemente la posizione dell’edificio in fondo alla valle di Dolapdere, con le aperture delle finestre che incorniciano una suggestiva vista sui pendii densamente costruiti, il quartiere rimane solo uno scenario. L’edificio in sé sembra essere più una parodia della trasparenza che uno spazio veramente inclusivo, non raggiungendo i suoi obiettivi dichiarati di apertura alla collettività locale.

Il nuovo Arter è sicuramente un bene culturale per Istanbul nell’arena delle città globali. Tuttavia, potrebbe finire per alterare radicalmente l’equilibrio di questo quartiere storico e vulnerabile che, con il suo carattere distintivo, fa parte dell’identità popolare della città.

Progetto:
Arter
Tipologia:
museo d’arte contemporanea
Architetti:
Grimshaw
Area:
18.000 mq
Completamento:
2019

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