La guida di Domus a Toronto

Tra grandi maestri e sperimentazioni contemporanee, una selezione di architetture per raccontare il paesaggio urbano canadese, capace di mettere in dialogo la cultura architettonica nordamericana con il mondo.

Città del design, dell’arte e dello spettacolo: Toronto è il cuore pulsante del dinamismo canadese. Qui, storia e innovazione si confrontano, in un continuo dialogo e sperimentazione tra storia e contemporaneità. La città è così una collezione di eventi architettonici: frapponendosi alla trama dei grattacieli, bassi edifici brutalisti invertono la relazione tra vetro e cemento, i mattoni decorano le facciate liberty, colorando di rosso anche uno degli edifici “flatiron” che costellano il Nordamerica. Il tutto all’ombra della celebre Cn tower, simbolo nello skyline di Toronto, oltre che una delle torri di telecomunicazione con struttura autoportante più alte al mondo. A contrapporsi a questa città che sale, vi è poi il cosiddetto Path. Una rete di percorsi sotterranei, costruita per far fronte al clima rigido invernale, che permette alle persone di spostarsi tra i principali punti del centro città senza quasi mai uscire all’aperto. Così il capoluogo dell’Ontario diventa un crocevia di architetture e modi di pensare lo spazio: dal bay-and-gable style – variazione dello stile vittoriano nell’area meridionale dell’Ontario – al postmoderno di Philip Johnson nella sede delle trasmissioni della Cbc; ma anche città dei grandi maestri del secolo passato, con progetti che risuonano nel disegno urbano della città, da Mies van der Rohe a Arthur Erickson, che lo stesso Johnson definì il più grande architetto canadese, o forse dell’interno continente americano. Accanto a loro, la cifra contemporanea si distingue, tra le sperimentazioni di Libeskind, Gehry e Snohetta, in una sfaccettatura di linguaggi, capace di unire il rigore e la razionalità del premio Pritzker Fumihiko Maki, con la stravaganza formale di Mad Architects. Questa guida esplora diversi quartieri di Toronto incrociandone le architetture più rilevanti, in un momento di forte espansione e trasformazione della città. Infatti, a queste architetture presto si dovranno aggiungere i nuovi edifici che porteranno celebri studi canadesi come Moriyama Teshima architects ad accostarsi a interventi di Big – in una versione americana del Mountain dwelling – e ad un nuovo iconico grattacielo firmato Studio Gang.

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Simon Tanenbaum

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Simon Tanenbaum

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Jag Gundu

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Jag Gundu

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Simon Tanenbaum

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Jag Gundu

Arthur Erickson, Roy Thomson hall, 1982, Toronto Foto Simon Tanenbaum

Una delle sale per concerti più celebri del Canada, la Roy Thomson Hall è stata progettata da uno dei maestri dell’architettura nordamericana: Arthur Erickson. Qui, il suo estro e sperimentalismo hanno generato uno spazio unico, la pianta quadrata sviluppa una copertura vetrata che si raccorda con un elemento circolare, in uno studio della forma pre-calcolo computerizzato, rivelandone la sua identità futurista se si pensa che il progetto risale al 1976. L’interno, si divide così in uno spazio di circolazione esterno, trasparente, in cui lo spazio è continuo e senza soluzione di continuità. Da qui si accede alla sala per concerti, che inverte la trasparenza esterna, in uno spazio contenuto, pesante, in cui i blocchi di cemento a vista e legno costruiscono vele e platee rivolte verso il palco.

Mies van der Rohe, Toronto-Dominion Centre, 1969, Toronto. Foto Robert Taylor from Stirling, Canada, da Wikimedia

Quello che segnò l’ultimo grande progetto per Mies van der Rohe, fu per Toronto uno dei primi progetti a trasformare la dowtown in un denso complesso di grattacieli. A seguito della sua ormai grande fama in nord America, Mies fu chiamato a progettare il nuovo centro finanziario, nel quale inserì tutti gli stilemi che caratterizzarono il suo operato. Ritroviamo così reminiscenze del Seagram building nella scansione degli edifici, così come pare evidente il richiamo al Federal Center della vicina Chicago, dove il posizionamento delle torri genera un ampio spazio pubblico, in parte occupato da un edificio basso che trasforma il vuoto in un momento unico all’interno del tessuto cittadino. Lo spazio aperto, infine, intervalla fasce pavimentate e giardini, costruendo una nuova orizzontalità che si rivela in un podio a scala urbana in grado di mettere a sistema architettura e città.

Skyline of Toronto in Canada

Wzmh Architects, Canadian National Tower, 1975, Toronto

Wzmh Architects, Canadian National Tower, 1975, Toronto

Nota come Cn Tower, questa architettura ha inciso un segno riconoscibile nella skyline della città canadese. Non solo la sua figura si alza snella e in contrasto con i volumi vetrati dei grattacieli, ma Cn Tower è una delle strutture autoportanti più alte al mondo. Infatti, il corpo centrale in cemento armato funge da unico pilastro della torre di telecomunicazioni, raggiungendo i 553 metri di altezza.Questo singolo elemento strutturale prende la forma di una Y alla base, e nel suo cuore cavo sono contenuti i vani scala, gli ascensori e tutti gli allacciamenti tecnici. Prima della sommità, un volume accoglie diversi spazi aperti al pubblico, e caratterizza la rastrematura del pilastro. 

Calatrava, Brookfield Place, 1992, Toronto Foto TOimages da Adobe Stock

Calatrava, Brookfield Place, 1992, Toronto Foto TOimages da Adobe Stock

Calatrava, Brookfield Place, 1992, Toronto Foto TOimages da Adobe Stock

Coprendo il passaggio di Heritage Square, l’intervento di Calatrava ha concepito un elemento indipendente rispetto agli edifici esistenti, integrando una galleria in cui i singoli elementi compongono uno spazio scultoreo e luminoso. Proteggendo dal freddo della città, e garantendo un accesso al Path, la rete pedonale sotterranea del centro di Toronto, Brookfield Place genera uno spazio pubblico che fa eco alle cattedrali europee. Attraversando la galleria, infatti, si ha come l’impressione di essere in una grande navata, dove gli elementi metallici si compongono in arcate monumentali che ridefiniscono radicalmente lo spazio. 

Will Alsop, Sharp Centre for Design, 2004, Toronto Foto Taxiarchos228, Technical Assistance: Niabot da Wikimedia

Will Alsop, Sharp Centre for Design, 2004, Toronto Foto Tony Hisgett da Wikimedia

Will Alsop, Sharp Centre for Design, 2004, Toronto Foto Richie Diesterheft da Wikimedia

Celebre per le sue opere caratterizzate da un forte sperimentalismo, Alsop ha costruito a Toronto l’ampliamento della scuola di Design. Qui l’architetto stravolge l’idea di ampliamento, progettando una superstruttura che sovrasta gli edifici circostanti, generando un parallelepipedo che pare volare sulla città. I pilastri colorati, così come la rampa d’accesso rossa, o ancora le facciate del volume che ricordano un mosaico contemporaneo, restituiscono un valore grafico, quasi giocoso, del progetto. L’estensione sembra così una scultura contemporanea, un organismo estraneo alla città stessa, capace però di interpretarne il suo carattere più imprevedibile.

Frank Gehry, Art Gallery of Ontario, 2009, Toronto. Courtesy of © Gehry International, Architects, Inc.

L’Art Gallery of Ontario è uno dei musei più importanti a Toronto. Fondato nel 1900, l’architettura del museo ha subito varie espansioni. L’ampliamento completato nel 2008 ha visto al lavoro lo studio internazionale di Frank Gehry, che attraverso pochi segni significativi ha trasformato il linguaggio e il rapporto tra spazi interni del museo e scena urbana. Il progetto si rivela principalmente attraverso due elementi. Il primo è la nuova facciata, che ampliando gli interni, declina il linguaggio decostruttivista in una superficie che si piega, esfoliandosi, e ridefinendo il fronte urbano del museo. All’interno, invece, la scalinata monumentale in legno genera uno spazio convulso, che si allarga e si comprime, portando il visitatore ad un’esperienza unica attraverso i diversi piani del museo.

Viljo Revell, Toronto city hall, 1961, Toronto Foto Devjohnson da Wikimedia

Viljo Revell, Toronto city hall, 1961, Toronto Foto Toronto Fire Department da Wikimedia

Viljo Revell, Toronto city hall, 1961, Toronto Foto Maksim Sokolov (maxergon.com) da Wikimedia

Frutto di una competizione internazionale tenutasi nel 1958, il progetto del finlandese Revell fu selezionato direttamente da Eero Saarinen. L’architettura, espressione della scuola funzionalista di cui l’architetto fu esponente, vede un complesso di edifici disporsi all’interno di un’ampia piazza minerale. Gli uffici si sviluppano in due corpi verticali, che, come lame, si curvano e abbracciano un volume basso, fulcro del municipio, che ospita la sala consiliare. La piazza, caratterizzata da un’ampia area pavimentata, una piscina e archi in cemento armato, vede poi una passerella posta ad una quota superiore che perimetrare lo spazio pubblico. Questa si connette con gli edifici, mettendo in relazione disegno urbano e architettura.

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Snøhetta, Sheldon & Tracy Levy Student Learning Centre, 2015, Toronto Foto Lorne Bridgman

Ispirandosi alle antiche Agorà e Stoà greche, lo studio norvegese inserisce all’interno del tessuto consolidato di Toronto uno Student Learning Centre. Alto otto piani, il centro ospita gli studenti della Toronto Metropolitan University, offrendo diverse funzioni, dalla biblioteca a spazi raccolti per lo studio individuale. Ciò che colpisce del progetto è però senza dubbio la facciata esterna. Questa vede l’utilizzo del vetro smerigliato stampato digitalmente, il quale collabora al controllo dell’ombreggiamento degli interni. Inoltre, una grande tettoia rivestita in pannelli metallici piegati a mano si estende dall’esterno fino all'atrio, nel quale diventa poi un soffitto lavorato e dal valore scultoreo.

Mathers & Haldenby Architects, Robarts library, 1973, Toronto Foto Dr.K. derivative work: Alabasterstein da Wikimedia

Mathers & Haldenby Architects, Robarts library, 1973, Toronto Foto Joel Friesen da Wikimedia

Mathers & Haldenby Architects, Robarts library, 1973, Toronto Foto Snoyes da Wikimedia

La Robarts Library è un monumento all’architettura brutalista. Quasi a concretizzare una fortezza del sapere, la biblioteca, collegata alla University of Toronto, si presenta come un edificio monumentale. L’utilizzo del cemento prefabbricato organizza una pianta triangolare, collegata alla sezione, di dimensione minore, dei libri rari. Numerosi sono i riferimenti all’architettura di Louis Kahn, come visibile nel trattamento dei soffitti che richiamano la celebre Yale University Art Gallery. In generale, l’architettura della biblioteca diventa quella di una città, dove rampe, scale, e ampi saloni fanno da contrappunto a piccole nicchie e corridoi minori, in cui la sensazione è quella di ritrovarsi all’interno di un castello medievale, trasformato dalla poetica del cemento in un luogo di cultura.

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Daniel Libeskind, Royal Ontario Museum, 2007, Toronto Foto © Alex Fradkin

Il progetto per il Royal Ontario Museum ha visto lo studio Libeskind confrontarsi con il tema dell’estensione museale. Attraverso dei prismi geometrici, l’edificio esistente viene trasformato, e la sua vecchia facciata diventa uno schermo interno che compare e scompare. Le fasce finestrate diventano dei tagli diagonali che rompono la superficie dei volumi e producono ampi spazi luminosi negli interni, che si snodano attraverso ponti, passaggi, piccole anse e grandi lobbies. Il progetto ha così un’importante anima urbana: la sequenza spaziale permette di traguardare interno ed esterno, esistente e nuovo, in una complessa ma continua dialettica che pare mettere sullo stesso piano l’importanza dello spazio architettonico e l’esposizione contenuta.

Kpmb, Canada’s National Ballet School, 2005, Toronto Foto Eduard Hueber

Kpmb, Canada’s National Ballet School, 2005, Toronto Foto Tom Arban Photography

Kpmb, Canada’s National Ballet School, 2005, Toronto Foto Tom Arban Photography

Kpmb Architects è certamente uno degli studi protagonisti della scena contemporanea canadese. Con il loro linguaggio moderno e asciutto, i progettisti utilizzano un linguaggio dove volumi vetrati sono contenuti da lame opache, andando così a costruire gli spazi dell’architettura. Così si può descrivere anche la Canada’s National Ballet School. Qui l’edificio in mattoni preesistente viene isolato dal nuovo intervento, connettendosi nella parte retrostante, mentre i nuovi volumi si aprono come corpi trasparenti. Le sale da ballo si proiettano così sulla scena urbana, facendo dell’architettura un grande schermo.

Fumihiko Maki, Aga khan museum, 2014, Toronto. Foto Canmenwalker da Wikimedia

Costruito a nord di downtown Toronto, il progetto è risolutamente moderno e interpreta la poetica del premio Pritzker Fumihiko Maki, allievo di Kenzo Tange. Il museo è un volume stereometrico, bianco, la cui forma è scavata dalle bucature che sottolineano la monumentalità dell’architettura e la solidità della massa architettonica. Se all’esterno l’architettura pare però impermeabile, le grandi vetrate restituiscono un interno luminoso. A incrementare l’ingresso di luce naturale è anche l’ampia corte interna, i cui vetri richiamano le trame dei disegni tipici della tradizione islamica, così come accade nella pavimentazione esterna.

Charles Correa & Moriyama & Teshima Architects, Ismaili centre, 2014, Toronto. Foto Canmenwalker da Wikimedia

Moriyama & Teshima, riferendosi all’Ismaili centre e all’Aga Khan Museum, hanno commentato: “L'intero sito è un'unione armoniosa del mondo spirituale, artistico e naturale”. Qui, infatti, Correa progetta un volume prismatico in vetro che genera una tensione urbana con l’opera di Maki. Il prisma, che pare una tenda leggera che si adagia sul basamento in pietra, vede quindi una struttura rivestita di pietra calcarea, granito e cemento che dialoga con le finiture dell’Aga Khan. La luce naturale permea lo spazio in una relazione continua tra purezza e candore dell’architettura con la natura circostante. La spiritualità è così tradotta con forme moderne capaci di caricarsi di un alto valore religioso.

Mad Architects, Absolute Towers, 2012, Toronto. Foto Sarbjit Bahga da Wikimedia

Fluide e scultoree, le due Absolute Towers si trovano a Mississauga, agglomerato ad ovest dell’area metropolitana di Toronto. L’attenzione per le forme sinuose che caratterizza la produzione di Mad Architects vede qui il volume di due grattacieli trasformarsi, come se fossero colpiti e trasformati dal vento. Come per molti degli edifici a torre di Toronto, uno degli elementi caratteristici è senza dubbio il camminamento esterno che corre lungo l’intero perimetro. Questo permette all’architettura di arretrare il corpo vetrato, e giocare con le ombre così da aumentare il senso di snellezza dell’architettura, e incrementare quindi il dinamismo dei due corpi.