Nel 1965 un gruppo di studenti della facoltà di architettura – aspiranti artisti, pittori, fotografi e aspiranti registi – fonda a Torino lo Studio65.
In Italia, come nel resto d’Europa, c’è un clima di fervore e di rinnovamento: si va verso una revisione totale della figura dell’architetto, che progressivamente abbandona l’interesse verso gli aspetti funzionali e tecnici della disciplina verso un’esaltazione dei suoi caratteri fantastici e visionari.
Un ruolo centrale, in questo processo, viene giocato dall’influenza dell’arte sull’architettura: il rapporto tra le due discipline conosce una fase di esplorazione decisiva ed eversiva durante il secondo Novecento, che porta a una revisione critica dell’architettura stessa, del suo ruolo, delle sue forme, dei suoi confini, dei suoi contenuti.
Quello che accade nell’arte a partire dagli anni Cinquanta, sullo sfondo della rottura con le avanguardie di inizio secolo, diventa lo spunto per la concezione di una nuova architettura che applica le metodologie artistiche nella pratica architettonica.
Sempre in quegli anni, post-boom economico, nasceva una nuova idea di architettura focalizzata sulla dimensione del piacere, nata proprio dal desiderio di dividere il tempo del lavoro dal tempo libero. All’inizio degli anni Sessanta gli analisti prevedevano che la maggior parte della settimana lavorativa si sarebbe liberata fino al punto di scomparire, lasciando spazio all’otium.
Tale condizione spinge le avanguardie a lavorare sul tema dell’architettura del tempo libero seguendo l’accelerazione sociale. Uno dei progetti più famosi di questo periodo è il Fun Palace, ideato nel 1961 da Cedric Price e dall'impresario teatrale radicale Joan Littlewood.
In questo contesto sociale e culturale si delinea la metodologia sperimentale e di avanguardia di Studio65, che nel 1972 disegna nel territorio piemontese due celebri locali destinati a fare la storia del “dancing” italiano: il Flash Back a Borgo San Mazzo, dentro il complesso polifunzionale La Valle delle Meraviglie, e la discoteca Barbarella a Dubbione di Pinasca.
Come accade per altri celebri gruppi – Archigram in Inghilterra, Superstudio in Italia, per citare due casi esemplari – Studio65 applica le metodologie proprie del mondo dell’arte in campo architettonico, facendo particolare riferimento alla pop art.
Nel progetto di Valle Delle Meraviglie, il committente è un commerciante di piastrelle della provincia di Cuneo, che chiede allo studio di realizzare il suo show-room sulla strada statale che da Cuneo conduce in Francia. L’obbiettivo di progetto viene chiarito da subito: deve essere un edificio capace di attirare l’attenzione dei passanti domenicali e che rimanga impresso per il suo look stile Las Vegas. Lo studio convince il cliente a trasformarlo anche in centro per il divertimento con l’introduzione di una discoteca, così da poter applicare le loro metodologie sperimentali proprio su un’architettura non solo catchy ma anche legata alla dimensione del piacere e del tempo libero.
Nasce così un progetto in cui vengono utilizzati coscientemente una serie di metodi di composizione propri della pop art. La carica attrattiva del suo involucro e delle sue forme ha un carattere ironico e demistificatorio, proprio come la pop art si prende gioco del paesaggio artificiale costruito a macchina dalla civiltà dei consumi. Gli Studio65 progettano un edificio “spregiudicato”, che si fa beffa dei canoni e dei valori dell’architettura: “propone, in una apparente omogeneità formale, elementi profondamente discontinui, tratti da codici fra loro lontani, in scale fra loro disomogenee”.
L’architetto è artista e “giullare dello spirito laico e critico”, che mescola le fredde carte di un passato tradizionalista verso una nuova concezione della pratica architettonica. Il risultato è un edificio manierista, composto da vari volumi, in cui vengono riprese forme iconiche dell’architettura arcaica, come le colonne e la trabeazione di un tempio greco, le piramidi egizie, e fanno un riferimento quasi esplicito all’architettura illuminista di Ledoux e Boullée.
Trasposizione di scala, spaesamento, assemblaggio e montaggio: sono tutti comportamenti propri della pop art. Riferimenti classici ed arcaici vengono tolti dal loro contesto, desacralizzati e trasposti in un ambito commerciale, legato alla società del capitalismo di massa.
Le stesse metodologie vengono applicate nella progettazione del club Barbarella a Dubbione di Pinasca, nella Place Pigalle delle valli prealpine. “Entrate, messieurs et madames, nel baraccone musicatissimo – recita il loro testo-manifesto – a vedere un’autentica flotta siderale, reduce da viaggi millenari, ad ascoltare le melodie d’altri cosmi, d’altri pianeti e sistemi stellari che volano a suon di mazurka, di meteore che ondeggiano con il fox-trot. Potrete sedere sull’astronave regina a guidare il gioco di questo viaggio allucinato, potrete appollaiarvi nel grande stadio della reggia spaziale per applaudire ai certami d’amore […]”.
Così Studio65 descrive, sempre nel 1972, il loro progetto di arredamento di una discoteca nel torinese, in cui il tema principale è l’astronave regina, visitata durante il week-end dai Flash Gordon nostrani. Si accede al locale underground attraverso un tunnel che dall’esterno permette di raggiungere lo spazio ipogeo, uno spazio quadrato, con un anfiteatro. La cabina del disc-jockey e il bar sono due navicelle spaziali; il soffitto è d’oro “finto” e per tavolini vi sono alcuni segmenti di colonna ionica, reperti archeologici di antiche civiltà terrestri.
Immagine di apertura: Manifesto Valle Delle Meraviglie, Studio65, Expo 1974.
Tutte le immagini courtesy Studio65