“Qualcuno deve sempre gettare il panico se si vuole che il senso delle cose sia continuamente rivelato”. È l’ottobre del 1967, il sistema politico e culturale, dell’Italia e del mondo occidentale, si sta fratturando irreparabilmente tra conservazione e contestazione, e persino la contestazione stessa si sta già avviando verso un separarsi inconciliabile tra la militanza etica e l'esplorazione utopica, la provocazione lisergica e pop pronta a dissacrare e destabilizzare per mostrare il senso del presente: è l'onda radicale, quella esplosione nel design e nell'architettura italiana destinata a lasciare segni molto profondi in un tempo molto ridotto. Firenze è uno degli epicentri, giovani gruppi emergono, come Superstudio, UFO, e Archizoom, che Ettore Sottsass presenta e introduce in un contributo al numero 455 di Domus. Ci troviamo con questo contributo anche a ricordare la recente scomparsa di Gilberto Corretti, uno degli Archizoom, ritratto qui da Sottsass assieme al suo gruppo di “bravi ragazzi” venuti a gettare il panico.
Gli Archizoom
Sono molto contento che tocchi a me di fare il discorso per questi Signori Archizoom e per i loro prodotti, dato che i loro prodotti mi sembrano molto efficaci nel gettare il panico tra gli interessati, in questo paese di cose della cultura e delle ideologie, ben organizzate, stratificate, sedimentate e stereotipate.
Qualcuno deve sempre gettare il panico se si vuole che il senso delle cose sia continuamente rivelato, se si vuole che le ore trascorrano in presa diretta con noi stessi o con quello che ci circonda, e anche se si vogliono rompere e rimescolare un po’ gli organismi del potere, quelli che si sistemano pian piano, velenosamente, nei momenti di calma, come il grasso si infiltra in mezzo ai muscoli e intorno al cuore quando uno sta seduto troppo tempo e prende la macchina anche per andare dal tabaccaio, ecc., ecc.
Questa volta il panico lo getteranno gli Archizoom che sono dei bravi ragazzi abbastanza cattivi per non lasciarsi inibire dai vecchi discorsi, dagli affari complicati, dalle sistemazioni, dagli applausi che potrebbero anche accoglierli con facilità: cattivi al punto da cercare altri applausi e altro pubblico e da sopportare le inevitabili risate, le scrollate di spalle, gli occhi perplessi, i “non ci capisco niente” oppure i “sono degli esibizionisti” e questo genere di cose.
Quanto poi alla spiegazione didascalico esoterica delle immagini che andiamo a osservare, non c’è tempo per farla e forse è anche meglio non farla per lasciare che queste immagini scottanti e imbarazzanti continuino a esserlo (scottanti e imbarazzanti) e possano far sentire fino in fondo la carica che è stata loro assegnata. E così adesso vediamo che cosa succede; che è poi la stessa frase che dicevamo dopo aver mangiato un’immensa quantità di cibo fatto di pane, cipolle, aglio, pepe, aceto (e altre cose che non sono riuscito a definire) e preparato dagli Archizoom, i quali insistevano nel dire che era un cibo popolare toscano.
Ettore Sottsass
Qualcuno deve sempre gettare il panico se si vuole che il senso delle cose sia continuamente rivelato [...] e anche se si vogliono rompere e rimescolare un po’ gli organismi del potere
“II problema potrebbe essere quello di sapere se i gelati esistono perché l'uomo nell’universo ne ha bisogno, se esistono perché costano, se esistono perché la crema gelata mantiene la forma. Ma forse il problema è un altro: avere una strada molto molto calda e una gelateria molto molto fresca... E allora si mette sopra la coppa la panna, il biscotto, lo spicchio di ananas, la ciliegia, la cannuccia, il cucchiaino, la bandiera e la coca-cola su tutto, in modo che uno si serva del gelato in una maniera tale che quando se ne va rimane servito.
Per noi il problema è invece quello di imbandirgli un gelato che gli faccia passare la voglia di mangiarne per tutta la vita. Oppure un gelato che una volta comprato diventi una cosa più grande di lui e lo umilii. Oppure che diventi una fetta del mondo che lo circonda e lo spaventi... Insomma un gelato senza alternative: o lo mangi te o ti mangia lui. O meglio: comincia a mangiarti appena l'hai finito.
E allora pensiamo: bombemela, caramelle velenose, bugie quotidiane, false informazioni, insomma coperte, letti o cavalli di Troia che messi in casa distruggano tutto quel che c’è. Vogliamo introdurvi tutto ciò che rimane fuor dall'uscio: la banalità costruita, la volgarità intenzionale, arredi urbani, cani mordaci. Al progresso scientifico, frutto dell'intelligenza che spiega tutto e dell'eleganza che salva tutto (disinnescando le micce ed apparecchiando sorridente il futuro). Preferiamo un cartaceo orizzonte radioso solcato dall'arcobaleno. Come i finti pacifisti ci togliamo la sera barbe e baffi meditando il tradimento più violento. Vorremmo anche dire: non siamo dove ci cercano, non fidatevi troppo di come vi salutiamo. E poi c’è in giro questo profumo di rose morte che non ci piace troppo...”.
Archizoom