Quando si chiude la prima puntata di The Bad Guy, la serie italiana tra crimine, grottesco e paradossale di Prime Video, è chiaro che non siamo nel nostro mondo, non siamo cioè nella nostra realtà ma in una solo di poco tangente a questa. La storia è quella di un giudice combattivo che contrasta la mafia senza quartiere e che ad un certo punto, dopo il fallimento nella cattura di un importante boss, viene incastrato. Qualcuno ha messo in casa sua prove della sua collusione con il crimine. I tribunali lo condannano. Viene arrestato. L’evento è così traumatico che per avere la sua vendetta diventerà esattamente quello che sostiene di non essere: un criminale colluso con la mafia.
Che questa storia sia ambientata in un presente alternativo in cui tutto ciò che temiamo può accadere tranquillamente non viene mai detto, ma è evidente da due dettagli, uno filmico e uno architettonico. Quello filmico è la leggera fumettosa espressività di tutto: troppo caratterizzati i personaggi, troppo esagerate le decisioni, troppo radicali le conseguenze per essere tutto realistico. Quello architettonico invece si presenta non a caso nella prima puntata, quando viene imbastito il tono della serie. È il luogo in cui avviene l’incidente che libera il protagonista detenuto ingiustamente e in transito su un mezzo delle forze dell’ordine: il ponte sullo stretto di Messina.
Si tratta dell’opera architettonica immaginaria più nota e simbolica d’Italia, un ponte la cui costruzione viene promessa da decenni e mai realizzata, possibile solo in computer grafica. Collegherebbe l’isola della Sicilia al resto del paese ed è al centro di continui dibattiti, considerato da alcuni uno strumento cruciale per l’avanzamento economico siciliano, e da altri un regalo alla mafia e ai suoi commerci. Prospettato come impossibile da alcuni e invece solo difficile da costruire per altri, è stato promesso dalla politica fin dal dopoguerra per ottenere voti e mandare messaggi all’elettorato riguardo le proprie posizioni (è considerato universalmente una proposta di destra).
Quando compare in The Bad Guy è l’equivalente di El Dorado o Atlantide, una struttura di cui si è solo raccontato e immaginato, magnificente nella sua grandezza e stupefacente per il solo fatto di esistere, reale solo in una serie, teatro di un incidente che libera il protagonista e gli consente di fuggire ma, ironicamente, ribadisce una delle teorie più note, cioè che il ponte non si possa fare evitando la collusione della mafia e quindi la corruzione e una costruzione difettosa. L’incidente infatti è un improvviso crollo della struttura. E prontamente in Italia la politica, quella vera, ha sentito l’esigenza di condannare la serie, per come “rappresenta stereotipi negativi riguardo il sud Italia”. La mitologia folkloristica nazionale non si tocca senza subirne le conseguenze.
Che The Bad Guy faccia un uso intelligente delle strutture architettoniche di fantasia è poi chiaro anche nelle puntate successive con il quartier generale di un braccio della malavita è situato in un parco acquatico di prossima apertura. Al contrario del ponte non si tratta di architettura immaginaria e distopica ma di un monumento scenografico alle infiltrazioni mafiose, un’impresa come ne possono esistere al Nord (non a caso le scene sono state girate in un vero parco del nord Italia) ma chiaramente in mano al crimine, da loro posseduto tanto da farne una specie di villa inaccessibile, tra pupazzetti, cartelli colorati, scivoli e vasche paludose poco manutenute.
L’idea è tutta nel design infatti. Non è il parco della mafia né il tipico parco trascurato di chi non ha grandi obiettivi commerciali ma anzi uno con un design estremamente elaborato e coerente, con i font tutti uguali, gli animali mascotte, le musiche diffuse che hanno tutte le stesse armonie. C’è una brand identity molto precisa in quel parco acquatico che forse non aprirà mai, ed è dall’altra parte dello spettro di significato rispetto a ciò che avviene lì dentro. Non sono le scenografie di Ken Adams per la Spectre dei film di 007, fatte su misura per raccontare quell’associazione criminale, ma il loro opposto logico, la completa risemantizzazione dell’universo simbolico mafioso che superficialmente la ridicolizza ma in realtà ne esalta la violenza.
Questo dettaglio scenografico è il simbolo perfetto dell’obiettivo di The Bad Guy: il contrasto come mezzo per raccontare qualcosa. È il contrasto tra un uomo che era retto e ha combattuto il crimine tutta la vita che gli eventi portano ad abbracciare i mafiosi e diventare uno di loro per vendicarsi; è il contrasto tra piani e affari di uomini spietati che sono incredibilmente ridicoli e grotteschi; è il contrasto tra un paese (e un mondo) che in questa serie è terribile ed esilarante al tempo stesso.