Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1068, maggio 2022.
Prima del 2021, quando è stato introdotto un tetto massimo di 140 milioni di dollari al budget annuale, la Ferrari era solita giustificare l’enorme investimento legato alla produzione dei componenti necessari ad assemblare due macchine per ogni gara del campionato di Formula Uno – fino a 400 milioni di dollari – citando i benefici che ne derivavano per tutti gli automobilisti. Le sue macchine, che sono in grado di sostenere velocità di 400 km/h per un massimo di 80 minuti, ma altrimenti del tutto inutili per qualsiasi scopo pratico, dipendano da materiali esotici, carburanti ad alte prestazioni, tecniche di progettazione aerodinamica digitale e nuovi sistemi di sospensione che, presumibilmente, potrebbero passare dalle competizioni alla produzione di serie.
Amedeo Visconti, responsabile del trasferimento tecnologico della Ferrari, ha suggerito che questo è lo scopo primario della produzione dell’azienda: “La Formula Uno serve come laboratorio di ricerca per sviluppare nuove soluzioni e mostrare al mondo ciò che è possibile”. Se Visconti avesse ragione, Olivetti e Polaroid, con analoghe strategie di investimento, dovrebbero ancora essere le aziende enormemente rispettate di un tempo.
In un’annata positiva, Fiat Chrysler costruisce quattro milioni di auto e ha una capitalizzazione di mercato di 30 miliardi di dollari. La Ferrari costruisce solo 8.500 automobili all’anno, più quei due bolidi di Formula Uno che, per dirla schietta, costavano all’azienda fino a 200 milioni di dollari l’uno. Tuttavia, è valutata 39,8 miliardi di dollari, il 25 per cento in più della ben più grande casa madre, e questo suggerisce che i laboratori di ricerca siano davvero preziosi. La possibilità di attirare un simile livello d’investimenti nella ricerca di design ha sempre affascinato il mondo dell’architettura.
Già nel 1923, in Verso una Architettura, Le Corbusier sosteneva che “se le case fossero costruite industrialmente in serie, come i telai delle automobili, si vedrebbero sorgere forme inattese, ma sane e difendibili, e una nuova estetica sarebbe formulata con sorprendente precisione”. Nonostante i migliori sforzi di Jean Prouvé con la Maison Tropicale, il sogno di usare le tecniche di una linea di produzione automobilistica per costruire case in modo rapido ed economico si è però dimostrato elusivo. L’idea di progettare una casa come se fosse un’automobile fa affidamento su un’analogia visiva piuttosto che su una vera innovazione tecnica. Notoriamente, l’edificio del Bauhaus sembrava il prodotto dell’era delle macchine, ma in realtà dipendeva da un laborioso lavoro artigianale.
Buckminster Fuller aveva deriso i modernisti del Bauhaus perché si preoccupavano solo dell’aspetto dei rubinetti, ma non affrontavano le problematiche tecniche relative ai tubi che li servivano. Quando Fuller brevettò il bagno Dymaxion, nel 1938, cercò di superare tale contraddizione: ideò una doccia che richiedeva solo una tazza d’acqua usando quella che lui chiamava la tecnica della “pistola a nebbia”, che consisteva nel mescolare un filo d’acqua con un getto d’aria compressa per facilitare la pulizia. Nonostante tutta l’energia di Fuller, l’idea non andò più in là del museo che Henry Ford fondò fuori Detroit.
Forse un’analogia più stretta con i livelli di spesa della Formula Uno è rappresentata dall’ondata dei cosiddetti condomini super alti, inaugurata a Manhattan da Rafael Viñoly con la sua torre di 425,5 m al 432 di Park Avenue. Se la Formula Uno è trainata dalla velocità, l’architettura super alta è trainata dalla spettacolarizzazione. Essere il grattacielo più alto e offrire la vista più spettacolare è un imperativo finanziario: i primi 60 m della torre di Park Avenue non hanno vista, e quindi sono finanziariamente inutili. Sono spazi destinati a ciò che gli agenti immobiliari chiamano “alloggi per il personale, cantine e una piscina”. Per dare a 106 appartamenti su 54 piani una vista panoramica con un nucleo di minimo ingombro e un soffitto alto 3,8 m, la torre di Viñoly aveva bisogno di un rapporto di snellezza di 1:15. Non c’è dubbio che la società d’ingegneria strutturale, la WSP, abbia raggiunto una soluzione straordinariamente elegante per un problema complesso e impegnativo.
L’edificio ha una pianta perfettamente quadrata, formata da due ‘tubi’ strutturali di cemento anch’essi perfettamente quadrati. Il tubo interno, che forma il nucleo dell’edificio, misura 9 x 9 m. Il tubo esterno è il telaio perimetrale di travi e colonne della torre che, anche con le finestre quadrate a tutt’altezza, è estremamente rigido. Ogni 12 piani c’è un vuoto a doppia altezza sul quale i tubi di cemento interni ed esterni sono collegati da travi d’irrigidimento. Quando gli ingegneri hanno testato questa struttura in una galleria del vento virtuale, si sono resi conto che anche con venti relativamente leggeri, la torre avrebbe rapidamente iniziato a vibrare. Piuttosto che rendere la struttura di calcestruzzo ancora più spessa di quanto già non fosse, Silvian Marcus, l’ingegnere responsabile di WSP, ha deciso di non rivestire in vetro i piani “di rinforzo”, ma di permettere al vento di penetrare nella torre, così come, nelle sue parole, “si praticano dei fori nella vela di una barca”.
La Central Park Tower di Adrian Smith e Gordon Gill, completata l’anno scorso, è strutturalmente altrettanto estrema. È meno elegante, ma con i suoi 472 m e 179 appartamenti è sostanzialmente più alta, anche se ha ancora più spazi morti. I piani residenziali iniziano a 92 m dal livello del suolo. Un appartamento di cinque camere da letto e cinque bagni può richiedere un esborso di 65 milioni di dollari, con altri 30.000 dollari al mese di tasse e spese di servizio, o ancora di più per l’attico che occupa gli ultimi tre piani. Questi sono prezzi che permettono ai progettisti di perfezionare l’arte di dare a clienti estremamente esigenti interni che si elevano al di sopra della natura noiosa della maggior parte dei grattacieli – i grandi salotti e le gallerie per ricevimenti sono molto popolari.
Costruire tali torri è senza dubbio una realizzazione tecnica seria, basata su una vera ricerca e innovazione. Il dubbio è se si tratti di una ricerca che mira a rispondere a domande applicabili anche fuori dal marketing di appartamenti da 65 milioni di dollari. Smith e Gill hanno certamente imparato dalla Ferrari. Chiamano la loro filosofia architettonica “contestualismo ambientale globale” e, senza la minima traccia di cinismo, hanno dichiarato a un giornalista di concentrarsi “sul design di progetti che creano nuovi modelli di sviluppo sostenibile”.
Forse la cosa più vicina a questo tipo di trasferimento di tecnologia verso un’applicazione più ampia che gli architetti abbiano realizzato è il pensiero dedicato all’esplorazione delle possibilità di vita su Marte. È ciò che ha portato sia Norman Foster sia Hassell a progettare modi autonomi di vivere, usando la costruzione di robot e componenti stampati per dimostrare come il pianeta potrebbe diventare abitabile per gli esseri umani nonostante un’atmosfera che non solo è priva di ossigeno, ma è soggetta a livelli tossici di radiazioni. Oltre agli habitat individuali, Bjarke Ingels ed Elon Musk hanno esplorato modi in cui insediamenti su larga scala sul pianeta potrebbero diventare realtà. In questo, stanno seguendo un percorso che Jan Kaplický e David Nixon avevano intrapreso negli anni Settanta, ispirandosi prima di tutto alle tecnologie degli aerei e delle automobili, come l’involucro monoscocca.
Forse sono stati più produttivi sin da subito i tentativi degli anni passati di usare eventi speciali come catalizzatori di nuovi modi di pensare, come i 17 architetti selezionati da Mies van der Rohe per progettare le case del complesso Weissenhof nel 1927. L’intenzione di Mies era mostrare l’architettura contemporanea e renderla popolare presso un pubblico più ampio. La casa unifamiliare è sempre stata un modo per distillare nuove idee architettoniche e un banco di prova per nuove riflessioni su modi di vivere, mezzi di produzione e spazio.
È ciò che ha portato alle Case Study Houses della California negli anni Quaranta. A differenza della Formula Uno o delle torri super alte, questi erano progetti basati su budget che, pur non rientrando esattamente nei limiti dell’edilizia sociale, non erano certo stellari. Il progetto Living Architecture del filosofo Alain de Botton in Gran Bretagna ha portato alla realizzazione di una serie di residenze progettate da architetti internazionali, che vanno da Peter Zumthor a John Pawson, affittate come case di vacanza per dare al pubblico un assaggio di ciò che tale architettura ha da offrire.
Il progetto Commune by the Great Wall di SOHO China ha segnato l’inizio della fascinazione della Cina contemporanea per il nuovo pensiero architettonico. Programmi più ambiziosi, come i tentativi di Foster + Partners di realizzare un insediamento a zero emissioni di carbonio a Masdar negli Emirati Arabi Uniti o il master plan di Leon Krier per Seaside in Florida, hanno obiettivi ideologici. Drop City in Colorado e il Burning Man hanno offerto un approccio controculturale a questo criterio. Il progetto Borneo–Sporenburg di West 8 ad Amsterdam ha unito le due cose, permettendo un’architettura laissez-faire nel contesto di una matrice di sviluppo strettamente controllata. Sono questi progetti, dove la ricerca viene applicata direttamente, a essere forse i più efficaci.
Per quanto ingegnose siano le torri super alte, di recente i residenti si sono lamentati del rumore causato dal vento che fischia attraverso i vuoti della struttura. Qualcosa che, per gli appassionati della Ferrari, generalmente non è un problema.
Immagine in apertura: Foster + Partners, Mars Habitat, 2015, ingresso, discesa e atterraggio. La preparazione del sito e i lavori di scavo iniziano dopo l’ingresso con il paracadute, l’atterraggio morbido e lo spiegamento del modulo di ingresso. Courtesy © Foster + Partners