Sette giorni fa abbiamo pubblicato l’installazione temporanea di Anna e di Eugeni Bach Mies Missing materiality, in cui le superfici di travertino, marmo di Tino, marmo antico di Vert e onice dorato sono state coperte da pannelli di vinile bianco. Abbiamo riportato sui nostri social media l’articolo che ha provocato diverse reazioni: qualcuna aperta ed entusiastica, qualche altra conservatrice e critica. Ancora, qualcuna superficiale e stupida, come solo gli hater sanno fare. Qui a domusweb, in redazione, abbiamo discusso a lungo se fosse meglio titolare l’articolo “Il Padiglione di Mies è stato coperto di bianco”, oppure “Al padiglione di Mies è stata tolta la materialità”. Abbiamo chiesto ai due architetti di spiegare l’installazione con tre semplici domande che rispondo anche ai vostri commenti.
Eugeni Bach: il bianco uniforma e libera le qualità dello spazio
“Interessante” e “disturbante” è l’installazione “Mies missing materiality”. Anna ed Eugeni Bach spiegano perché hanno coperto di bianco il Padiglione di Mies van der Rohe.
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- Olga Mascolo
- 22 novembre 2017
- Barcellona
Perché avete coperto tutto di bianco?
Il bianco ha un effetto uniformante sulle diverse superfici del Padiglione di Barcellona, quindi le parti diverse (muri, soffitti, pavimenti, pilastri) perdono la loro gerarchia. Il ruolo del bianco non è solo quello di rappresentare la perdita della materialità, ma è anche emblema della prima parte del Movimento Moderno. L’installazione vuole sottolineare la contraddizione/paradosso che si genera tra il bianco come emblema di quel Movimento e il padiglione di Mies come una delle icone di questo stesso movimento.
C’è qualche ragione politica dietro questa scelta? (il Padiglione è stato creato per ospitare la monarchia Spagnola).
No, non era questa l’intenzione. L’installazione lavora su temi come architettura, spazio, percezione e ruolo nella storia dell’architettura. In questo caso il suo fine non è sottolineare una critica netta o di imporre un’opinione, ma di richiamare pensieri, significati, relazioni e nuove osservazioni.
Qualcuno direbbe “More is less”: tecnicamente non avete eliminato materiale, ma l’avete aggiunto.
Ci siamo chiesti se l’operazione fosse di vestire o svestire il Padiglione. Ci siamo risposti: nessuna delle due. La materialità è come se prevaricasse sul resto. Così facendo, abbiamo liberato lo spazio e altri aspetti. Questo è interessante, ma anche disturbante per qualche verso. Questo è un capolavoro dell’architettura molto basato sui materiali e la loro gerarchia, ma pieno di altre qualità e punti di osservazione che noi abbiamo liberato.