Da qualche anno è il più grande cantiere di Parigi. Il contesto è quello della trasformazione dello scalo ferroviario di Batignolles, costruito nel settore nord ovest della città sulla prima linea ferroviaria francese, e progressivamente caduto in disuso a partire dagli anni settanta. Nel 2003 il concorso bandito dal Comune per riconfigurare gli oltre 50 ettari di suolo pubblico viene vinto dal gruppo composto dall’urbanista François Grether, dalla paesaggista Jacqueline Osty e dalla società d’ingegneria OGI. Lavorando alla definizione del progetto, emerge la proposta del sito come sede del villaggio per gli atleti per la candidatura di Parigi alle Olimpiadi del 2012. Il dossier non convince il comitato olimpico, ma Parigi va avanti con il suo programma per la trasformazione di Clichy Batignolles da polo logistico in un’area di sperimentazione di nuova qualità urbana. L’eccellenza ambientale immaginata per la candidatura olimpica, un quartiere a emissioni zero, diventa il driver per la realizzazione di una ZAC (le Zone d’Aménagement Concerté) di nuova generazione: un quartiere dove gli obiettivi di riequilibrio climatico incontrino quelli di redistribuzione sociale.
Clichy-Batignolles: abitare a energia positiva
Un grande parco, servizi urbani d’eccezione, diversità edilizia e scelte energetiche lungimiranti: il quartiere parigino di Clichy-Batignolles è un modello per la lotta al cambiamento climatico (e non solo).
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- Marialuisa Palumbo
- 10 novembre 2017
A partire dunque dalle due caratteristiche principali della zona, la disconnessione tra le aree separate dai binari dell’ex scalo ferroviario e una delle densità più alte di Parigi (287 abitanti per ettaro contro una media di 210) accompagnata dalla minor disponibilità di aree verdi (1 mq per abitante contro una media di 2,3), il progetto di Grether, Osty e OGI propone un grande parco come elemento di ricucitura tra i vari quartieri. Intorno al parco, accessibile da 14 ingressi e attraversato da tracciati che estendono le strade esistenti, 27 lotti disegnano un bordo edificato permeabile al verde ma denso, alto e vario, caratterizzato da almeno tre scelte strategiche.
La prima riguarda la varietà delle funzioni: non solo abitazioni, uffici, negozi, strutture amministrative e ricreative, scuole e centri medici, ma anche un servizio urbano d’eccezione, come il nuovo palazzo di giustizia; servizi, come un centro innovativo di gestione dei rifiuti; e attività industriali, come la produzione del cemento. La seconda scelta strategica riguarda la varietà formale. Per sostenere la diversità, il master plan prevede una notevole varietà di tipi edilizi. Inoltre, la Paris Batignolles Aménagement, la società pubblica responsabile del processo di pianificazione, mette in campo una procedura concorsuale complessa attraverso cui individua 20 diversi promotori immobiliari (cui vendere i terreni, mantenendo però la regia) e un grande numero di architetti. Lavorano così al cantiere architetti francesi e studi internazionali: Avenier Cornejo e Gausa+Raveau, Lan Architects, Périphérique, Francis Soler e le coppie Aires Mateus/AAVP, Christian Biecher/Mad, TVK/Tolila + Gilliland, Baumschlager Eberle/Scape, per citarne alcuni.
Per massimizzare l’uso del suolo, si decide di collocare le funzioni pubbliche alla base di alcuni edifici e d’innalzare il limite di altezza del residenziale dai 37 m regolamentari per Parigi a 50, così da dare un nuovo rilievo visivo al quartiere, sulla città e verso la città. Ma le scelte innovative sono talmente tante che è davvero difficile raccontare la trasformazione di quest’area senza ridurla a un elenco di nomi, numeri e parole chiave. Camminando dentro lo straordinario parco Martin Luther King è impossibile non rimanere colpiti dal suo aspetto insieme curato e selvaggio, dove la natura è volutamente richiamata al suo ruolo di regolatore ambientale. I 10 ettari di parco (insieme ai 6.500 mq di verde privato e ai16.000 mq di tetti verdi) sono stati pensati come parte di un’infrastruttura naturale; una rete a sostegno della biodiversità e della resilienza della città, di contrasto al fenomeno dell’isola di calore.
Il parco contiene infatti oltre a un’ampia zona di gioco con getti d’acqua, quattro grandi stagni o biotopi e un sistema di zone umide in cui l’acqua di pioggia viene raccolta e depurata, per poi essere immagazzinata in un serbatoio sotterraneo ed essere riutilizzata (attraverso una pompa alimentata da energia eolica) per l’irrigazione e per alimentare le stesse zone umide nei periodi secchi. In questo modo, la quantità d’acqua di pioggia sulle superfici pubbliche che finisce in fogna è dimezzata, mentre quasi la metà dell’irrigazione del parco è realizzata con acqua piovana. Dal punto di vista energetico, le scelte sono altrettanto lungimiranti. La città ha deciso di anticipare qui quelli che diventeranno standard nazionali nel 2020: emissioni zero (in fase d’esercizio).
Ancora, mentre il parcheggio di auto private è ridotto al minimo, il Comune ha progettato l’estensione di una linea tranviaria e sta contribuendo a finanziare quella della linea 14 della metropolitana. È evidente, come l’impronta di carbonio sia qui uno strumento attivo di progettazione di un nuovo pezzo di città. Passeggiando tra i viali del parco e i suoi numerosi playground e guardando le pelli attraenti degli edifici che gli stanno intorno, viene da immaginare il quartiere come un pezzo di città per le tasche di pochi. Invece, la diversità sociale e la capacità d’inclusione sono state al centro del progetto: il 50% dei 3.400 appartamenti è dedicato al social housing, il 20% ha un prezzo controllato e il 30% è a prezzi di mercato. Non a caso, ciò che racconta meglio l’eccezionalità di questo cantiere è il fatto che la prima parte a essere consegnata alla città sia stata proprio il parco.