Un insieme eccezionale non solo per dimensioni ma perché ogni suo elemento sembra pensato per primeggiare sui vincoli della natura e della tecnica, ridisegnando il paesaggio piatto e desertico e la costa, un tempo lineare, attraverso architetture e scene urbane frastagliate, capaci di disegnare nuove geografie, di moltiplicare la diversità e le superfici esposte al sole e al mare.
In questo contesto, che ha portato scintillanti torri di vetro e acciaio a spiccare come guglie di montagne sotto al sole tropicale, a rinegoziare più volte il confine tra la terra e il mare (West Bay come The Pearl e l’ancora in cantiere Lusail sono tutti quartieri costruiti su terreni artificiali), a far fiorire giardini e prati all’inglese in un paese dove l’acqua dolce si ottiene soltanto desalinizzando l’acqua del mare, il progetto di Arup Landscape non poteva che rilanciare.
Il parco è un trionfo di giochi d’acqua, fontane sonore, cascate, persino un grande specchio d’acqua bassa, attraversato da invitanti pedane, che sembra fatto apposta per trasformarsi in una vasca per giocare.
Una maglia di losanghe irregolari, disegna sugli oltre sette ettari di suolo, un sistema di percorsi che delimitano aree dalle caratteristiche diverse, destinate a ospitare i picnic e i momenti di relax del weekend al riparo, rispetto alla strada, di due grandi colline di prato (che riprendono il disegno delle già familiari colline del parco del MIA, dall'altra parte della baia). Al di là delle colline, perfette per fare un po' di movimento, per giocare a rotolare e per godere del paesaggio insolito dei grattacieli che vi svettano sopra come affiorassero da prati di montagna, l’immancabile zona giochi e sabbia, i pergolati fioriti e poi ancora i percorsi tra il sistema di aiuole a gradoni, vasche e cascate d’acqua che giocano con lo sbalzo di quota legato alla presenza di un grande parcheggio (a servizio del nuovo centro congressi) sottostante l’intera area del parco.
Per West Bay, che oltre a banche, uffici e ministeri ospita una certa densità abitativa, e in generale per questa città che ha nei parchi uno dei pochi punti di incontro tra una popolazione generalmente molto segregata (cioè divisa tra permessi di residenza con livelli di libertà e standard di vita profondamente differenti), questo parco rappresenta senza dubbio un nuovo elemento positivo, un nuovo grande playground all’aperto e senza recinti, capace di far felici adulti e bambini, liberi di scorrazzare e giocare con l’acqua in tanti modi diversi.
Dal punto di vista del metabolismo complessivo della città, ovvero di quel sistema di flussi di materia ed energia costantemente in entrata e uscita da ogni città, questi prati andranno ad aumentare il consumo idrico di una regione che ha già il triste primato di quasi 600 litri a persona al giorno. Ma anche da questo punto di vista Doha sembra in movimento e molte novità sono in cantiere.
Oltre ad avere avviato un’importante campagna di comunicazione per alzare il livello di consapevolezza sull’importanza del risparmio idrico, le autorità locali stanno infatti investendo 4,5 miliardi di dollari sulla sperimentazione e la realizzazione di nuovi impianti di desalinizzazione, di stoccaggio dell’acqua dolce e di trattamento delle acque reflue: un investimento che equivale a oltre quattro volte quanto dedicato alla costruzione dei nuovi stadi per i mondiali di calcio del 2022.
L’acqua, anche per il Qatar, è già l’oro blu del presente.
Con risorse di superficie ormai scomparse (l’insediamento originario di Doha era sorto intorno a un torrente, ancora visibile nelle foto dei primi anni ‘50 ma ormai completamente prosciugato, e destino analogo hanno vissuto gli altri wadi della regione) e risorse di profondità inutilizzabili per l’alto contenuto di minerali, il Qatar può oggi contare soltanto sulla desalinizzazione dell’acqua del mare: un processo altamente energivoro ed ecologicamente problematico. Se infatti avviene fondamentalmente riciclando il calore prodotto dalle centrali elettriche per riscaldare l’acqua sino a farla evaporare (e poi ricondensare in forma d’acqua dolce), il sale residuo viene rigettato in mare, con una conseguente alterazione dell’ecosistema del golfo.
Ma riorganizzare gli impianti e le reti di quello che in ogni città del mondo rappresenta il maggior flusso di materia dell’ecosistema urbano, è una sfida tecnicamente e culturalmente complessa. Il Qatar sta oggi lavorando alla definizione di un nuovo masterplan integrato per la gestione dell’intero ciclo delle acque e ha appena inaugurato il primo impianto di trattamento delle acque basato sulla tecnologia a radiazione ultravioletta piuttosto che sul tradizionale (e inquinante) trattamento al cloro, il primo a produrre acque trattate di elevata qualità, finalizzate all’irrigazione. La strada da compiere per abbassare l’impronta idrica e complessivamente l’impronta ecologica della regione è sicuramente ancora lunga, ma il livello di investimento dedicato a questa risorsa dimostra ancora una volta la capacità di visione di questo piccolo paese circondato dal mare.
Mentre i giochi d’acqua e la grande piazza-piscina dello Sheraton Park, con il loro carattere ludico e monumentale, aggiungono un altro piccolo gioiello al paesaggio artificiale e allo spazio pubblico di questa città, non ci resta che sperare che anche il nuovo piano di efficienza idrica si traduca presto in realtà.