Il primo e unico caso in cui il premio d’architettura Pritzker venne assegnato a due singoli studi si verificò nel 1988. Insieme con l’architetto americano Gordon Bunshaft, Oscar Niemeyer fu il secondo a essere premiato in America Latina, dopo l’architetto messicano Luis Barragán nel 1980.
L’uomo che costruì Brasilia
Curata da Yuko Hasegawa con Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa al MOT, “Oscar Niemeyer: The Man Who Built Brasilia” è la prima importante retrospettiva di Niemeyer in Giappone.
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- Rafael A. Balboa,Ilze Paklone
- 07 ottobre 2015
- Tokyo
Aveva già 81 anni e fu, all’epoca, l’architetto più anziano a ricevere quel riconoscimento. Solo il novantenne architetto tedesco Frei Otto, premiato del 2015, lo supererà per età. Nonostante il tardivo riconoscimento del Pritzker, il lavoro di Niemeyer a Brasilia, di parecchio anteriore, costituì un punto di riferimento che, sul finire degli anni Cinquanta, indusse altri architetti della scena internazionale a rivolgere la loro attenzione all’architettura latinoamericana.
A tre anni dalla scomparsa si inizia a recensire retrospettivamente l’eredità di Niemeyer: una vita a dir poco lunga, feconda, impegnata socialmente e profondamente appassionata. La lunghezza del percorso di vita obbliga a leggere la sua opera nello stesso quadro storico di figure come Le Corbusier e Mies, ma contemporaneamente in parallelo con l’attività di architetti contemporanei. Molto si è detto della sua opera dal primo punto di vista, tanto per citare la lettura del Modernismo brasiliano di Reyner Banham come “il primo tentativo di derivare dallo stile moderno uno stile nazionale”. Dalla seconda prospettiva, più contemporanea, c’è ancora molto da dire.
“Oscar Niemeyer: The Man Who Built Brasilia” (“L’uomo che costruì Brasilia”), inaugurata al MOT (Museum of Contemporary Art Tokyo) è la prima importante retrospettiva di Niemeyer in Giappone, con lo scopo di offrire un panorama esaustivo degli edifici e delle idee dell’architetto al pubblico giapponese. Yuko Hasegawa, curatrice del museo, ha avuto l’intelligenza di coinvolgere nel progetto curatoriale gli architetti giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa dello studio SANAA, le cui curve organiche e il cui dinamismo spaziale hanno avvertito l’influsso dell’architetto brasiliano.
Limitata ma essenziale, la mostra presenta il multiforme talento di Niemeyer attraverso una serie di modelli, fotografie, disegni, pezzi d’arredamento e filmati. Per seguire consequenzialmente lo sviluppo della carriera dell’architetto i materiali sono esposti in sette sale secondo un ordinamento cronologico. Nishizawa riconosce che ordinare così il corpus di Niemeyer offriva la possibilità di mettere in risalto le potenti affermazioni architettoniche intrinseche in ogni progetto fin dall’alba della carriera del maestro. Invece di presentare esclusivamente le realizzazioni dei progetti i curatori hanno cercato di rappresentare concettualmente le idee di Niemeyer con modelli in scala. Dato che molti disegni tecnici non erano disponibili, per creare i modelli ci si è principalmente serviti di fotografie, di visite in loco e di qualche disegno.
La mostra si apre con una sala introduttiva dove una serie di fotografie del giovane Niemeyer e di brevi filmati ne presenta le concezioni fondamentali in fatto d’architettura: una scelta apparentemente semplice e in realtà forte e complessa, talvolta perfino contraddittoria. Sulla parete un’iscrizione riprende la celebre dichiarazione: “L’angolo retto, oppure la linea retta, dura, inflessibile inventata dall’uomo, non mi attraggono. Mi attrae la curva libera, sensuale. La curva che vedo nei monti del mio paese, nei meandri dei fiumi, nelle onde del mare, nel corpo femminile che amo. Sono le curve a fare l’universo, l’universo curvo di Einstein”. Esposta lì accanto la sedia a dondolo Rio in legno scuro laccato e cuoio, del 1974, è un impeccabile esempio delle possenti sinuose forme libere che si osservano nell’architettura moderna di Niemeyer.
Avere in squadra due dei più giovani premi Pritzker come Nishizawa e Sejima, in qualità di curatori dell’opera di uno dei più anziani insigniti dello stesso premio, diventa un’occasione unica di sperimentarne le vibranti risonanze, soprattutto tramite la costruzione dei modelli in scala – attività di ricerca spaziale comune nel lavoro di SANAA. Perciò la mostra presenta dieci modelli tra cui i fondamentali primi progetti che ne lanciarono la carriera: la sede delle Nazioni Unite di New York (1948-1952), la Casa das Canoas (residenza dell’architetto) di Rio de Janeiro (1952) e gli edifici del complesso di Pampulha commissionati nel 1941 dal futuro presidente del Brasile Juscelino Kubitschek, tutti progetti destinati a rappresentare il primissimi esempi di un genuino Modernismo brasiliano. Sono in mostra anche modelli a scala minore dell’università di Costantina in Algeria e del Museu de Arte Contemporânea di Niterói, costruiti con materiali semplici con lo scopo di mettere in risalto il sito più che l’edificio in sé.
Niemeyer credeva nell’importanza dell’arte per l’architettura. A Brasilia progettò la replica di elementi scultorei allo scopo di creare ordinamenti spaziali dinamici. Esempi analoghi si possono vedere nella cattedrale di Brasilia (1958, terminata nel 1970) e nei colonnati del Palácio da Alvorada, presentati in questa mostra in legno e in scala rispettivamente 1:10 e 1:2,67.
Anche le foto esposte costituiscono un materiale importante a sostegno della mostra, con immagini di celebri fotografi brasiliani e internazionali come il Leonardo Finotti (brasiliano), i cui lavori sono stati tra l’altro recentemente esposti al MoMA nella recentissima mostra sull’architettura latinoamericana (“Latin America in Construction. Architecture 1955-1980”). La mostra comprende anche foto del franco-brasiliano Marcel Gautherot – provenienti dalla collezione dell’Instituto Moreira Salles – del giapponese Takashi Homma e dell’olandese Iwan Baan. Una serie di documentari video tra cui Oscar Niemeyer: un architecte engagé dans le siècle (“Oscar Niemeyer, un architetto impegnato nel mondo”, 2001) di Marc-Henri Wajnberg, contribuisce a trasmettere il senso vivo delle idee e degli ideali del maestro.
Il culmine della mostra è nell’atrio del museo: uno spettacolare spazio di circa 500 metri quadrati, a tripla altezza, che il pubblico può osservare anche dall’alto. Questa situazione ha suggerito ai curatori di concepire un modello di grande scala (1:30) del parco di Ibirapuera di San Paolo del Brasile. Non troppo grande da non poterne cogliere i particolari né troppo piccolo da cancellarli, il modello può essere attraversato dai visitatori per vivere la scala mediana del progetto, rappresentata da un’immagine di Google Earth stampata su un ampio tappeto. Il gesto fa pensare a un grande pezzo musicale eseguito da un altro grande compositore, con l’interpretazione di SANAA che prende magistralmente a prestito le curve di Niemeyer e le trasforma nel proprio specifico linguaggio.
C’è in generale il senso che le buone idee, per maturare, richiedono tempo. E tuttavia, come sottolinea Ishizawa, è interessante scoprire attraverso questa mostra che l’opera di Niemeyer era già al culmine fin dai primi passi della carriera dell’architetto, quando progettò il complesso di Pampulha e Brasilia. Una mostra sintetica su una vita lunga è un rischio, ma un’idea resta. Le città sono costruite dagli uomini prima che dagli architetti, e perciò la mostra riguarda un “uomo” nel senso più ampio della condizione umana immersa in un particolare contesto storico e culturale. Un uomo che fece qualcosa, “che costruì” niente meno che una città. Una città che poi ebbe il potere di trasformare altri uomini.
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fino al 12 ottobre 2015
Oscar Niemeyer The Man Who Built Brasilia
MOT, Museum of Contemporary Art Tokyo