
L’Accademia Tadini sul lago d’Iseo rinasce con Isotec
Il sistema termoisolante Isotec di Brianza Plastica ha giocato un ruolo cruciale nel restauro di Palazzo Tadini, capolavoro dell'architettura neoclassica lombarda e punto di riferimento per il mondo dell'arte.

Sposando il punto di vista della continuità e delle molteplici identità dell’architettura africana, vengono documentati progetti e realizzazioni dal dopoguerra ad oggi, attraverso progettisti di rilevo, più o meno noti, e infine progetti e studi urbani contemporanei.
Scaturisce da questa sezione un panorama di figure di rilievo meno note come Andrè Ravereau, Norman Eaton o Jean Bossu che si affiancano agli architetti dell’epoca coloniale – anche se il termine colonialismo viene volutamente lasciato in secondo piano – Fernand Pouillon e agli italiani Luigi Moretti in Algeria e Marcello D’Olivo in Gabon o all’egiziano Hassan Fathy e infine al geniale Jean-Francois Zevaco, tra gli altri. Sono protagonisti e le punte più elevate di peculiari ricerche architettoniche, a loro volta estese in molti rivoli, che oggi vengono portate ad un livello di maggiore conoscenza attraverso una selezione ristretta ma puntuale nel progetto curatoriale di Benno Albrecht.

Il contraltare a questa sezione è la matrice degli insediamenti urbani spontanei osservati attraverso l’indagine topografica e fotografica dalla quale fuoriesce un panorama di città non disegnate dalla mano dell’architetto. Frutto di un adattamento alle condizioni topografiche e climatiche, la forma di questi agglomerati, in larga parte localizzati nella fascia subsahariana, discende da modalità insediative tradizionali e dalla specificità climatica e topografica dei luoghi.
Dal dualismo tra la matrice modernista e quella vernacolare dell’architettura del continente africano emerge quindi un contesto architettonico estremamente vivace, frutto di commistioni, innesti, adattamenti, sperimentazioni tipologiche, strutturali e formali, riflesso di quanto dal dopoguerra in poi è travasato nel continente africano e qui si è sviluppato con proprie specificità.

La mostra mette in luce quella che risulta essere la sfida in corso, che coinvolge realtà sovranazionali ed estese parti di territorio alla luce degli sviluppi legati all’uso delle risorse e di conseguenza alla costruzione di infrastrutture di varia natura e alle immense modificazioni che ne conseguono.
Il progetto della Grande Muraille Verte che taglia trasversalmente l’Africa Subsahariana trasformandola in un potenziale granaio globale, la rete di centrali di produzione di energie rinnovabili che viene implementata con il forte coinvolgimento di ENI, i fiumi artificiali che in un futuro solcheranno il deserto nordafricano, le immense dighe – delle quali molte realizzate e altre in corso di realizzazione da parte di imprese italiane – trasformano interi territori con una portata innovativa molto più estesa di quella che riusciranno a realizzare i masterplan qui documentati, che riguardano le città e le metropoli africane.
A ben vedere la sfida globale e il potenziale a cui allude il titolo della mostra è di gran lunga maggiormente legato all’effettivo ed efficace sfruttamento delle acque, alla produzione di energie rinnovabili e all’arresto della desertificazione piuttosto che al consolidarsi di realtà urbane alquanto complesse e di cui è attualmente difficile prevedere lo sviluppo alla luce dei progetti in corso.








Do not use without permission

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