“Nella nostra epoca – scriveva Siegfried Giedion nel suo Breviario di architettura – sentire è assai più difficile che pensare.
MAST Bologna
La Manifattura di Arte, Sperimentazione e Tecnologia di Bologna è un progetto centrato su tecnologia, arte e innovazione che nasce per integrare l’impresa all’interno del territorio, con – tra le altre cose – uno spazio espositivo, un’accademia per l’innovazione e l’imprenditorialità e un nido per l’infanzia.
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- Elisa Poli
- 15 ottobre 2013
- Bologna
L’uomo è oggi capace, per quanto riguarda la scienza e la meccanizzazione, d’inventare quasi tutto. Non appena però ci accostiamo al campo delle emozioni e dell’estetica, incontriamo la più grande resistenza da parte di un pubblico che da oltre un secolo si è sempre fatto influenzare da valori fittizi”.
Era il 1956 e più di cinquant’anni sono trascorsi da quando, il grande storico, proponeva questa lettura della crasi, apparentemente insanabile, prodottasi tra significante e significato dell’architettura. Il rapidissimo sviluppo delle tecniche costruttive così come le continue sperimentazioni su materiali e forme progettate ha portato, nella seconda metà del XX secolo, ad una piena realizzazione del fenomeno prospettato da Giedion.
La qualità architettonica è oggi utilizzata come puro elemento formale – reiterabile e spesso reiterato in modo meccanico – quasi come fosse evidente che un singolo manufatto non può risolvere la complessità del grande processo urbano che coinvolge, sempre di più, l’interezza del nostro territorio. La storia dell’industrializzazione e quella del progetto s’intrecciano, lungo tutto l’ultimo secolo, in una trama complessa, in cui la fascinazione per il grande mito della fabbrica si riversa nell’emulazione che edifici destinati ad usi disparatissimi celebrano nel tentativo di ricordare, solo attraverso la forma, la loro appartenenza all’epoca modernista. Lo scriveva, già nel 1981, Reyner Banham ne L’Atlantide di cemento, ponendo in evidenza come l’archeologia industriale del Nord America avesse avuto una grande influenza nella formazione dei caratteri tipo/morfologici di molte zone del paesaggio USA.
Ma le città italiane, seppur minori per dimensione e sviluppo, hanno avuto simili destini e portano, nella maglia ormai lisa delle loro periferie, le tracce evidenti di sistemi scalari anomali, laddove, fino a pochi anni fa, sorgevano industrie oggi dismesse se non addirittura demolite. Normale processo enzimatico si dirà. Eppure non è proprio così, visto che il tessuto connettivale delle città si compone anche dei vuoti e delle macchine celibi formate dalle tracce ormai sbiadite della gloria novecentesca della fabbrica. Genova, Torino, Milano, Venezia sono i nomi che evocano, nel nord Italia, tale destino. Eppure, anche una città come Bologna, per chi abbia voglia d’osservare la storia recente, presenta una vicenda simile che, proprio in questi giorni viene celebrata dall’inaugurazione di un edificio che, ci auguriamo, avrà la forza di proporsi come catalizzatore di molte narrazioni locali e nazionali.
Il 4 ottobre è stato inaugurato, nell’area limitrofa alla periferia di via Emila Ponente, il MAST – Manifattura di Arte, Sperimentazione e Tecnologia, all’interno di un complesso di 25 mila metri quadrati progettato dallo studio romano LABICS, risultato vincitore di un concorso internazionale indetto per volontà della presidentessa di Coesia, Isabella Seragnoli. Il nuovo edificio si sviluppa adiacente alla storica fabbrica di G.D e alla sede centrale del Gruppo Coesia, azienda leader mondiale nel settore delle macchine automatiche avanzate e della meccanica di precisione.
MAST è un progetto voluto per integrare l’impresa – locale ma su scala globale – come sistema aperto all’interno del territorio facendone emergere la responsabilità sociale per la crescita della comunità di cui fa parte integrante. “Una responsabilità di sviluppo economico, ambientale e sociale, dichiara Isabella Seragnoli, che tiene conto dell'importanza di operare in un territorio vitale e innovativo dove i valori dell'imprenditorialità sono apprezzati e coltivati”. MAST è un grande investimento che, tramite l’omonima Fondazione non profit, vuole favorire lo sviluppo della creatività e dell’imprenditorialità tra le giovani generazioni, anche in collaborazione con altre istituzioni, al fine di sostenere la crescita economica e sociale. Centrato su tecnologia, arte e innovazione. MAST è un centro polifunzionale a disposizione dei collaboratori di Coesia e della comunità e offrirà vari servizi che includono: uno spazio espositivo, un auditorium, un’accademia per l’innovazione e l’imprenditorialità, un nido per l’infanzia, un wellness center, un ristorante aziendale e una caffetteria aperta al pubblico.
L’idea alla base di questo ambizioso progetto, come raccontano i due architetti, Claudia Clemente e Francesco Isidori, nasce dalle domande poste in fase concorsuale “l’articolato programma di concorso che prevedeva la progettazione di più aree destinate ad ospitare attività quali il ristorante aziendale, l’academy, il nido, la palestra, l’auditorium, lo spazio espositivo, la caffetteria e il parcheggio interrato, è stato interpretato accorpando in un unico complesso le differenti funzioni in modo da dare maggior forza e identità all’intervento e interpretare al meglio il ruolo di interfaccia pubblico/privato rappresentato dalla costruzione stessa. Il risultato finale è quello di un edificio complesso sia sotto il profilo morfologico che programmatico, una sorta di micro-città dedicata alle arti, all'innovazione e alla tecnologia, unitaria nell'immagine esterna ma articolata nei percorsi e nelle funzioni”.
L’edificio è fortemente caratterizzato da due rampe pedonali poste lungo l’ingresso, che simboleggiano un ponte metaforico fra l'impresa, l'area cittadina circostante e il parco adiacente. Costituito di tre piani fuori terra e tre interrati (contenenti i parcheggi e i depositi) per complessivi 25.000 mq è stato progettato con una doppia facciata vetrata e con caratteristiche di sostenibilità ambientale. Il complesso è suddiviso in una serie di funzioni private, semi-pubbliche e pubbliche che si snodano con coerenza lungo i tre piani esterni. Il nido per l'infanzia, un classico intervento di apertura alle esigenze dei lavoratori – non solo quelli del gruppo Coesia – unisce le più interessanti ricerche in campo pedagogico a una risposta architettonica studiata appositamente per le esigenze dei piccoli: già attivo dal 2012 con 69 bambini, potrà ospitarne fino ad 80. È stato realizzato in collaborazione con Reggio Children che ha sviluppato una metodologia basata sul lavoro collegiale e sulle relazioni profonde fra i bambini e le loro famiglie.
Sempre in ambito didattico al terzo piano troviamo l’A, anche questa progettata con tecnologie all’avanguardia per consentire l’e-learning, la nuova frontiera dell’educazione che rende accessibile livelli di qualità dell'istruzione senza frontiere di spazio. Il tutto su una superficie di 1.000 mq di aule, aperte anche alle scuole del territorio, per occasioni di apprendimento tecnologico avanzato. Sempre al terzo piano si trova l’auditorium, un oggetto architettonico unico a Bologna per dimensioni, 400 posti in uno scrigno sonoro vicino al centro della città, realizzato con l'utilizzo di tecnologie di avanguardia che danno la possibilità di modulare l’acustica a seconda della tipologia di spettacolo, dai convegni al cinema in 3D, al teatro, alla danza. L’accesso all’auditorium è arricchito dalla presenza nel foyer della scultura Shine di Anish Kapoor.
La caffetteria, aperta al pubblico, è attrezzata con una cucina a vista con tecnologia avanzata e arredata per consentire sperimentazione e rappresentazioni di cultura gastronomica. Aperta 7 giorni su 7 sarà un polo di attrazione, soprattutto dalla primavera all'autunno con la grande terrazza affacciata sullo specchio d’acqua di fronte al MAST. Il centro wellness è strettamente collegato al ristorante aziendale, altro spazio spettacolare utilizzabile dal pubblico nel week-end e giorni festivi, con l'obiettivo di far incontrare l’attività fisica con lo sviluppo di stili di vita salutistici e sostenibili, attraverso tecnologie e attrezzature avanzate. Mentre lo spazio espositivo, con accesso gratuito ai 2.000 mq, sarà dedicato all'esplorazione dei processi di innovazione tecnologica ed imprenditoriale. Grande rilevanza sarà data alle nuove tecnologie espositive, con dispositivi e strumenti interattivi, postazioni multimediali e installazioni di realtà aumentata. Il tutto per coinvolgere soprattutto i più giovani. In occasione dell’inaugurazione dell’edificio, sono stati presentati un’esposizione interattiva sul mondo dell'industria meccanica, un percorso di edu-tainment fortemente coinvolgente, dove è possibile costruire oggetti con pezzi meccanici, al fine di creare consapevolezza sulla natura fisica e corporea della tecnologia.
Il percorso espositivo passa anche attraverso uno spazio dedicato alla rappresentazione dell’evoluzione del lavoro dal Novecento a oggi, I Mondi dell’Industria, una selezione di 200 immagini dalla collezione di fotografia industriale di MAST che consta di circa 1.000 fotografie ed è curata da Urs Stahel, ex Direttore del Fotomuseum di Winterthur. Queste immagini – esposte sino a dicembre, per poi variare con cadenza semestrale – illustrano il cambiamento nello scenario della produzione industriale, dei luoghi di lavoro, del prodotto, delle architetture e di come l'uomo si rapporta con l'ambiente in cui opera. A far da ponte, in questo caso fra il centro di Bologna e la sede di MAST, e per diffondere l'importanza della fotografia industriale, è stata inaugurata negli stessi giorni la prima edizione della Biennale Foto/Industria curata da François Hèbel, Direttore de “Les Rencontres de la Photographie” di Arles con 17 mostre in 10 luoghi simbolo della città di Bologna, con straordinarie immagini di grandi artisti internazionali, da Cartier Bresson a Doisneau, da Basilico a Erwitt, sul tema dello sviluppo produttivo dal Novecento a oggi.
Chiudono il percorso di visita i giardini e le strutture esterne che sono state progettate dal paesaggista Paolo Pejrone e sono arricchite dalla presenza di opere d’arte, tra cui la monumentale scultura rosso fuoco Old Grey Beam di Mark di Suvero. Come ricorda sempre la Seragnoli “la vocazione di MAST per le arti, la sperimentazione, la tecnologia viene rappresentata anche da altri interventi scultorei come la Collective Movement Sphere di Olafur Eliasson nell’atrio, la Sfera di Arnaldo Pomodoro nell’academy, il Coffee table di Donald Judd e la Shine di Anish Kapoor nel foyer”.
Sotto il profilo insediativo, l’edificio trova nel luogo – la prima periferia bolognese – e negli allineamenti preesistenti – fabbriche – la propria misura e il proprio calibro, ponendosi come elemento di mediazione tra la dimensione minuta e disaggregata del tessuto urbano circostante e le masse compatte e di scala maggiore degli edifici industriali. L’immagine complessiva di MAST è quella di un edificio leggero, traslucido e mutevole. Il rivestimento in pannelli di vetro serigrafato, che corre lungo tutta la struttura, passando anche davanti alle pareti opache, associato alle lamelle di alluminio, restituisce un’immagine uniforme e al tempo stesso liquida. Di notte l’edificio diventa un oggetto luminoso, lasciando intravedere la vita delle persone che si muovono all’interno dei suoi spazi.
Il complesso si presenta effettivamente come un corpo unitario all’esterno mentre nelle parti interne la distribuzione risulta semplice, efficace e molto ben articolata. Unico dubbio sorge guardando la disposizione dell’auditorium, forse l’elemento più caratteristico e unico dell’articolato insieme, che evocherebbe la possibilità di un dialogo con il quartiere negato però dalla chiusura della pelle esterna. Una scelta forte, opinabile ma decisa, che sarebbe bello discutere con i progettisti, raro esempio, in Italia, di uno studio esterno al solito rutilante star system che riesce a portare a termine un lavoro di queste dimensioni. Il mito modernista, in questo angolo fortunato dell’Italia, ancora sopravvive. Elisa Poli – cofounder Cluster Theory