L’ondata di nostalgia che di recente ha invaso Los Angeles con l’iniziativa Pacific Standard Time del Getty Museum prosegue con una nuova mostra all’A+D Museum, intitolata “Never Built: Los Angeles” (“Mai costruito: Los Angeles”).
Never Built Los Angeles
Analizzando i progetti storici d’architettura e urbanistica mai costruiti a Los Angeles, la mostra dell’A+D Museum offre una base di dialogo per valutare i relativi effetti sulla città e sui suoi abitanti.
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- Danielle Rago
- 02 settembre 2013
- Los Angeles
Come suggerisce il titolo, la mostra analizza un panorama di progetti d’architettura e di urbanistica non realizzati a partire dai primi del Novecento fino ai giorni nostri, mai costruiti nella città di Los Angeles. Allestita e ideata da Sam Lubell e Greg Goldin, giornalisti specializzati, “Never Built” offre una base di dialogo per discutere e valutare i progetti dell’architettura e dell’urbanistica e i relativi effetti sulla città circostante e sui suoi abitanti.
Anche se Los Angeles è stata terreno fertile e patria di alcuni dei più dotati e profetici tra i pensatori e i professionisti dei settori dell’architettura e del design, da Richard Neutra e Rudolf Schindler (di origine austriaca) ai più recenti Frank Gehry e Thom Mayne, l’architettura pubblica e il paesaggio architettonico della città non rispecchiano la cultura e il pervasivo spirito di sperimentazione che qui si respirano. La mostra, che si contrappone al ciclo Pacific Standard Time Presents: Modern Architecture in L.A., organizzato dal Getty Museum, mette in primo piano le occasioni perdute dalla città nell’architettura e nell’urbanistica contemporanee, e in più le sue carenze, tranne che in poche occasioni, nel sostenere i talenti architettonici locali con incarichi di grandi opere.
La mostra, che presenta progetti di opere pubbliche in contrasto con le abitazioni dall’immagine simbolica della metà del secolo per le quali Los Angeles va soprattutto famosa, comprende incarichi pubblici che, se realizzati, avrebbero avuto un’incidenza significativa sulla città. “L’architettura pubblica ha effetto su tutti”, afferma Lubell, e la mostra presenta alcune delle impostazioni più importanti e delle proposte più rivoluzionarie di progetti destinati a Los Angeles. Ma resta la domanda: perché a Los Angeles i progetti d’architettura e di urbanistica pubblica non hanno raggiunto il livello d’innovazione che le residenze private hanno storicamente dimostrato? Con “Never Built” Lubell e Goldin sono in grado di parlare a un grande pubblico prescindendo dal ristretto discorso dell’architettura e del design, proponendo a una varietà di visitatori i progetti di architetti tra i più profetici, come Frank Lloyd Wright e John Lautner, e, cosa più importante, idee sull’architettura e l’urbanistica per la città di Los Angeles.
Considerando queste opere profetiche come scenari ipotetici dotati del potenziale di trasformare il modo in cui la città si evolve, viene vissuta ed è percepita, il dibattito che Lubell e Goldin propongono riguarda il futuro dell’ambiente costruito di Los Angeles almeno quanto il suo passato.
Progetti come il “Piano urbanistico della regione di Los Angeles” (1930), dello studio Olmstead Brothers e di Harland Bartholomew, avrebbero integrato con successo il verde nel tessuto urbano della struttura in continua espansione della città in aree residenziali e commerciali, oltre che conservare al patrimonio pubblico e in gran parte libero da costruzioni l’intero litorale da Malibu a Long Beach. Altre proposte, come il piano degli anni Venti il trasporto locale di massa che richiedeva un sistema integrato di ferrovie sopraelevate e sotterranee, avrebbero senza dubbio avuto un ruolo significativo e una grande incidenza sull’evoluzione e sulla cultura della città. Entrambi questi progetti ritornano d’attualità per gli abitanti della Los Angeles di oggi, che hanno di recente sperimentato il piano della ripartizione municipale per ampliare fino al mare la Metro Line e i tentativi di urbanisti e cittadini di aumentare gli spazi verdi in città in molteplici modi, dai microparchi alla recente inaugurazione del Grand Park nel centro di Los Angeles, alla riapertura dell’Echo Park Lake.
La mostra, con il relativo testo d’accompagnamento, è suddivisa in sezioni distinte che analizzano edifici non realizzati, piani regolatori, parchi, architetture di fantasia e sistemi di trasporto attraverso disegni d’architettura, modelli, filmati e vari altri strumenti, tra cui stampe lenticolari e una torre di mattoncini Lego alta più di tre metri. I progetti esposti creano un panorama enciclopedico dell’edilizia di Los Angeles nel corso di oltre un secolo. Il lavoro viene presentato in modo relativamente democratico, senza particolari esplicite preferenze dei curatori per un progetto piuttosto che per un altro. Illustrando il lavoro in questo modo Lubell e Goldin permettono che si sviluppi senza pregiudizi un discorso su un certo progetto urbanistico oppure su un certo edificio e sui suoi potenziali effetti sulla città. Secondo Lubell l’intento della mostra è “far parlare il pubblico di quello che si sarebbe oppure non si sarebbe dovuto costruire” invece che fornire pure e semplici opinioni.
La domanda sui motivi per cui questi cosiddetti progetti profetici non sono mai stati realizzati suscita varie risposte. In certi casi semplicemente non c’erano abbastanza soldi, in altri i progetti furono abbandonati per altri progetti o il sito rimase abbandonato. Mentre alcuni di questi progetti avrebbero significativamente cambiato il paesaggio della California meridionale in modo negativo, altri sembrano possedere qualità positive che fanno pensare al visitatore come un certo progetto avrebbe potuto cambiare l’aspetto della città e in definitiva quale contributo concettuale avrebbe dato all’architettura contemporanea. Per Lubell una delle lezioni è che “la città deve necessariamente cambiare per consentire a progetti profetici come quelli qui presentati di realizzarsi”. “Never Built” di fatto innesca un dibattito su come dare inizio a questo processo. Portando l’architettura in un ambito di visibilità come quello di una mostra e rendendola accessibile al pubblico in modo che possa comprendere i vantaggi di ciò che ha perduto, esso potrebbe iniziare a battersi per questo obiettivo.