Questa ‘virtualità reale’ sta diventando onnipervasiva e offre grandi vantaggi agli architetti e ai progettisti. Ma, nonostante la promessa di una maggior efficienza economica, di un aumento della sostenibilità e di una maggiore qualità estetica, queste nuove tecnologie potrebbero altrettanto facilmente condurre allo stesso tipo di spazi tristi e disumanizzanti nati dalla precedente rivoluzione tecnologica, detta Modernismo. Una casa realizzata con lo stampaggio tridimensionale può apparire piacevole in un’illustrazione ma, una volta costruita, non è necessariamente un bel posto per viverci. Intelligente non significa sempre socialmente attento. Gli algoritmi sono l’ideale per elaborare dati e automatizzare la progettazione, ma contano fino a un certo punto per la vita sociale degli spazi urbani e per la valutazione dell’architettura da parte del pubblico.
Per fortuna la medesima tecnologia che permette la costruzione di alienanti edifici da Tetris e di un’architettura da copia-e-incolla stanno anche avvicinando il pubblico al suo ambiente costruito. Le grandi aggregazioni di dati e il cloud computing, spronati dalla proliferazione di apparecchi intelligenti e social media, hanno prodotto un flusso infinito di immagini e di mappe che mostrano il luogo dove abitiamo o che stiamo visitando e i vari modi in cui li percepiamo e li usiamo. Gli smartphone e i dati che generano sono diventati una preziosa fonte di informazione per urbanisti e architetti: seguendo le tracce dei nostri movimenti, delle nostre abitudini e dei nostri interessi quotidiani possono meglio calibrare i programmi e i servizi.
Contemporaneamente i cittadini e altri utenti della città hanno un controllo più diretto sull’ambiente costruito grazie all’introduzione di strumenti interattivi e all’ampia diffusione di apparecchi intelligenti. Gli utenti di apparecchi mobili si sono già abituati alle potenzialità offerte da servizi urbani su web, come mappe e informazioni sui trasporti pubblici e sul tempo. Sono disponibili parecchi prototipi di servizio che danno agli utenti la facoltà non solo di conoscere, ma anche di dar forma alla città.
La mappatura della vita cittadina
Nel 2012 abbiamo sviluppato FloriadeRadar, una sperimentazione sulla mappatura del paesaggio dei social media intesa come strumento urbanistico. Il progetto è stato commissionato dal Dienst Ruimtelijke Ordening (DRO), il servizio di pianificazione del territorio di Amsterdam, nel quadro della candidatura della città a ospitare la Floriade 2022 (la fiera nazionale di orticoltura olandese) in una zona residenziale del dopoguerra. Il programma intercettava e filtrava l’attività di alcuni diffusi servizi di social media disegnando in tempo reale una mappa online, rendendone semplice e rapida l’interpretazione rispetto al grande volume di attività digitale che riguarda la città e il suo spazio pubblico. Scopo del progetto era realizzare uno strumento di conoscenza democratico, immediato e aggiornato per gli abitanti di Amsterdam, in modo poter prendere per la comunità cittadina decisioni urbanistiche più informate. Il progetto è stato interrotto quando la scelta per la Floriade 2022 è caduta sulla città di Almere.
FloriadeRadar teneva conto, a mano a mano che venivano pubblicati, anche dei post pubblicati su Verbeterdebuurt (“Migliora il quartiere”), piattaforma condivisa olandese che “riunisce cittadini e amministrazione locale fornendo un modo facile di migliorare il quartiere”. In ambiente internazionale ci sono altri, precedenti o migliori, esempi di siti web destinati a segnalare questi problemi, – come FixMyStreet (“RiparamiLaStrada”) in Gran Bretagna e SeeClickFix (“GuardaCliccaRipara”) negli Stati Uniti – in cui i cittadini disegnano letteralmente una mappa dei loro problemi e delle loro idee, che vengono così segnalati all’amministrazione locale. La Walkonomics, o “valutazione della pedonabilità”, ha lo scopo di valutare grazie a un’app la facilità di essere percorsa a piedi di una qualunque strada del mondo. Benché un gran numero dei problemi segnalati vengano “risolti” le indicazioni dei residenti si limitano per lo più a fastidiose buche nell’asfalto, a lampioni guasti e ad altri problemi di scarso rilievo.
Ambienti interattivi
Secondo il progettista di infografica Ben Cerveny stiamo entrando in un’epoca in cui la tecnologia inizia a intessere in tempo reale i desideri dei cittadini con i servizi disponibili nell’ambiente che li circonda. Ritiene evidente che il primo passo per sbloccare queste potenzialità sia il terminale mobile, cioè lo smartphone. Ma come immaginare queste potenzialità?
VURB, progetto di ricerca di cui Cerveny è cofondatore, che mira ad analizzare il rapporto tra “computazione e urbanistica”, ha creato una serie di servizi ambientali che possono essere “scoperti” da apparecchi mobili: un sistema creato dagli utenti che è stato battezzato Urbanode. Un prototipo è stato sperimentato con successo nel Melkweg, grande ritrovo musicale di Amsterdam, dove ha permesso ai visitatori cambiare il colore delle luci nel corso di un’esibizione dal vivo grazie a un’applicazione Android. Il passo seguente potrebbe essere permettere al pubblico di votare la musica da eseguire o le immagini da proiettare.
Sulla base dell’esperimento pilota e di ulteriori ricerche VURB ritiene che i cittadini continueranno ad acquisire la capacità di influire in modo nuovo sull’ambiente che li circonda, usando i servizi urbani come userebbero un’applicazione digitale in un ambiente online. Sistemi di trasporto e di illuminazione, attrezzature di comunicazione pubblica come cartelloni attivi e sistemi sonori diventeranno oggetti accessibili che potranno essere attivati, controllati e coordinati grazie a strumenti e servizi usati quotidianamente dai cittadini.
Sono già disponibili parecchi prototipi di servizio che danno agli utenti la facoltà non solo di conoscere, ma anche di dar forma alla città
Grazie alla cooperazione interattiva di questi strumenti gli utenti degli spazi pubblici sono in grado di configurarli per specifiche funzioni temporanee e perfino iniziare a ‘recitare’ lo spazio collettivamente. E dato che un numero sempre maggiore di persone “inizierà a fare azioni quotidiane per navigare, conoscere e usare lo spazio, ciò avrà un ritorno disciplinare sull’architettura, sull’urbanistica e sulla progettazione dello spazio circostante”.
Con il giusto equilibrio di nuove tecnologie le città possono essere sia intelligenti sia sociali, ovvero, come afferma Roope Mokka, sociologo e cofondatore del centro di ricerca Demos di Helsinki: “I siti delle reti sociali già collegano persone e interessi di gruppo. Quando questi tipi di sistemi virtuali vengono usati per dar forma all’ambiente fisico e all’amministrazione locale le città diventano realmente inclusive”.
Michiel van Iersel è tra i fondatori di Non-fiction, studio di Amsterdam che si dedica all’innovazione culturale.