Nei film sul trascorrere del tempo spesso compaiono personaggi ritratti in varie fasi della vita, a diverse età e quindi in diversi rapporti con gli altri personaggi – che variano da sequenza a sequenza – e rendono estraneo ciò che era familiare. Nel primo tempo, Jeff Kipnis ha organizzato mostre e scrive sui suoi contemporanei, contribuendo alla creazione di un'architettura post-strutturalista. Nel procedere della trama lo si è visto scrivere su una generazione seguente: i protagonisti dell'estetica computazionale. Nell'ultima sequenza, si vede Kipnis in un intervento all'Università statale dell'Ohio, di cui è rettore e dove ha un po' il ruolo del padre politico dell'ultima nidiata di nuovi e intelligenti giovani architetti americani. Che generazione: instancabilmente onnivori e attivi in una varietà di linguaggi, con una visione dell'architettura sperimentale e spesso fai-da-te.
"Possible Mediums" ("Linguaggi possibili") è stato un convegno di quattro giorni, il primo incontro organizzato dalla Midwest Mafia of Architecture Schools, che si è svolto presso la Knowlton School of Architecture dell'Università statale dell'Ohio con la complicità della Chicago School of Architecture dell'Università dell'Illinois, del Taubman College of Architecture & Urban Planning dell'Università del Michigan e della facoltà di Design dell'Università del Kentucky.
Il convegno aveva la fisionomia di un esperimento didattico e consisteva in dodici laboratori di quattro giornate destinati agli studenti delle istituzioni ospiti e a tavole rotonde suddivise in quattro sessioni. Il convegno era sullo stesso tono dei laboratori: un esperimento specifico in cui espanso, vernici, gesso, robot basati sulla scheda Arduino, imbottiture, palloni, proiezioni, camicie di flanella e polli sono stati elaborati in una serie di progetti di ricerca di piccola scala, spesso pieni di ironia, ciascuno con una sua storia evolutiva.
Possible Mediums, linguaggi possibili
In quattro giorni, il convegno "Possible Mediums" ha chiarito che l'architettura può superare i propri confini culturali, nella fase precedente la realizzazione come in quella seguente, ma occorrono nuovi linguaggi: non solo per la creazione di forme, ma anche per la diffusione della disciplina.
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- Matt Shaw
- 19 febbraio 2013
- Columbus
Tra queste scuole si verificano contaminazioni di idee e scambi di figure aperti, trasparenti e reciproci, che rinforzano la capacità formativa di ciascuna scuola al di là di ciò che potrebbe offrire da sola. I coordinatori dei laboratori – i docenti – hanno imparato insieme con gli studenti, dato che il loro lavoro è ancora fresco e in evoluzione. "Possible Mediums" ha esposto in piena luce il processo invece che presentare il lavoro sotto forma di progetti finiti e completi. Il che ha creato un dialogo schietto e piacevolmente vivace tra i coordinatori dei laboratori.
Il primo gruppo, Figural Projections, coordinato da Kelly Bair, ha analizzato la leggibilità dell'architettura attraverso – e in rapporto con – le forme figurative, tramite aforismi, narrazioni e giochi intesi come generatori di nuovi concetti formali. Il laboratorio di Jimenez Lai si intitolava Ambiguously Misshapen, e gli studenti hanno creato oggetti figurativi a configurazione differente e lettura multipla, caratterizzati da espressioni come "indolente", "testa pesante", "sveglio". Thomas Kelley ha coordinato un laboratorio intitolato Eye-con, or, How I Learned to Draw Exactly Wrong, in cui gli studenti hanno usato in positivo convenzioni di disegno ambigue e tecniche intenzionalmente sbagliate, come aumentare lo spessore delle linee al di là della riconoscibilità e usare scorrettamente la prospettiva e le ombre. Il laboratorio di Angela Co, Endgame, è stato una ricerca sulle immagini letterali, in cui le figure di alcuni animali hanno fatto da punto di partenza per un'indagine sul rapporto tra la leggibilità esteriore, fondata sull'oggetto, e l'interiorità volumetrica, ovvero sull'esterno e l'interno di una forma figurativa ("l'anatra"). In questa prima sessione l'idea di rivisitazione, cioè l'idea di rinnovare il vecchio, era in primo piano.
Il convegno aveva la fisionomia di un esperimento didattico e consisteva in dodici laboratori di quattro giornate destinati agli studenti delle istituzioni ospiti e a tavole rotonde suddivise in quattro sessioni.
Nella seconda sessione Tactile Objects, organizzato da Adam Fure, ha riguardato lavori in cui sensazione ed emozione vengono veicolate tramite l'uso di nuovi materiali, con uno spostamento dalle forme eleganti e tecnologicamente raffinate alle forme grottesche, materiali e squilibrate. Andrew Holder ha guidato il laboratorio Fat Matters, in cui gli studenti hanno usato dei palloni per plasmare il gesso in forme obese ed erotiche, poi accumulate o "rannicchiate" insieme. Ellie Abrons ha condotto il laboratorio Modelrama, in cui i modelli sono diventati il linguaggio di un esercizio di esplorazione dello spazio che ha coinvolto espanso, specchi, soffiatori ad aria calda e aerografi. Pet Sounds di Michael Loverich si è allontanato decisamente dal linguaggio delle convenzioni architettoniche. Gli studenti di questo laboratorio hanno costruito delle cornamuse con gomma, nastro adesivo idraulico, una camicia di flanella e tubi di plastica. Le cornamuse, come oggetti, gonfiandosi e sgonfiandosi cambiavano nettamente aspetto. Questo gruppo ha preso quanto mai alla lettera l'indicazione dei "linguaggi possibili" e, per lo meno fisicamente, è quello che più si è allontanato dalle convenzioni dell'architettura.
Le sessioni del sabato non riguardavano tanto la raccolta e la riorganizzazione di frammenti storici o materiali quanto le possibilità di sviluppo positivo dei linguaggi della tecnologia. Il gruppo Active Model, coordinato da Kyle Miller, ha riunito progetti che analizzano la possibilità delle tecnologie interattive emergenti e il modo in cui esse incidono sull'architettura e ne sono influenzate. Andrew Atwood ha usato TouchDesigner, un software per la progettazione dell'esperienza dell'utente di solito utilizzato nel caso di ambienti immersivi di scala relativamente grande, per tracciare sugli oggetti delle proiezioni digitali, animandoli con una gamma di colori e di motivi decorativi. Andrew Garner ha guidato il laboratorio ...And Shells, dove forme plastiche antropomorfe sono state portate alla vita grazie a macchine basate sulla scheda Arduino. Il gruppo di studenti di Jason Kelly Johnson ha usato la scheda Arduino per realizzare dei piccoli robot con zampe sensibilissime e per realizzare un robot che disegna coloratissimi mandala sensibili ai suono.
La sessione finale, coordinata da Kristy Balliet e denominata Excessive Volumes, si è occupata delle conseguenze tettoniche e d'atmosfera della modellazione volumetrica digitale. Il laboratorio di Michael Young Depth and the Optical Vector, ha insegnato agli studenti a ottenere effetti pittorici tramite alcune tecniche elementari di modellazione digitale. In Flight Patterns, il laboratorio di David Freeland e Brennan Buck gli studenti hanno costruito un aquilone di paglia, analizzando schemi alternativi di struttura spaziale. Il laboratorio di Justin Dile, Lesson of Rome Revisited: Unforeseen Ordonnance, ha reinterpretato i fondamentali di Le Corbusier, collegandoli con simulazioni digitali di elementi fisici, realizzando forme nuove e affascinanti. La sessione finale, in cui sono state tratte le conclusioni del convegno, è stata condotta dai quattro enti promotori e da John McMorrough dell'Università del Michigan.
La questione della rappresentazione è stata costantemente in primo piano, ma chiaramente il convegno si è occupato più di come aggirare la rappresentazione per sperimentare direttamente con la forma finale. Per capire questi progetti non c'è bisogno di piante e di alzati e, al momento della realizzazione, è normale che i disegni vengano ribaltati o ampliati con altri elementi. Nuovi linguaggi occorrono non solo per la creazione di forme, ma anche per la diffusione dell'architettura. Negli anni Sessanta la pittura ha superato i confini della tela ampliandosi, per conservare la propria incidenza culturale, sia nello spazio tridimensionale della galleria sia nella sfera della scultura. In altre parole l'architettura non sta più nei limiti della tela (piante e alzati), ma la si può 'rappresentare' come in un serial televisivo o in un catalogo di grande magazzino. Il convegno ha chiarito che l'architettura può superare i propri confini culturali, nella fase precedente la realizzazione come in quella seguente. Può guardare ad altre discipline per la creazione formale, ma può anche superare il confine che la specificità del linguaggio crea tra addetti e non addetti ai lavori, per raggiungere un'elaborazione adatta a un pubblico più vasto.
C'è una verificabile genealogia di progetti storici basati sul linguaggio, tra cui – cosa quanto mai divertente – un filone di creazione architettonica dall'umorismo sovversivo e talvolta morbosamente autoderogatorio, o di battuta intesa come concetto astratto in grado di produrre effetti formali o d'atmosfera, ma con leggerezza. Questo atteggiamento fornisce ai giovani professionisti e ai giovani docenti una consapevolezza critica lontana dall'ovvia competenza che può impedire un discorso produttivo sincero e schietto. Nello sviluppo della loro identità e dei loro progetti attraverso questo libero scambio alcune delle domande rimaste senza risposta, come quelle filosofiche e politiche, riguardanti la specificità post-mediale in architettura, possono solo non possono che farsi più chiare.