Da allora sono passati quattro mesi e presto a Kensington Gardens non resterà traccia nemmeno dell'ultimo dei padiglioni della Serpentine, adesso appartenente a Usha and Lakshmi N. Mittal. I pezzi saranno trasportati via e rimontati, forse, in una delle proprietà del suo portafoglio immobiliare personale.
La proposta di quest'anno desiderava affrancarsi dal carattere di "oggetto" che aveva contrassegnato le edizioni precedenti e, al tempo stesso, intavolare un dialogo con esse. "Adottando un approccio archeologico," spiegava il comunicato stampa, "gli architetti hanno creato un design che invita i visitatori a guardare indietro nel tempo attraverso i fantasmi delle strutture precedenti." L'idea di scavare in cerca della storia di queste architetture appariva al contempo affascinante e paradossale: mentre al cospetto della Serpentine Gallery si invocavano i suoi spiriti, lontano da lì gli undici padiglioni vivevano una seconda vita con nuove identità.
Le architetture prodotte dalla Serpentine Gallery vengono vendute. Non esiste alcun budget già assegnato per la commissione, finanziata invece da patrocini e, al termine dell'esposizione, dal ricavato della vendita dell'opera che, a detta degli organizzatori, non copre più del 40 per cento dei costi. Stando all'inventario ufficiale, la maggior parte dei padiglioni è stata acquistata da collezionisti che preferiscono restare anonimi. Quest'anno però, per la prima volta, il nome degli acquirenti è stato reso pubblico. "Potresti ricordarmi su cosa stai scrivendo?" domanda Sophie. "Sulla seconda vita dei padiglioni," rispondo.
Il successivo padiglione, Eighteen Turns, progettato da Daniel Libeskind nel 2001, riapparve quattro anni dopo, quando fu ceduto dal suo misterioso (e ignoto) proprietario, e trasportato in Irlanda per celebrare Cork come Capitale Europea della Cultura, dove fu presentato, fra politici, promoter immobiliari e pianificatori, come una "icona della Cork contemporanea e un'espressione delle possibilità creative di architettura per il futuro della città", in particolare per l'(allora imminente) sviluppo urbanistico della zona del porto. Dopo aver prestato i suoi servigi, Eighteen Turns tornò nell'anonimato.