Come istituzione, il Museo Stedelijk è nato da una costola del più storico Rijksmuseum nel 1874, per poi emanciparsi e guadagnarsi una propria sede – sobria ed educata, in classici mattoni rossi, progettata da A. W. Weissman – a poche decine di metri di distanza dal genitore. Fatta eccezione per gli imbarazzi dell'ultimo ventennio – che spiegheremo più avanti – la carriera del museo è stata gloriosa. Nei primi anni '60 del secolo scorso (ancora sotto la direzione del leggendario Willem Sandberg, figura chiave nella resistenza culturale locale, prima e durante la Seconda guerra mondiale), lo Stedelijk ha ospitato eventi innovativi come la mostra/labirinto "Dylaby" di Tinguely, Spoerri e soci, dando in seguito spazio a movimenti d'avanguardia come Situazionisti, Nouveaux Réalistes, CoBrA, Zero e Nul, e diventando un punto di riferimento in particolare per l'arte concettuale (insieme alla galleria/rivista Art & Project, sempre di Amsterdam). In quegli anni, la vivace programmazione del museo contribuì probabilmente all'energia creativa e politicamente rivoluzionaria che aleggiava nella capitale olandese (già scossa, per esempio, dalle azioni del movimento di protesta anarchico-creativa Provo), rendendo la città un posto eccitante per l'arte e uno snodo culturale dove si sono fatti dei pezzi di storia. È all'Hilton di Amsterdam che Yoko Ono e John Lennon fecero il loro primo bed-in nel 1969 e, sempre tra i canali, Marina Abramovic faceva la conoscenza del proprio futuro partner (artistico e non) Ulay nel 1975.
Il ritorno dello Stedelijk
Con il completamento del progetto di Benthem Crouwel e la fine di un'odissea ventennale, lo Stedelijk non ha più scuse: dovrà giocare il proprio ruolo di primo piano, portando avanti i discorsi del contemporaneo.
Come istituzione, il Museo Stedelijk è nato da una costola del più storico Rijksmuseum nel 1874, per poi emanciparsi e guadagnarsi una propria sede – sobria ed educata, in classici mattoni rossi, progettata da A. W. Weissman – a poche decine di metri di distanza dal genitore. Fatta eccezione per gli imbarazzi dell'ultimo ventennio – che spiegheremo più avanti – la carriera del museo è stata gloriosa. Nei primi anni '60 del secolo scorso (ancora sotto la direzione del leggendario Willem Sandberg, figura chiave nella resistenza culturale locale, prima e durante la Seconda guerra mondiale), lo Stedelijk ha ospitato eventi innovativi come la mostra/labirinto "Dylaby" di Tinguely, Spoerri e soci, dando in seguito spazio a movimenti d'avanguardia come Situazionisti, Nouveaux Réalistes, CoBrA, Zero e Nul, e diventando un punto di riferimento in particolare per l'arte concettuale (insieme alla galleria/rivista Art & Project, sempre di Amsterdam). In quegli anni, la vivace programmazione del museo contribuì probabilmente all'energia creativa e politicamente rivoluzionaria che aleggiava nella capitale olandese (già scossa, per esempio, dalle azioni del movimento di protesta anarchico-creativa Provo), rendendo la città un posto eccitante per l'arte e uno snodo culturale dove si sono fatti dei pezzi di storia. È all'Hilton di Amsterdam che Yoko Ono e John Lennon fecero il loro primo bed-in nel 1969 e, sempre tra i canali, Marina Abramovic faceva la conoscenza del proprio futuro partner (artistico e non) Ulay nel 1975.