Il progetto in sé è un manifesto di pura "avanguardia vernacolare": materiali lapidei, un'architettura low-tech e realizzata, per quanto possibile, con materiali locali (come la pietra calcarea di Bonifacio e il pino corso Larricciu), che non solo riprende tecnologie e sintassi compositive essenziali e tradizionali, ma che – come un tempio antico – sembra essere stata appena liberata dalla polvere che per secoli la teneva nascosta. Ma al di là dell'architettura, vanno considerati altri aspetti di natura strategica. Il programma di realizzazione di una sorta di città del vino, della musica e dell'ampelografia (la scienza che studia e classifica le varietà dei vitigni), in un piccolo centro come Patrimonio, è senza dubbio ambizioso. Tuttavia, in una situazione in cui il turismo litoraneo ha finito per polarizzare ogni attività, indebolendo tutte le altre, rappresenta una sfida importante, oltre che doverosa, in un'ottica di riequilibrio economico e territoriale. E, come prevedibile, il cammino di realizzazione non è stato facile.


Riuscirà il Museo del Vino di Patrimonio, dopo aver superato tutti gli ostacoli, a innescare una sorta di "effetto Bilbao", come probabilmente era nelle intenzioni iniziali?






L'ultima collezione di Ethimo è una questione di intrecci
Ispirata alle lavorazioni tipiche della spagna orientali e ai patios, la nuova collezione disegnata da Studio Zanellato/Bortotto ripensa l'estetica del comfort.