Ken Yokogawa: Hironaka House

Con questa piccola residenza alla periferia di Tokyo, l'architetto giapponese esplora le possibilità formali, simboliche e relazionali dei poliedri regolari.

In un periodo nel quale i dibattiti sull'architettura sono dominati dalla geometria post-euclidea, dal design generativo e dal patterning, Ken Yokogawa fa testo a parte in quanto indaga con assiduità le possibilità formali, simboliche e relazionali dei poliedri regolari: li usa come mezzo per mettere in relazione paesaggio e abitazioni, uomo e natura. Viene in mente Platone, per il quale i poliedri – sul piano gnoseologico – rappresentavano il tramite tra i disordinati fenomeni naturali e la perfezione dell'iperuranio, mondo delle idee.

Hironaka House
La produzione recente dell'architetto giapponese è pervasa da opere con tetti strutturati a partire da poliedri, ma qui nella Hironaka House, tutto l'intervento – dai mobili alla struttura – deriva da speculazioni fatte sui poliedri. La Hironaka House si trova nei sobborghi di Tokyo, disposta su due piani, adagiata su un declivio di un sito di circa 300 metri quadri dalla forma triangolare. Al piano terra – pervaso da un'aria di serenità e silenzio – si trovano le stanze da letto e il soggiorno. Qui Yokogawa mette in dialogo interno ed esterno tramite una grande finestratura che corre lungo il perimetro dell'abitazione. Al piano superiore con il tetto dalla forma poliedrica si trovano uno studio e – occultata dietro un muro sul quale si trova una piccola apertura – si trova la stanza da tè. La piccola porta d'accesso alla stanza del tè – nijiriguchi – viene realizzata con dimensioni ristrette per ragioni simboliche e spaziali. Per entrare dentro la stanza del tè bisogna levarsi le scarpe e piegarsi, un gesto di umiltà prima di accedere in un stanza-mondo capace di allontanarci dalle preoccupazioni quotidiane. Una volta dentro si ha l'impressione che lo spazio sia di dimensioni maggiori rispetto alla sua grandezza effettiva: un effetto prodotto intenzionalmente dalla combinazione data dall'atto del piegarsi, dalle dimensioni ridotte della porta d'ingresso e della penombra della stanza del te. Qui Yokogawa elimina le relazione fra sé e mondo, coscienza e universo. La stanza del tè e la sua cerimonia sono un mezzo per eliminare l'ego e "spalmarsi" nell'infinito.
Nella Hironaka House, tutto l'intervento progettuale – dai mobili alla struttura – deriva da speculazioni fatte sui poliedri
Nella Hironaka House, tutto l'intervento progettuale – dai mobili alla struttura – deriva da speculazioni fatte sui poliedri
Architettura come strumento d'indagine
In Yokogawa, si riscontra un interesse che va al di là della progettazione intesa come professione, ma che sconfina nell'intendere l'architettura come strumento d'indagine dei fenomeni universali: "la mia prima preoccupazione riguardo all'architettura è come essa interessi i cinque sensi. Questo perché le cose che tocchiamo – siano essi strumenti o oggetti – influenzano in modo diretto e sostanziale la nostra coscienza di campo e territorio in relazione con le cose. Fin da quando mi interesso di architettura, mi ha sempre incuriosito la relazione fra gli oggetti e le persone. Questo mio interesse nasce dal desiderio di comprendere meglio questa cosa che chiamiamo "spazio" che ci avvolge. Tutti i grandi edifici del passato possiedono degli spazi interiori che toccano lo spirito umano e sono convinto che un vero lavoro di architettura non significhi per forza produrre una nuova forma ma bensì uno spazio creativo".
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo
Senso dell'opera di Yokogawa
Yokogawa – tramite la sua opera – rivisita il sensai, un concetto tradizionale che attraversa trasversalmente tutte le categorie artistiche giapponesi ma è qualcosa che secondo l'architetto giapponese non può essere facilmente compreso dal pensiero scientifico occidentale moderno. L'architetto giapponese ricorda come si è spesso paragonata la struttura degli stati moderni a quella di un albero con il re in cima, e così è anche stato fatto per le città occidentali, con gli edifici individuali subordinati alla metropoli intesa come un tutt'uno, con gli spazi interni definiti in riferimento agli spazi esterni e gli arredamenti sottoposti alla divisione dello spazio interno. L'architettura giapponese manca questo tipo di gerarchia presente nell'architettura occidentale, infatti, edifici e arredamento sono considerati in egual misura. E per estensione, le parti che compongono un edificio possono essere considerati pezzi di arredamento. Da una parte, si è pervenuto alla formazione di uno spazio monoteista urbano, dall'altro a una città dalla dimensione plurale e non gerarchica.
Tutti i grandi edifici del passato possiedono degli spazi interiori che toccano lo spirito umano e sono convinto che un vero lavoro di architettura non significhi per forza produrre una nuova forma ma bensì uno spazio creativo. Ken Yokogawa
Al piano superiore con il tetto dalla forma poliedrica si trovano uno studio e – occultata dietro un muro sul quale si trova una piccola apertura – si trova la stanza da tè
Al piano superiore con il tetto dalla forma poliedrica si trovano uno studio e – occultata dietro un muro sul quale si trova una piccola apertura – si trova la stanza da tè
Poliedri e conoscenza
Le indagini sui poliedri di Yokogawa ricordano ciò che Fosco Maraini diceva dello scintoismo: "la conoscenza rappresenta un intimo bisogno dell'uomo, il tentativo di collegarsi al Grande Mistero che tutti ci avvolge". Scrive Franco Marcoaldi che "nei secoli si è verificata una cesura fra le culture a causa del conflitto insanabile tra la pretesa di una verità rivelata e la razionalità critico-scientifica propria della modernità. L'immersione totale dell'uomo nella natura, così caratteristica dello Scinto, non porta con sé un abbassamento dello spirito al materialismo, quanto il suo contrario. Non è lo spirito che cala nelle cose e vi perisce, sono piuttosto le cose che si animano e si illuminano di spirito". Parafrasando Maraini dio era ancora fatto a mano, era locale, e non "profuso" e "sentito" su scala industriale e universale. In un periodo in cui la verità non era ancora stata privatizzata dalle religioni monoteiste e vigeva un clima di paganesimo universale, i poliedri venivano associati agli elementi naturali: aria, terra, acqua e fuoco. Poi le dottrine scientifiche occidentali – grazie agli studi di uomini quali Pitagora, Euclide, Archimede, Leonardo, Pacioli, Battista Aberti, Keplero, Descartes e Hilbert – hanno percorso un cammino lungo duemila anni: i poliedri passano dall'essere intesi come elementi di relazione fra dimensioni cognitive differenti e tramite di connessione fra mondi, all'essere considerati – dal formalismo – sistemi chiusi, validi solo se non avessero presentato alcuna contraddizione nella loro equazione generatrice. Oggi sono in pochi a continuare a studiare la loro applicazione e significato in architettura. L'opera di Yokogawa ricorda in parte questo, che al di là delle forme rimane sempre e comunque la possibilità di interrogarsi sul senso dell'esistenza, cosa che il giapponese fa attraverso i poliedri.
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo
Hironaka House
Luogo: Tokyo
Destinazione d'uso: residenziale
Architetti: Ken Yokogawa Architect & Associates Inc.
Ken Yokogawa, Toshio Kunieda, Yuzuru Takanohashi
Ingegneria strutturale: Umezawa Structural Engineers: Ryozo Umezawa, Kosuke Umezawa
Architetto paesaggista: GA Yamazaki Seiko Yamazaki, Yuko Hasuike
Impresa edile: general contractor: Akira: Masaru Suzuki, Takahiro Ishigami
Struttura: cemento armato capriate in legno, 2 piani
Altezza massima: 7.580 mm
Area del sito: 295,39 mq
Area totale: 169,04 mq
Finiture esterne:
tetto: pannelli di alluminio
pareti: ardesia verde, cemento armato
Quella del tè è una stanza-mondo pensata per allontanarci dalle preoccupazioni quotidiane
Quella del tè è una stanza-mondo pensata per allontanarci dalle preoccupazioni quotidiane
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo
Ken Yokogawa: Hironaka House, Tokyo

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