Più vicini alla sensibilità degli artisti che alle esigenze dell'architettura, gli "architetti di carta" immaginavano un mondo trasognato, un'architettura onirica. Spesso fomentati dalla frustrazione del lavoro presso l'ufficio centrale dell'architettura statale, gli "architetti di carta" praticavano un'idea di architettura nella quale i progetti si dissolvevano in atmosfere surreali. L'"architettura di carta" era un modo per coltivare l'eccentrico e l'individuale in una cultura che, almeno a livello ufficiale era ancora fondata, anni prima della Perestroika, sull'ideologia della standardizzazione. In questo senso, l'"architettura di carta" era anche intimamente legata alle pratiche non conformiste dell'arte russa degli anni Ottanta: era un'architettura che faceva di necessità virtù, trasformando l'impossibilità della realizzazione nello stimolo per creare nuovi mondi fantastici.
I numi tutelari erano Piranesi e Ledoux, l'Art Nouveau russa e il costruttivismo, a proposito del quale negli anni Venti era stata utilizzata per la prima volta e in senso denigratorio l'espressione "architettura di carta".
"In sogno l'architettura è sempre più bella", spiega Yuri Avvakumov, che è stato fondatore, portavoce e memoria storica del movimento. "Oggi, certo, tutti i membri della Paper Architecture sono architetti praticanti e si potrebbero anche cercare somiglianze tra gli edifici che hanno realizzato e i progetti più visionari degli anni Ottanta. Ma rintracciare le origini in quei disegni sarebbe un errore, sarebbe una forma di vivisezione e, si sa, la vivisezione uccide l'animale e uccide la poesia: l'"Architettura di carta" voleva proprio liberare la poesia, dissociando il progetto dalla sua esecuzione. Per noi era importante concentrarsi sulla presentazione e sulla rappresentazione, sul concetto, e non sul risultato finale. Era come se la luce che illumina il progetto dovesse essere rifratta su altre superfici: progetto non come proiezione diretta, quindi, ma come un processo più tortuoso, come gioco di rifrazioni e riflessi".
Massimiliano Gioni, critico e curatore
Quando vogliamo costruire, esaminiamo prima il luogo, poi disegniamo la pianta e quando vediamo la figura della casa, allora calcoliamo il costo della costruzione. Che fare dunque se troviamo che questo supera le nostre possibilità? Riprendiamo il nostro progetto con meno vani o infine ci asteniamo dal costruire.
William Shakespeare, Enrico IV, parte seconda, atto primo, scena terza.
Le opere presenti in questa collezione occupano un posto importante nel processo artistico contemporaneo. Il termine "architettura di carta" divenne negli anni ottanta il nome dell'omonimo gruppo fondato da un gruppo di giovani architetti moscoviti.
In origine in Unione sovietica il termine "architettura di carta" era dispregiativo: in questo modo venivano definiti negli anni trenta gli architetti/artisti del "decennio d'oro" dell'avanguardia, gli anni venti, dai loro oppositori. Da allora in poi le autorità accomunarono in modo generico con questo titolo qualunque progetto trasgredisse il limite delle norme architettoniche. Consapevoli dell'utopismo idealista dei predecessori, trattati con disprezzo e perfino perseguitati dalla società, i rappresentanti del gruppo Architettura di carta dichiararono nei loro intenti programmatici di volere rinunciare di principio a qualunque dovere applicativo in favore di concetti esclusivamente architettonici/artistici e dal momento che era impossibile che l'industria edilizia usasse questi loro progetti su carta come base di costruzioni reali, preferivano pensarli come "progetti di progetti".
Negli anni ottanta l'Architettura di carta era in Unione sovietica il risultato della inguaribile, inevitabile stagnazione della vita, dell'architettura e dell'industria edilizia e un concorso internazionale di architettura era considerata una gradita possibilità di fuga.
La prima vittoria in uno di questi concorsi finanziato da giapponesi avvenne nel 1981, seguito nel 1984 dalla prima esposizione del gruppo Architettura di carta a Mosca presso la redazione di una rivista giovanile. La prima importante pubblicazione uscì nel 1985 e la prima mostra all'estero fu organizzata nel 1986.
l'Architettura di carta' voleva proprio liberare la poesia, dissociando il progetto dalla sua esecuzione. Per noi era importante concentrarsi sulla presentazione e sulla rappresentazione, sul concetto, e non sul risultato finale
Le carte – acquarelli, disegni, incisioni e serigrafie – esposte in questa collezione sono, da un lato, di diritto opere d'arte e dall'altro accumuli di energie progettuali il cui scopo è espandere gli spazi futuri. Nonostante non costruiscano niente, questi uomini danno forma a qualcosa di importante. Yury Avvakumov, Georgy Nikich