Nel mare interno del Giappone, l'enigmatica nascita di un museo "vuoto" per principio: Ryue Nishizawa e Rei Naito creano un'esperienza sensoriale.
Le masse informi a 'blob' non sono solo un fenomeno recente, così come le costruzioni a curvature contigue non sono semplicemente il risultato di una manipolazione parametrica computerizzata: il modernismo del Ventesimo secolo era, infatti, denso di elementi asimmetrici del tutto arbitrari – dalla Endless House, il progetto teorico di Kiesler, ai movimenti sensuali di Niemeyer in Brasile. Sono forme capaci di rendere sfumato tutto ciò che è quantificabile e di fondere lo spazio intermedio, sollecitando le nostre emozioni.
Il Teshima Art Museum può non rivelare immediatamente la firma del suo architetto, Ryue Nishizawa. E appena lo si scorge tra i campi a terrazze di Teshima, un'isola nel Mare Interno del Giappone, appare certamente anticonvenzionale: il museo si gonfia verso l'alto come fosse un bulbo bianco, un'escrescenza irregolare. Questa nota di irregolarità – il lieve modificarsi della sua morfologia – marca la struttura come qualcosa di diverso tanto da un involucro generico, quanto da un edificio strettamente razionale.
A una prima visita, può sorprendere la grandezza o, per essere più precisi, l'estensione della struttura, che si distende per oltre sessanta metri sull'asse maggiore. Spostandosi nel paesaggio circostante e adattandosi ai mutamenti di quota, l'edificio sembra cambiare volume, gonfiandosi e sgonfiandosi come un dirigibile privo di giunzioni. Si nota, infine, un'apertura che fora la corazza omogenea: un buco circolare e scuro come lo sfiatatoio di un animale immobile.
Strana cosa questo Teshima Art Museum. Non ha un punto di ingresso immediatamente ovvio. L'uso del cemento a vista suggerisce una struttura industriale nel bel mezzo della natura bucolica dell'isola, natura ancora accuratamente modellata. Il cemento, tuttavia, assume anche una forma misteriosamente soffice (cosa mai può contenere?) ed è insolitamente bianco (assenza di colore o somma di tutti i colori?), circondato da campi verdeggianti e, verso il mare Interno, da una cortina d'alberi.
Si nota, poi, un secondo, e più piccolo, padiglione tondeggiante che ospita un negozio e un caffè. Balza all'occhio l'elegante nastro di una passerella di cemento sollevata dal suolo. Si scopre, infine, una biglietteria incassata nel fianco della collina. Quest'ultimo punto segna l'inizio di una passeggiata decisamente sorprendente: la passerella di cemento prende il volo, si stacca dall'architettura e si infila tra gli alberi, offrendo scorci di mare e scampoli di suono provenienti dall'acqua sottostante – il ronzare di una barca lontana – prima di curvare e far ritorno all'enigmatica conchiglia in cemento bianco.
È improbabile che il visitatore arrivi qui completamente impreparato, senza aspettarsi alcuna esperienza sensoriale, culturale o artistica. Il progetto procede, infatti, sui passi della mezza dozzina di edifici realizzati da Tadao Ando a Naoshima, un'isola poco distante, in cui Ryue Nishizawa e Kazuyo Sejima hanno costruito insieme il terminal dei traghetti, scheletrico e ortogonale. Sejima, inoltre, sta lavorando a una serie di padiglioni da incastonare come gioielli nel tessuto del villaggio di Inujima, altra isola contigua. Il tutto grazie al sostegno finanziario della Naoshima Fukutake Art Museum Foundation.
Ecco allora che ci troviamo su un'isola giapponese relativamente remota, a goderci la vita dei villaggi e l'aria dell'oceano, provando a capire l'interezza e l'intento di questa struttura insolita, di una modernità senza compromessi.
Si continua così lungo la stretta passerella in cemento, in leggera discesa, per scoprire il Teshima Art Museum che riemerge dagli alberi, la sua bianca curvatura violata stavolta da un secondo oculo scuro che sprofonda in basso verso il terreno. Si osserva, quindi, una protrusione che si forma uscendo dal corpo principale dell'edificio, come fosse una superficie contigua allungata. Lo sviluppo di quest'arto è troncato accanto al sentiero per consentire l'accesso, attraverso un'entrata simile a un tunnel, al ventre della misteriosa creatura.
Se l'edificio è eterodosso, anche il suo nome è strano, forse persino artificioso. Il Teshima Art Museum è quasi completamente vuoto, privo di contenuto. Il suo interno è fluido, una membrana di cemento che riveste il pavimento e si avvolge a partire dai suoi bordi ombrosi per stendersi sulle nostre teste come un'ininterrotta calotta a forma di cupola. Né colonne, né travature interrompono l'organica unità del volume totale. Allo stesso modo, non vi è all'interno alcun segno dell'atmosfera caotica normalmente associata allo spazio museale.
Nishizawa ha progettato il Teshima Art Museum in collaborazione con l'artista Rei Naito, affascinato dalle sue metodologie e dal suo interesse per i fenomeni naturali associati ad acqua, luce e aria. Una decina di anni fa, Naito ha rifatto una casa tradizionale di Naoshima, incidendo un vuoto lineare sotto pareti opache in argilla e collocando un inscrutabile anello di pietra liscia, sospeso, a prima vista, sopra il pavimento in terracotta. A Teshima, il suo lavoro è ancora più immateriale: non vi è, essenzialmente, nulla.
Nel Ventesimo secolo, architetti e ingegneri, come, per esempio, Félix Candela in Messico e Heinz Isler in Svizzera, hanno definito la progettazione dei gusci in cemento attraverso metodi di ricerca molto pragmatici. Come quei maestri, Nishizawa ha lottato per ottenere il minimo spessore possibile (la sua struttura in cemento armato ha una sezione di appena 250 millimetri) e per far sì che tale leggerezza fosse leggibile senza l'intrusione visiva di travi e, in particolare, di travature di contorno nelle aperture esposte.
Nishizawa, tuttavia, pensa anche per metafore. Paragona la forma della galleria a una goccia d'acqua, a un conglomerato munito di una piccola protrusione (il percorso d'ingresso), a suggerire che la struttura è appena atterrata o si è solidificata da poco. Perché ora l'installazione di Naito raccoglierà l'acqua piovana, permettendo alla natura di penetrare in questo novello organismo attraverso le due grandi aperture prive di vetri. L'acqua non fa altro che raccogliersi in una pozza e coagularsi sulla pavimentazione in cemento.
Dall'interno, l'esperienza dell'esterno si materializza in modi inattesi. Attraverso un oculo, vediamo il fogliame mosso dalla brezza. In alto, il cielo appare come un disco. Blu, grigio, bianco, nero.
È possibile così che abbiate viaggiato molto per raggiungere queste isole, dopo aver sentito parlare del celebre architetto e dell'artista famosa, solo per trovarvi di fronte, sentendovene sorprendentemente ispirati, a quegli elementi che, ogni giorno, circondano tutti noi. Il Teshima Art Museum di Nishizawa evoca la fede nella capacità dell'architettura di far sembrare il mondo piuttosto strano. E, allo stesso tempo, un po' migliore. Raymund Ryan