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Urban-Think Tank. Vuelame a mi barrio

Metro Cable è un progetto antidemagogico per centinaia di migliaia di cittadini dei barrios di Caracas, senz'acqua, senza Internet: un'infrastruttura di trasporto per la vita reale che qui supera ogni immaginazione virtuale.

Luis Cerpa non ha esitazioni mentre si arrampica lungo le aperture ricavate nel terreno che fanno da gradini per arrivare in cima al Barrio 903, una 'provincia' della grande favela di Caracas dove vivono seicentomila persone. Scesi da poco dalla vecchia Mercedes A di Hubert Klumpner – uno dei due architetti di Urban-Think Tank – iniziamo la salita al quartiere di Luis, forse più sicuro di quello di San Agustín, che abbiamo da poco sorvolato con la Metro Cable progettata da Klumpner e Brillembourg.

La bambina, unico altro passeggero (avrà avuto 11 o 12 anni) che sedeva nel vagone sospeso con noi, ha risposto veloce alle domande di Luis, mentre passavamo sopra il campetto di basket, venti metri sotto. "L'altra sera hanno sparato a un ragazzo, qui: lo conoscevi?" " Sì, lo conoscevo. Gli ha sparato un suo amico." "Conosci anche lui?" "Sì, lo conosco" "E tu non hai paura a salire da sola?" "No, io sono di questo quartiere" "Ma anche il ragazzo che è morto era di questo quartiere…". "Sì, era nato qui".

Nel bar dove ci siamo incontrati prima della salita in Metro Cable, insieme a Hubert, Cerpa parla candidamente di un error de planificacion. Rappresenta la parte più sensibilizzata degli abitanti del Barrio: anche vestito con jeans e t-shirt ha l'aspetto curato, i capelli grigioferro tagliati corti, alle mani qualche anello molto visibile, che forse indica la sua autorità non attaccabile, almeno nel suo quartiere. Non coglie la sua stessa contraddizione, come tocca fare a me, in silenzio – quando spiega che i barrios sono molto antichi: sorti con l'immigrazione dalle campagne alla fine degli anni Quaranta, non hanno mai smesso di crescere.

Non è dunque un errore di pianificazione, ma solo un tassello della deregulation capitalista del territorio, ammesso che il capitalismo sia mai stato interessato a una regulation. I barrios hanno accerchiato via via l'intera città borghese, che ora ne sente l'assedio.

Dalla 'terrazza' del Barrio 903 (la quota in metri s.l.m.), un piccolo spiazzo poco più grande degli altri davanti alle case, dove finalmente arriviamo dopo la lunga salita a piedi – l'unica possibile qui dove non è ancora arrivata la Metro Cable – si vede meglio il paesaggio della città 'informale', come elegantemente chiamano il barrio Klumpner e Brillembourg. Qui le regole della statica sono sovvertite: qui stanno in piedi costruzioni che non dovrebbero starci, come pure non dovrebbero starci le duecentomila (forse) persone che ci vivono. Nessuno dovrebbe vivere senz'acqua, senza luce, senza fogne, senza ospedali, senza scuole, senza neppure un luogo dove ritirarsi a pregare che qualcuno si ricordi di te.

Qualcuno deve aver allora ascoltato qualche preghiera fatta in un luogo qualsiasi e ha mandato a lavorare qui Klumpner e Brillembourg. Il ragionamento progettuale è semplice, pragmatico e antidemagogico. È ipotizzabile un risanamento della situazione edilizia in quartieri spontanei dove vivono centinaia di migliaia di persone, in tutto il Venezuela circa il 50% della popolazione? Evidentemente no. Così nasce l'idea di un sistema di trasporto per collegare il Barrio a valle: sarà insieme un servizio pubblico (per chi lavora in città, per gli anziani che non hanno mai potuto visitare i parenti distanti a piedi due ore e mezza, per i bambini che vogliono uscire dal ghetto), un'icona turistica (perché no?), il punto di collegamento tra formalità urbana e informalità suburbana, l'occasione per piccoli interventi di riqualificazione. Così il 12 aprile del 2007 un'assemblea di cittadini della comunità di San Agustín definisce il programma sociale che accompagnerà ognuna delle 5 stazioni della Metro Cable: San Agustín, El Manguito, La Ceiba, Hornos de Cal e Parque Central vengono scelte e designate come punti focali di un'infrastruttura che darà al Barrio anche una palestra, uno spazio multifunzionale, un centro sociale. Il resto, la missione di arrivare al costruito è affidata alle cure dei progettisti, diventati una cosa sola con gli abitanti.

Ci sono messaggi che non si possono dire e i segnali che manda Luis alle persone del suo Barrio sono sottintesi. Guardateli, questi architetti che camminano e vi salutano come me, con me: non hanno camicie costose e scarpe di cuoio lavorato a mano, non portano orologi Rolex, non guidano Porsche. È stato utile il suggerimento di Hubert, "just take off the fanciest things": spogliarsi della natura superficiale dei nostri oggetti per rituali complicati può far bene anche al cuore. Si sentirà forse meno spezzato, dopo aver visto ratti grandi come cagnolini danzare sui rifiuti scaricati con lunghissimi scivoli dalle altezze delle stamberghe; dopo aver sentito più volte il saluto scherzoso tra Luis e i ragazzi che aspettano, non si sa cosa, fuori dalle case: mimare lo sparo di una pistola e il rumore dei colpi che esplodono; dopo aver ascoltato la maestra che dimostra un'età molto più grande della sua, ma che in una stanza grande come la sala di riunioni a Domus, l'unica scuola per i bambini del barrio, con orgoglio mostra i loro compiti, che continua a correggere.

Per chi avesse dimenticato che il Pop è l'essenza stessa del contemporaneo, che tra progetto e icona la distanza è breve, rimane infine l'immagine che colgo dall'auto di Hubert nel viaggio di ritorno. Sulla parete di un sottopassaggio, in quella specie di centro che pure esiste, è già cresciuto un nuovo murale di mosaico ceramico – Trencadís lo chiamerebbero a Barcellona, dove riveste gli incubi di Jujol e Gaudí: qui un Simón Bolívar giovane e ricciuto indica a un bambino le vetture della Metro Cable che volano sopra la città, sulle alture verdeggianti e ridenti, con il cielo azzurro e l'aria pulita, la Caracas di un'utopia socialista che per ora sta solo nei discorsi di governo e nella fantasia dell'artista, naturalmente. In realtà, questa ville fatale sembra soprattutto un incrocio tra Los Angeles – con le sue interminabili freeways che portano sempre nello stesso posto, cioè nessuno, Roma negli anni Sessanta (con le uniche infrastrutture create allora per un futuro che non ha avuto) e La Habana: dove non sono mai stato, ma che deve avere più o meno gli stessi autobus scassati, gli stessi abitanti per cui chiunque è hermano, la stessa paura di non sapere cosa succederà domani o di sapere che non succederà ancora niente.

Allora torno al mio albergo cinque stelle e a un tavolo della sala da pranzo inizio a scrivere quest'articolo. Scrivo perché è la cosa che so fare meglio. Scrivo per non dimenticare il Barrio di San Agustín, la bambina sulla Metro Cable, Luis Cerpa e tutti gli altri abitanti del Barrio 903. Scrivo, anche per non dimenticare Hubert Klumpner e Alfredo Brillembourg, e la loro utopia lucida, generosa e realizzata, almeno per una volta.


Fondato nel 1993, lo studio Urban-Think Tank è diretto da Alfredo Brillembourg e da Hubert Klumpner, responsabili del laboratorio di progettazione S.L.U.M. lab della Columbia University di New York.
Veduta di Hornos de Cal, una
delle stazioni intermedie del
sistema di trasporto Metro
Cable di Caracas. Composto
da tre punti di scambio con il
<i>barrio</i> popolare di San Agustín
(El Manguito, a sinistra, La
Ceiba, Hornos de Cal) e da
due stazioni di partenza (San
Agustín e Parque Central),
il Metro Cable è stato
inaugurato lo scorso gennaio.
Unisce la favela con la zona
centrale e commerciale di
Caracas: gli abitanti del <i>barrio</i>
raggiungono così il centro in
soli venti minuti. A piedi, sono
necessarie due ore e mezza
Veduta di Hornos de Cal, una delle stazioni intermedie del sistema di trasporto Metro Cable di Caracas. Composto da tre punti di scambio con il barrio popolare di San Agustín (El Manguito, a sinistra, La Ceiba, Hornos de Cal) e da due stazioni di partenza (San Agustín e Parque Central), il Metro Cable è stato inaugurato lo scorso gennaio. Unisce la favela con la zona centrale e commerciale di Caracas: gli abitanti del barrio raggiungono così il centro in soli venti minuti. A piedi, sono necessarie due ore e mezza
La stazione La Ceiba
La stazione La Ceiba
La stazione San
Agustín
La stazione San Agustín
La stazione Hornos de Cal
La stazione Hornos de Cal
Il sistema Metro Cable si
connette con la rete dei
trasporti urbani di Caracas:
le aree in giallo identificano
i punti di integrazione tra i due
apparati. Le cinque stazioni
presentano una natura ibrida:
accanto all’infrastruttura
per il trasporto, contengono
spazi riservati allo sport,
alla cultura, all’educazione,
all’amministrazione, al
commercio e al verde pubblico
Il sistema Metro Cable si connette con la rete dei trasporti urbani di Caracas: le aree in giallo identificano i punti di integrazione tra i due apparati. Le cinque stazioni presentano una natura ibrida: accanto all’infrastruttura per il trasporto, contengono spazi riservati allo sport, alla cultura, all’educazione, all’amministrazione, al commercio e al verde pubblico
La stazione
La Ceiba accoglie anche un
centro comunitario, un punto
d’informazione, una palestra
e un supermercato
La stazione La Ceiba accoglie anche un centro comunitario, un punto d’informazione, una palestra e un supermercato
La stazione El Manguito
si trova in una delle zone del
<i>barrio</i> più densamente popolate
e più difficili da raggiungere
La stazione El Manguito si trova in una delle zone del barrio più densamente popolate e più difficili da raggiungere
Le stazioni Hornos de Cal, La Ceiba e El Manguito sono incastonate lungo il crinale del <i>barrio</i>
Le stazioni Hornos de Cal, La Ceiba e El Manguito sono incastonate lungo il crinale del barrio

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