Da qualche tempo, solitamente per una combinazione tra calcolo economico e vanità di campanile, molte città spagnole sembrano ossessionate dall'idea di fregiarsi di nuove architetture di grande richiamo. Bilbao in tal senso detiene il primato: ma recentemente anche Valencia si è lasciata investire da questo fenomeno talvolta discutibile. Santiago Calatrava è stato invitato a progettare un ponte pedonale e ha realizzato anche un museo della scienza, un planetarium e un teatro dell'opera.

L'ultimo progetto realizzato col preciso intento di innalzare il profilo della città è lo straordinario, per quanto sobrio e contenuto, padiglione di David Chipperfield per l'America's Cup, esotico evento sportivo che raduna gigantesche barche a vela provenienti da tutto il mondo. L'impatto dell'America's Cup sulla città va considerato sia dal punto di vista culturale sia da quello commerciale, perciò Valencia ha accolto con enorme piacere la scelta del Paese che detiene la coppa – la Svizzera, che di mare proprio non ne ha – come base per le regate del 2007: la città ha individuato nell'evento un mezzo per attirare l'attenzione su di sé, richiamando nuovi visitatori e investitori secondo una pratica ormai consueta per le città spagnole, dall'Expo di Siviglia alle Olimpiadi di Barcellona. Tuttavia, una regata implica un quadro del tutto diverso.

La Coppa America è un'istituzione quasi aristocratica le cui origini risalgono all'Ottocento, in seguito tradotta e adattata all'era dei super ricchi. Le barche hanno costi stratosferici, richiedono equipaggi di diciotto persone e investimenti massicci, ma anche una ricerca continua di nuovi materiali e tecniche che consentano di migliorare velocità, maneggevolezza, robustezza e peso. Le gare hanno luogo in mare aperto, e non è quindi uno sport che si offra facilmente allo spettatore. Per essere apprezzato, richiede una conoscenza diretta di regole molto complesse, così come di un punto di osservazione privilegiato in mare. Non si tratta quindi della materia prima più incoraggiante da cui partire per creare un complesso architettonico urbano.

Eppure, con l'intervento di Chipperfield, Valencia ha già trasformato l'occasione in un risultato di assoluto rilievo: una vecchia area portuale, situata a ridosso del nuovo porto mercantile della città, è stata trasformata, grazie all'escavazione di un nuovo canale, che collega il bacino al mare, e alla riqualificazione del lungomare: in questo programma, ciò che più impressiona è proprio il padiglione su quattro piani che Chipperfield ha costruito come base e punto di riferimento per tutta la grande famiglia dell'America's Cup – per gli equipaggi, gli sponsor, gli armatori e gli ospiti di riguardo. L'edificio è stato originariamente concepito per essere inserito nella proposta presentata dalla città di Valencia per il concorso dell'America's Cup: il vincitore della scorsa edizione, la Svizzera, aveva diritto di assegnare la competizione a una località di propria scelta.

A disputarsi il privilegio, assieme a Valencia, c'erano Marsiglia, Lisbona e Napoli, e la vittoria è stata assegnata alla città spagnola anche grazie all'impegno, da parte dell'amministrazione locale, di costruire un edificio che diventasse un'icona e un punto di riferimento per la città, oltre che il simbolo della Coppa America sulla terraferma. Eppure Valencia ha avuto a disposizione un periodo di tempo ristrettissimo per onorare l'impegno: dal momento dell'assegnazione dell'incarico all'inaugurazione del complesso sono passati appena undici mesi. Il nuovo padiglione, in pratica, funge da tribuna per gli spettatori, è una piattaforma situata nel mezzo di un paesaggio marino ridefinito a formare un grande anfiteatro che l'abbraccia.

Si tratta di un luogo da dove, seduti oppure in piedi su una delle molte e spaziosissime terrazze, si potrà guardare la flotta in fibra di carbonio mentre viene trainata alla partenza e ricondotta agli ormeggi alla fine di ogni gara: dai ristoranti con pareti vetrate lo sguardo potrà spaziare sul panorama circostante, incorniciato dall'edificio come fosse un'arcata di proscenio. La struttura affronta con destrezza anche problemi di privilegio e accessibilità: è progettata innanzitutto per il popolo delle regate – per gli equipaggi, ma anche per gli armatori, per gli sponsor, e soprattutto per gli ospiti di questi ultimi – così che l'accesso è limitato ai possessori dell'ambito pass con fotografia: segnato dall'ormai familiare stile grafico di Javier Mariscal e portato al collo come un emblema di rango. Tuttavia, Chipperfield ha attentamente integrato il pianterreno con il paesaggio urbano circostante, il che rende la costruzione permeabile, dotata di accesso libero ai ristoranti e ai bar del piano strada. E se i livelli superiori, con le suite per gli sponsor, le sale e le terrazze riservate, sono più esclusivi, le due parti si integrano in modo tale da far sì che il complesso presenti un piacevole equilibrio tra spazi aperti e spazi riservati.

Strutturalmente, Chipperfield ha sovrapposto i piani in modo tale da conferire alla costruzione un volume sufficiente per imporsi sui disordinati spazi aperti del lungomare e del porto. Il padiglione diventa così una piattaforma d'osservazione, per guardare ma anche per esser guardati: quando si affolla, e la gente comincia a stipare le balconate, si ha l'impressione che il suo autore abbia voluto ricalcare le orme di Berthold Lubetkin e della sua famosa vasca per i pinguini dello zoo di Londra.

Per quanto riguarda infine la gamma cromatica dei materiali, si limita a una base in cemento scuro per l'adiacente struttura del parcheggio, a un rivestimento in acciaio bianco, al vetro. Per Chipperfield è l'ingresso in un nuovo territorio del progetto, con una tipologia architettonica inconsueta, guidata dalla voglia di spettacolo del committente ma realizzata con sensuale compostezza.