Per inquadrare il design computazionale e la sua centralità nei processi di progettazione di Nike, Roger Chen, vicepresidente Nxt Digital Product Creation, parte dall’architettura parametrica. Ovvero da quella progettazione “del parametro” che si affida all’algoritmo e alla automazione della macchina per scatenare la creatività umana al massimo del suo potenziale. Citando due nomi sacri, quelli di Zaha Hadid e Frank Gehry, le cui immaginifiche eppure funzionali creazioni non hanno influenzato solo gli architetti del nuovo secolo, ma hanno avuto anche un diretto esito, mi confida Chen, su quello che portiamo addosso… e ai nostri piedi, che magari è partito da uno “schizzo matto”, un disegno impossibile come potevano essere quelli di Gehry o Hadid. Il quale viene poi trasformato, grazie alla scienza dei dati e alla precisione dell’algoritmo, nella geometria che porterà gli atleti a prestazioni da record.
Sono nate così le Nike Zoom Air Freak 1, con cui il grande cestista greco-nigeriano dell’Nba Giannis Antetekounmpo ha trasformato un paio di scarpe in un omaggio alla sua famiglia, la cui eredità è letteralmente inscritta nel progetto della calzatura. Un motivo sulla suola rappresenta tre rose, fiore a cui il padre scomparso di Antetekounmpo, Charles, era particolarmente legato. Un legame ribadito da una scritta dal corpo minuscolo incisa sempre sulla parte inferiore della scarpa, “I am my father’s legacy”; i nomi dei quattro fratelli di Greek Freak sono riportati uno per uno vicino al tallone... tutto questo con una minuziosa precisione “al pixel”, come la definisce Chen; e nel motivo delle rose sulla suola è chiara la “mano” parametrica, come lo è nell’abito perforato che la tennista bielorussa Aryna Sabalenka ha sfoggiato agli Us Open l’anno scorso, il suo primo capo Nike “su misura”.
Un indumento color corallo con gonna asimmetrica di cui si è parlato a lungo per l’audacia visionaria, con pattern dal sapore futuristico, mentre le tante aperture sono state studiate con una precisione “punto per punto”. Il design computazionale ha avuto un ruolo fondamentale anche nel Blueprint Pack, la collezione di 13 scarpe creata per l’estate calda dello sport che ci aspetta nei prossimi mesi a Parigi e ispirata al cofondatore di Nike Bill Bowerman (ne abbiamo parlato qui con il Chief Design Officer dello swoosh, Martin Lotti).
Il rinascimento digitale di Nike
Il design computazionale, usando big data, algoritmi generativi e modellazione parametrica attraverso software avanzatissimi, permette di trovare soluzioni inedite alla richiesta di prodotti sempre più performanti, da un lato, spiega Chen; e di inscrivere in quegli stessi artefatti uno storytelling che era impensabile fosse così dettagliato fino a qualche anno (e tecnologia) fa. “Quando guardi alla complessità dei nostri prodotti, capisci che un designer non potrebbe fare tutto questo usando solo la sua testa”, confida il Vp Nike, senza nascondere l’orgoglio per i risultati raggiunti.
All’origine di questo “rinascimento digitale”, come lo definisce Chen, impossibile non individuare il ruolo di John Hoke, oggi a capo dell’innovazione Nike. Di formazione architetto, è stato proprio sotto la sua gestione del comparto design di Beaverton, tra il 2017 e il 2023, che in Nike ci si è adoperati per tradurre la lezione di quegli “splendidi architetti che hanno ridisegnato i limiti della progettazione”.
Un designer non potrebbe fare tutto questo usando solo la sua testa
Roger Chen, Nike VP NXT Digital Product Creation
Intanto è comparso un MacBook sul tavolo della saletta dove incontro Roger Chen, che ha un background in tecnologia e design, e che si definisce “uno pseudo-architetto”, menzionando anche la passione per Domus: “vi leggo sempre”. Sullo schermo mostra come le informazioni raccolte da Nike vengano poi impiegate nel concreto nella fase di progettazione, in questo caso dell’apparel: in primo luogo dati fisiologici, con temperatura e sudorazione. Poi alcuni esempi di come gli indumenti vengano creati direttamente su un avatar digitale calibrato attraverso il motion capture. Cambia in tempo reale struttura e dettagli, senza compromettere la funzionalità. “Da quello che so, siamo gli unici: tutti gli altri usano ancora i manichini fisici”.
Ma i soli dati, ammonisce Chen, non bastano: il metodo quantitativo è supportato da quello qualitativo. Perché a Nike serve e servirà sempre anche il riscontro degli atleti - da quelli di livello olimpico agli amatori. “Usando insieme data e racconti, possiamo sbloccare nuove conoscenze e progettare in nuovi modi”.
Nike e l’Intelligenza Artificiale
In occasione del lancio della Blueprint Collection in vista di Parigi 2024, Nike ha anche presentato A.I.R., dove il nome fonde AI e Air, un progetto speculativo (che fa un po’ da controcanto sperimentale al Blueprint Pack) con 13 modelli di calzatura creati con l’uso dell’Intelligenza Artificiale per altrettanti atleti d’elite, dal fenomeno degli Spurs Victor Wembanyama alla velocista statunitense Sha’Carri Richardson al capitano della nazionale francese di calcio Kylian Mbappé.
La scarpa Nike è da sempre prodotto, accessorio, moda; ha connessioni culturali, sportive e ovviamente si connette alla storia del brand, spiega a Domus Andy Caine, VP Footwear design. “È un oggetto da creare mescolando tutti questi elementi”, dice. E utilizzando le nuove tecnologie a disposizione. Che richiedono progettisti sempre più bravi, preparati e appassionati. Un passaggio importante: la figura del designer secondo Caine è in piena evoluzione e non può più prescindere dall’avere una forte propensione curatoriale e un grande bagaglio di competenze e prima di tutto conoscenze. Perché il designer di domani, prima ancora di disegnare e progettare, avrà il compito di scegliere.
“Costruire un nuovo dna del futuro, rispettando quello Nike del passato, è qui che la curatela diventa un'interazione davvero forte”, dice Caine. Soprattutto se entra in gioco l’elemento più dirompente con cui la creatività si sia confrontata negli ultimi decenni: ovvero l’Intelligenza Artificiale. Ma come viene usata in Nike? “In un modo probabilmente diverso da come la usano tanti altri”, ovvero con un sistema chiuso, spiega Caine. La filosofia di Nike è chiara. “Noi usiamo l’Intelligenza Artificiale per creare l’immagine e da quel punto in poi iniziamo a esplorare”, ma senza ricorrere a fonti esterne, a immagini pescate esplorando la rete e alla loro rielaborazione con AI generativa, com’è oggi piuttosto diffuso. “Se hai una visione, puoi creare una immagine in autonomia”.
Costruire un nuovo dna del futuro, rispettando quello Nike del passato, è qui che la curatela diventa un'interazione davvero forte
Andy Caine, Vp Footwear Design
Il background come gamer di Caine (che è anche sportivo amatoriale a livello nazionale negli Usa) lo rende un interlocutore molto prezioso mentre attraversa temi come il kitbashing e l’impiego di software in versioni moddate – in Nike si utilizzano anche software sviluppati internamente. Un punto focale del suo accorato racconto a Domus è quello sull’essenziale importanza dell’archivio digitale che Nike sta costruendo delle sue calzature – virtualizzando i modelli chiave fin qui custoditi solo in versione fisica, ma anche integrando nel database tutti quei prototipi che poi non finiscono sugli scaffali. Reference per la progettazione futura, ma anche per addestrare induttivamente l’intelligenza artificiale a capire di cosa parliamo quando parliamo di Nike.
Il designer come curatore
Il designer del futuro prossimo, quello che lavorerà con l’Intelligenza Artificiale al suo fianco, dovrà avere competenze e sensibilità “da curatore” perché si troverà davanti 200 forme “e dovrà scegliere quella giusta su cui lavorare”, spiega Andy Caine, che sorride pensando a come si è evoluto il suo mestiere e quanto ancora cambierà. “Quando ho iniziato a progettare si usavano penne, matite, pennarelli, mentre ora le cose sono cambiate: oltre a penne, matite, pennarelli, poi ci sono computer, modelli 3D e stampanti 3D. E l’Intelligenza Artificiale”.
Si parla spesso di macchine intelligenti che sostituiranno via via il lavoro degli umani. Per il Vp Nike, però, la macchina non sostituirà mai l’intelligenza umana. Sarà uno strumento, anzi un potenziamento, una “augmentation”, la definisce. “Probabilmente vedremo un mondo umano-centrico con una creatività aumentata attraverso gli strumenti di AI procedurale”, prevede lui. “È uno dei migliori momenti per essere creativi da quando sono su questo pianeta”, conclude. Con grande ottimismo, certo: impossibile aspettarsi diversamente da Caine, nelle cui parole traspare l’entusiasmo per il futuro che può avere solo chi ha la fortuna di vederlo da un punto particolarmente privilegiato, ovvero quello di una azienda che ha nell’innovazione la sua arma vincente. Da sempre.
Tutte le immagini courtesy Nike