Nike disegna il futuro



Nike Alphafly 3: l’evoluzione della scarpa da corsa

Nike racconta il processo di design che c’è dietro ad Alphafly 3, la calzatura per la maratona più veloce di sempre.

Come si disegna la scarpa da corsa dei record? In modo radicalmente diverso da qualche anno fa. C’entrano l’evoluzione nella ricerca dei materiali e l’utilizzo in casa Nike di nuove tecnologie e strumenti digitali di progettazione, racconta a Domus il designer Leo Chang, Senior Director, Design Footwear Product Innovation Running. Ma è proprio cambiato il modo di pensarne la forma. Un cambio di paradigma.

Alphafly 3 nella colorazione Blueprint Pack

Fino a un decennio fa, si credeva che quella perfetta fosse una scarpa minima: bassa, bassissima, con volumi ridottissimi e l’impiego di materiali per sottrazione, una intersuola che era una sottiletta. Le Nike Flyknit Racer – con cui ha fatto il suo debutto la tecnologia Flyknit – viste per la prima volta indosso agli atleti ai giochi di Londra del 2012, facevano ancora perfettamente parte di questa categoria. Era un pensiero che risaliva in qualche modo ancora al cofondatore di Nike, il leggendario Bill Bowerman che disegnava sulla tomaia lo swoosh con un pennarello per ridurre al minimo le componenti delle scarpe.

Alphafly 3, la nuova regina della maratona

Ma le cose sono cambiate, racconta Chang quando lo incontro nel campus Nike di Beaverton. In mano ha uno speciale prototipo “didattico” delle AlphaFly 3, le scarpe da maratona oggetto di desiderio dei runner di mezzo pianeta e punta di diamante del Blueprint Pack, la collezione pensata per questa estate di sport 2024 e ispirata al cofondatore di Nike, Bill Bowerman (ne abbiamo parlato qui con Martin Lotti, Chief Design Officer di Nike).

Schizzi preparatori per Alphafly 3

È una sorta di modellino anatomico della Alphafly 3 quello che Chang impugna, smontabile “a strati”, che utilizza per illustrarmi nel dettaglio, una per una, tutte le componenti fondamentali della scarpa – la suola, la spessa intersuola in schiuma ZoomX, la tomaia in Atomiknit 3.0 rinforzata sul tallone, il doppio modulo Zoom Air sotto l’avampiede, il Flyplate in fibra di carbonio.

Nike Alphafly 3

Alphafly 3 è una calzatura dai volumi generosi che ricorda senza dubbio le architetture parametriche più volte citate nella conversazione di Domus con Roger ChenVp Nxt Digital Product Creation. Ed è l’erede diretta di Alphafly Next%, la superscarpa con cui Nike ha fatto la rivoluzione copernicana nel mondo della corsa, sbriciolando il precedente record della maratona ed evolvendo le prestazioni già incredibili raggiunte grazie alle Vaporfly, che per prime avevano abbattuto il topos estetico e soprattutto funzionale della “scarpa minima” rimpiazzandolo con una scarpa leggerissima e iperenergetica, così disruptive che nel 2020 per breve tempo era stata addirittura vietata.

Una nuova filosofia della scarpa da corsa

“Morbida ed energetica, e leggera”: Chang ricorda così il brief che ha portato al passaggio da “quella scarpa da corsa piatta supersottile” all’impiego di un maggiore spessore di schiuma sotto alla tomaia. “Non è solo design, sai?”, osserva, “ma una collaborazione con il team Air, con chimici e ingegneri”. Lo definisce “uno sforzo collettivo”.

L'evoluzione di Alphafly

Per Chang, disegnare una scarpa è prima di tutto “una questione di risoluzione dei problemi” e il problema di quel brief che il suo team aveva preso in carico, e che avrebbe cambiato il corso della storia della scarpa da corsa, era che si stava cercando un materiale inedito, che fosse morbido e al tempo stesso energetico. Quasi un paradosso, per come si ragionava nello scorso decennio. “Se era reattivo, doveva essere rigido. Se lo volevate morbido, era lento”. In più, come ora sappiamo benissimo, doveva essere leggero. Molto leggero. La soluzione sarebbe stata una nuova rivoluzionaria schiuma in cui incapsulare moduli Air ottimizzati per la corsa, Zoom Air – la tecnologia che aveva fatto la storia di Nike diventava così il cuore della sua rivoluzione più futuristica. “Amo le possibilità di design che ti dà Air”, dice Chang. Da lì in poi, una volta trovata la soluzione materiale, si è trattato di puro disegno, “trovare lo giusto spessore, la giusta altezza e la geometria dell’intersuola”.

Un design per gli atleti, con gli atleti

Per creare la migliore scarpa possibile, spiega Chang, sia sotto il profilo funzionale, sia nell’estetica, il confronto con gli atleti è un aspetto centrale. E l’Alphafly probabilmente non sarebbe mai stata come la conosciamo senza il supporto del grande maratoneta kenyota Eliud Kipchoge, “una mente incredibile”, lo descrive Leo Chang, “uno che riesce a pensare il futuro” e grazie al quale si è arrivati a questa ultima versione.

Eliud Kipchoge alla maratona di Berlino con le Alphafly 2 ai piedi

Ma il paradosso della Alphafly 3, che poi è anche la sua gloria, è che spingerà il migliore atleta verso un record mondiale, ma resta la stessa scarpa che permette a runner di tutto il globo di raggiungere il proprio personale record. E superarlo. In totale coerenza con la filosofia Nike. Prima del lancio, la nuova regina della corsa è stata provata a lungo da svariate tipologie di runner, dal campione al semplice amatore. Ma il risultato spiega il designer è “senza compromessi”. Siamo di fronte a una calzatura inclusiva. E incredibilmente innovativa. “Ovviamente, facendo innovazione, vogliamo spingere i limiti il più possibile”, spiega Chang, accennando anche al fatto che il suo team sta già lavorando all’erede di Alphafly 3. “D’altra parte, [noi di Nike] abbiamo una innovazione così incredibile che chiunque deve poterne approfittare, no?”.

Tutte le immagini courtesy Nike

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