“La design industry possiede una storia di lunga data mentre il mondo della sostenibilità, come lo conosciamo oggi, esiste da poco. La vera sfida è fare incontrare questi due mondi. Il primo step che un’azienda deve compiere oggi è quello di includere la sostenibilità nella propria governance. Per Arper la sostenibilità non è un semplice task ma un elemento strutturale presente all’interno dell’azienda: è necessario tempo, dedizione e studio per lavorare con attenzione su questo aspetto, anche dal punto di vista legislativo”.
A parlare è Andrea Mulloni, Head of Sustainability di Arper, azienda internazionale di design, fondata nel 1989 dalla famiglia Feltrin, con una spiccata sensibilità nei confronti di pratiche responsabili a tutto tondo, dal design del prodotto ai processi aziendali e produttivi, dalle politiche di riuso e riciclo fino ad arrivare all’utilizzo di materiali a ridotto impatto ambientale. “Il secondo step è creare punti contatto”, prosegue Mulloni. “La sostenibilità non è un’attività verticale, ma è per definizione un elemento trasversale. Ogni progetto tocca tutti gli ambiti aziendali, dalla logistica al prodotto, passando per la parte finance. Incontri, formazione, counseling sono propedeutici per incorporare la sostenibilità all’interno dei processi aziendali”.
A proposito di processi aziendali, quando si parla di raggiungimento dello sviluppo sostenibile si associano talvolta criticità dal punto di vista economico. Per Mulloni è qualcosa di primaria importanza, far comprendere che la sostenibilità è un alleato: “Vale per tutte le industry, non solo per il design: è innegabile la presenza di costi ma si tratta di uno sforzo che ripaga sul lungo periodo. Dobbiamo spostare il punto di vista, è un grande passo in avanti ma non è banale: da sostenibilità inquadrata solo come elemento compliance a vero e proprio asset strategico. Per Arper il processo è cominciato nel 2005”. Anno in cui l’azienda trevigiana ha creato il Dipartimento Ambientale Arper, impegnandosi per ottenere le principali certificazioni di settore e misurare il proprio impatto lungo l’intera filiera.
Tra gli altri strumenti al servizio di questo percorso c’è la tecnologia: ma che peso ha all’interno dei processi aziendali per trovare nuove soluzioni che vadano nella direzione di un minor impatto ambientale? “Spesso la tecnologia viene considerata come la panacea di tutti i mali”, spiega Mulloni. “La tecnologia è un abilitatore, non dobbiamo delegare tutto alla tecnologia nella speranza che le risposte arrivino un po’ da sole. Il cambiamento arriva grazie all’intuizione e alla mente dell’uomo, e in questo senso la tecnologia è d’aiuto per velocizzare e valorizzare i processi”.
L’attenzione verso le tematiche ambientali, negli addetti ai lavori ma anche nei consumatori finali, è un dato in continua crescita. In modo eterogeneo dal punto di vista geografico e anagrafico, ma in crescita. “La curva della richiesta del mercato si inarca molto più velocemente rispetto al tempo necessario per cambiare il proprio modello di business. Il mercato chiederà ai brand standard ambientali sempre più elevati: dunque la sostenibilità è un valore che stiamo costruendo ed è sempre più necessario per essere competitivi domani. Un valore etico, di sensibilità, di crescita culturale”.