Una sede a Milano, una succursale a Roma, uno stabilimento produttivo a Bologna e progetti sparsi in tutto il mondo, Medit è leader nella produzione di tende a rullo. Ce ne parla Raffaele Varano, CEO dell’azienda in carica da poco più di un anno.
Medit, la complicità delle tende nella gestione della luce
Il CEO Raffaele Varano racconta l’evoluzione dell’azienda e della tenda a rullo, concepita come un sistema integrato che, a partire da componenti standardizzate, integra performance, sostenibilità e domotica.
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- Giulia Zappa
- 08 settembre 2020
Quando nasce e di cosa si occupa Medit?
Medit nasce nel 2011 dall’esperienza di Silent Gliss, azienda leader nel settore delle tende a rullo fondata in Svizzera da Carl Minder nel 1952: all’interno del Gruppo è la realtà più giovane pur beneficiando di un’esperienza molto profonda nel settore. Il “sistema tenda” può essere considerato arcaico, perché parliamo di un prodotto che non si è innovato in maniera sostanziale negli ultimi 50 anni. Inoltre, si tratta di un prodotto che viene spesso banalizzato, sebbene quando osserviamo un building dall’esterno vediamo spesso un 70, 80% di tende a rullo. Quello che cerchiamo di fare è ripensare il prodotto ogni volta in maniera critica: per questo stiamo proponendo nuove motorizzazioni, nuovi movimenti delle tende, nuovi tessuti con caratteristiche rinnovate sia in termini tecnici che di appeal.
Lavorate in molteplici settori, dagli uffici, all’hotellerie, al residenziale, fino ai trasporti e alla nautica. Come rispondete alle prerogative di settori così diversi?
La nostra filiera ci permette di intervenire con componenti standardizzati per arrivare a definire un prodotto su misura, permettendo ai nostri clienti di non avere vincoli nella fase di disegno. Stiamo lavorando molto sul movimento: pensi a dieci tende che possono muoversi con un solo telecomando creando effetti scenografici come un’onda, o che possono alzarsi ed abbassarsi ognuna con una sua temporalità. Inoltre ci stiamo impegnando molto sulla domotica, che consideriamo un’espressione del bello: recentemente abbiamo fatto un albergo in Puglia dove le tende risalgono automaticamente quando toccano un oggetto, così da evitare di accartocciarsi. La capacità di mettere a punto soluzioni su misura su ogni scala, intervenendo sia nel contract che nel retail, è la forza di Medit.
Ci raccontate qualche progetto che vi ha coinvolto nell’ultimo periodo?
Siamo stati chiamati ad implementare il sistema di tendaggi alla Facoltà di Veterinaria di Lodi quando l’università era già operativa. Il progetto,
firmato da Kengo Kuma & Associates, ci sollecitava ad inserirci con delicatezza all’interno di un progetto dove la luce ha un ruolo centrale nel ciclo vitale dell’edificio. Abbiamo attrezzato sia le aule che i laboratori e gli uffici, spazi con caratteristiche di luce e ergonomia estremamente diverse, sviluppando uno studio di sistema che ha preso in carico le tempistiche, l’ottimizzazione della luce solare, il risparmio energetico, l’insonorizzazione, e la domotica. A questo proposito, il complesso è uno dei pochi edifici pubblici universitari che è collegato in domotica ad una stazione metereologica che governa la gestione di queste migliaia di tende che si alzano e si abbassano a seconda del tempo.
La sostenibilità è una parola che viene rivendicata spesso, come l’applicate concretamente?
Io vengo della chimica e ho sempre avuto chiaro come il recupero non sia sinonimo di scarto, di penalizzazione obbligatoria, quanto di impiego di qualcosa che altrimenti non avremmo usato a sufficienza. Per questo credo che la sostenibilità sia un’opportunità che ci costringe a standardizzare alcuni prodotti in modo da poter utilizzare prodotti riciclati per un numero sempre crescente di componenti. È per questo che i nostri tessuti possono essere riciclati, i nostri componenti in alluminio sono in alluminio riciclato, mentre quelli in plastica vengono in buona parte da prodotti riciclati: abbiamo in collezione tre tessuti certificati SeaLife, e che dunque utilizzano solo PET recuperato dagli oceani.
All’inizio di questa intervista mi ha detto che il settore della tenda non ha conosciuto sostanziali cambiamenti, eppure mi sembra che l’innovazione sia sempre chiamata in causa.
È un po’ come il tergicristallo dell’auto, da cinquant’anni è rimasto lo stesso ma dietro è cambiato tutto. Questo ci porta a pensare: cosa posso innovare in un bastoncino che va avanti e indietro? Se ci pensa, la tenda è un semplice rullo che si avvolge, però dietro ci posso fare tante cose.
Cos’è il progetto Safe by Medit?
Abbiamo voluto dare il nostro contributo sviluppando delle barriere che fossero allo stesso tempo abbastanza economiche e soprattutto semplici da montare e trasportare. Avevamo vinto una gara per il reparto di rianimazione dell’ospedale di Bolzano e appena è scattata l’emergenza Covid-19 ci hanno chiamato chiedendoci di sviluppare dei separatori. La semplicità della soluzione tecnica individuata si è tramutata in velocità del sistema, anche grazie all’immediato coinvolgimento del nostro impianto produttivo di Bologna.
Abbiamo parlato di tende e vorrei parlare di luce. Per voi che filtrate la luce di lavoro, quale valore le attribuite?
Quando sono arrivato nel 2019, Medit era ancora definita un’azienda di schermature solari: abbiamo cancellato immediatamente la parola schermatura preferendogli il concetto di gestione luce. Veniamo interpellati perché la luce dà fastidio: noi non dobbiamo coprirla, ma renderla bella e vivibile, funzionando contemporaneamente da barriera termica sia d’estate che di inverno, e mantenendo quel respiro che, si tratti di un ufficio o di una residenza, ci permette sempre di mantenere vivo il nostro sguardo verso l’esterno.