“1948. La Biennale di Peggy Guggenheim” occupa solo due sale ma sa raccontare tante storie. Innanzitutto, quella dello sbarco a Venezia della collezionista d’arte statunitense Marguerite (Peggy) Guggenheim, che lasciò New York, e il marito Max Ernst, per installarsi sul Canal Grande nel Palazzo Venier dei Leoni, dove sposterà la sua collezione in maniera definitiva. Poi quella della prima esposizione pubblica di una collezione di arte moderna in Italia dopo due decenni di regime dittatoriale, con 136 opere di Peggy installate negli spazi del padiglione che le fu concesso dalla Grecia che, devastata dalla guerra civile, aveva deciso di non partecipare.
Una piccola mostra da cultori celebra a Venezia il genio di Peggy
La Peggy Guggenheim Collection rende onore alla sua fondatrice ricostruendo il suo padiglione alla Biennale del 1948.
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- Loredana Mascheroni
- 11 giugno 2018
- Venezia
Proprio nel 1948 la Biennale cominciò a ricoprire un ruolo internazionale sulla scena dell’arte moderna e contemporanea: fu allestita una mostra sugli impressionisti curata da Roberto Longo, una retrospettiva su Picasso e una mostra che includeva artisti messi all’indice dal Nazismo come Otto Dix e Karl Hofer. Infine, “1948” racconta dell’incontro di Peggy con Carlo Scarpa – “l’architetto più moderno della città” – che iniziava proprio quell’anno la sua collaborazione con la Biennale e che curò l’allestimento a quattro mani con la curatrice.
La Biennale di Peggy fu un successo. Esponeva la raccolta più rappresentativa fino ad allora in Europa di “opere dell’arte non-oggettiva”, offrendo esempi di tutte le scuole artistiche, dal Cubismo al Futurismo, dal Dadaismo al Surrealismo e all’Espressionismo astratto. Come scrisse nell’autobiografia Una vita per l’arte, “…il mio padiglione divenne uno dei più popolari della Biennale. Tutto ciò mi emozionava terribilmente, ma quel che mi piacque di più fu veder comparire nei prati dei giardini pubblici il nome Guggenheim accanto a quelli della Gran Bretagna, della Francia, dell’Olanda, dell’Austria, della Svizzera, della Polonia […] Mi sembrava di essere un nuovo Paese europeo”.
In Italia, dopo due decenni di regime dittatoriale, 136 opere di Peggy furono installate negli spazi del padiglione della Grecia che, devastata dalla guerra civile, aveva deciso di non partecipare.
Il passaggio da Grecia a Guggenheim venne annunciato al pubblico della Biennale con un manifesto triangolare appeso a mo’ di pareo sull’arcata centrale dell’ingresso al padiglione con la scritta in corsivo “Collezione Peggy Guggenheim”. Fu una dichiarazione indiretta sull’estemporaneità di un’operazione fuori dal coro. Peggy aveva colto al volo l’occasione offerta dall’artista Giuseppe Santomaso, che convinse l’allora segretario generale della Biennale Rodolfo Pallucchini a colmare il vuoto del Padiglione greco. Nelle project room Gražina Subelytė – assistant curator del museo diretto dallo scorso anno da Karole P.B. Vail, nipote di Peggy–trasmette lo spirito e i dettagli più minuti di quell’evento epocale.
Innanzitutto, con il modellino del padiglione realizzato da Ivan Simonato, che ha ricostruito perfettamente i dettagli strutturali dello spazio e quelli delle tele che vi furono esposte basandosi su dieci fotografie in bianco e nero dell’archivio Guggenheim: si riesce così a ripercorrere visivamente quella sequenza di opere studiata per far leggere il passaggio tra le varie scuole artistiche, i tratti comuni e le differenze. E poi con una selezione di documenti, fotografie e lettere sull’istrionica “art addict” che nel 1948 fu al centro di una sorta di rivoluzione nel mondo dell’arte e di un dibattito acceso che coinvolse pubblico e critica, affascinata e scioccata allo stesso tempo, come emerge da alcuni titolo di alcune riviste dell’epoca: “La fiera delle meraviglie o Guggenheim – arca di Noè?”, o “Spiacenti, abbiamo riso”.
Completa idealmente la mostra sul settantesimo della Biennale di Peggy l’esposizione delle undici opere di Jackson Pollock della collezione Guggenheim nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni – esposte straordinariamente per la prima volta negli untimi vent’anni. Cinque di queste erano parte della mostra del 1948, insieme agli altri capolavori delle avanguardie storiche. Un’occasione in più per spezzare la full immersione nell’architettura della Biennale appena aperta.
In apertura: Peggy Guggenheim on the steps of the Greek Pavilion with Interior (1945, unknown location) by her daughter Pegeen Vail, 24th Venice Biennale, 1948
- 1948. La Biennale di Peggy Guggenheim
- Gražina Subelytė
- Peggy Guggenheim Collection
- 26 maggio – 25 novembre 2018
- PGC, Project Rooms – Palazzo Venier dei Leoni
- Dorsoduro 701, Venezia