L’editoriale di Mario Cucinella è parte di “Arcipelago Italia”, lo speciale dedicato al Padiglione Italia, in allegato a Domus 1025, il numero di giugno 2018.
“Arcipelago Italia” scopre la biodiversità espressiva del nostro Paese
Alla Biennale Architettura 2018 di Venezia, il Padiglione Italia esplora le aree del nostro Paese dove le comunità si esprimono in un diverso rapporto tra dimensione urbana e territorio.
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- Mario Cucinella
- 28 maggio 2018
- Venezia
“Arcipelago Italia” è il tema del Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2018 di Venezia, una proposta che sposta l’attenzione dell’architettura dalle grandi metropoli a quello spazio fisico del nostro Paese dove, anche nelle epoche più remote, le comunità si sono storicamente espresse in un diverso rapporto tra dimensione urbana e territorio. Si tratta di territori spazialmente e temporalmente lontani dalle grandi aree urbane, ma detentori di un patrimonio culturale inestimabile, con peculiarità che pongono l’Italia in discontinuità rispetto all’armatura urbana europea, permettendo di identificarla come uno “spazio urbano nel Mediterraneo”, per usare le parole di Fernand Braudel. L’eterogenea identità culturale di questi territori, riflessa nella diversificazione del loro paesaggio, unita a una vasta estensione territoriale e alla lontananza dai servizi essenziali, ci ha spinto a considerarne il rilancio come un tema strategico per l’intero Paese.
In questi ultimi anni l’attenzione dell’architettura si è focalizzata sulle grandi opere nelle aree urbane, tagliando fuori più di quattromila Comuni, che pure rappresentano il 60% del territorio nazionale e il 25% della popolazione, perdendo quella biodiversità espressiva che preferisce la giusta misura ai gesti grandiosi. In quest’ottica, vogliamo dar voce a quel ricco e prolifico mondo dell’architettura empatica che si esprime in piccole azioni di miglioramento e di dialogo, capaci di affrontare il rapporto, ovviamente mai completamente risolto, tra la storia, il contemporaneo e il paesaggio. Soltanto così il lavoro degli architetti può tornare a un ruolo di responsabilità sociale. È stata portata avanti, tramite una call, un’indagine conoscitiva con l’obiettivo di individuare esempi concreti, per sottolineare il ruolo che l’architettura contemporanea potrebbe svolgere all’interno di insediamenti distanti sì dai grandi centri, ma in grado di riacquistare centralità nel dialogo tra nuove esigenze, stratificazione storica e paesaggio. Sono arrivati più di 500 progetti per mezzo dei quali è stato possibile attraversare la penisola nella sua parte più intima (foreste, borghi e piccoli centri). Ne è risultato un quadro eterogeneo e molto articolato.
In un contesto caratterizzato dall’emergenza post-sisma e dalla necessità di ricostruire, si trovano pochissime opere contemporanee di qualità. In questo arcipelago emergono comunque il coraggio e la creatività di professionisti che svolgono il proprio lavoro quotidianamente con progetti anche di piccole dimensioni, interventi di cucitura e rammendo che adottano linguaggi semplici ed empatici, di enorme valore, attraverso i quali si cerca di trovare un dialogo con il contesto e con le necessità locali per il rilancio dei territori. Come il tempo ha dimostrato, dissociare l’architettura dalle persone e dai bisogni si è rivelata un’operazione dannosa, che da una parte ha creato un’idea di modernità sempre più estranea alle diverse culture e comunità, e dall’altra ha determinato una mancanza di qualità e bellezza. Non si tratta solo di costruire o ricostruire, ma di intercettare ambizioni e bisogni. Per questo abbiamo messo in atto una politica di ascolto, anche grazie alla collaborazione con Ascolto Attivo, per capire dove si è spezzato quell’anello che per secoli ci ha permesso di interpretare i desideri dei territori e di trasformarli in architettura.