Aperto nel 1985 a Tokyo da Shigeru Ban (Tokyo, 1957), Shigeru Ban Architects ha tre uffici: oltre a quello nella capitale nipponica, a Parigi e New York, coordinati rispettivamente da Nobutaka Hiraga (Tokyo 1949), Jean de Gastines (Casablanca, 1957) e Dean Maltz.
L'attività dello studio spazia da progetti allestitivi e di industrial design alla realizzazione di case unifamiliari, edifici pubblici e grandi strutture temporanee. A tale attività, Shigeru Ban Architects affianca un impegno costante nel fornire supporto in occasione di grandi disastri naturali: le soluzioni messe a punto dallo studio sono state utilizzate per offrire ripari domestici, spazi religiosi e collettivi agli sfollati del Ruanda, del Nepal, della Cina, dell'Italia, del Giappone e della Turchia.
L’impiego di materiali inconsueti, la ricerca di soluzioni essenziali e l’invenzione di spiazzanti sistemi costruttivi sono attributi costanti delle architetture di Shigeru Ban Architects. La Casa a doppio tetto a Yamanashi (1993), la Furniture House (Yamanashi, 1995), l'Atelier per un artista (Setagaya, Tokyo 2006), il Paper Theatre ad Amsterdam (2003), lo studio Shigeru Ban Architects a Parigi (2004) o il Nomadic Museum a Santa Monica (2006) mostrano come semplici tubi di acciaio, mobili prefabbricati, elementi delle scaffalature d'ufficio e carta pressata se sapientemente impiegati possono essere utilizzati per usi strutturali.
Il leitmotiv di una grande e sorprendente copertura a traliccio in legno basata su un disegno esagonale e retta da un ordine gigante di pilastri contraddistingue, nelle sue diverse declinazioni, il Centre Pompidou-Metz (2000), l'Haesley Nine Bridges Golf Clubhouse (Corea, 2010) o l'edificio YufuInfo (Oita, Giappone, 2018). Spetta invece alla decorazione, che assume l'aspetto delle trame di tessuti, riscattare la semplicità lineare del Museo d'arte di Aspen, in Colorado (2014) o del Prefectural College of Arts and Culture di Oita (Giappone, 2015).
La cifra dei lavori di Shigeru Ban Architects, nelle sue diverse declinazioni, risiede nel trasformare l’usuale in straordinario, il grezzo in raffinato, il fragile in resistente: tutti motivi propri della cultura dell’Estremo Oriente.