Sarebbe fin troppo facile riconoscere nel lavoro di Atelier Kempe Thill – studio di progettazione fondato dagli architetti tedeschi André Kempe (Freiberg, 1968) e Oliver Thill (Karl-Marx-Stadt, 1971) e oggi con sede a Rotterdam – la reiterazione di quel linguaggio rigorosamente moderno e calvinista che definisce lo standard progettuale dell'Europa centrale.
Analogamente a progettisti quali Durisch+Nolli o Meyer Piattini, Kempe e Thill traducono certamente la razionalità e la sobrietà eminentemente cartesiana delle forme in architetture efficienti. Tuttavia, l'asciuttezza e la riproposta quasi a-stilistica dei loro edifici richiama riflessioni più ampie, che non possono non ricondurre al grande dibatto tra la regola e l'eccezione attivato nella teoria e nella pratica progettuale architettonica e urbana tra gli anni Ottanta e Novanta: periodo di formazione per il duo.
Partendo così da ‘modelli’ estratti dalla tradizione costruttiva moderna, Kempe e Thill avviano sofisticate analisi e processi di ‘montaggio’ tipologico, formale e simbolico – per dirla alla Giorgio Grassi – basati su un abaco linguistico ridotto ma, proprio per questo, capace di dare vita a trame urbane più facilmente riconoscibili e a successioni spaziali maggiormente accoglienti. Una strategia archetipica universale applicata tanto a nuovi monumenti (Dutch Pavilion IGA, Rostock, 2013) quanto a complessi residenziali (quartiere Nieuw Zuid ad Anversa, 2017).
Non fa eccezione il campus per l'educazione professionale a Genk, appena terminato, basato su una rigorosa sequenza di scatole trasparenti a impianto quadrato e quasi asettiche nelle loro essenzialità. Ogni edificio, sembrano qui affermare ancora una volta Kempe e Thill, è una parte di città, così come ogni città è parte di una gabbia: ma in fondo sono proprio le gabbie a liberare maggiormente ogni interpretazione dello spazio.