Stéphanie Bru (Sainte Gemmes d’Andigné, 1973) e Alexandre Theriot (Moulins, 1972) fondano il loro studio a Parigi nel 2007. Fanno parte di quella generazione di architetti che si è affacciata alla professione agli inizi della grande recessione, una condizione che probabilmente si riflette nel loro modo di intendere l’architettura, che definiscono come un coltellino svizzero, uno strumento da applicare ai contesti più diversi, riconciliando tutti i campi della conoscenza.
La loro audacia progettuale è enfatizzata negli interventi urbani, soprattutto in quelli realizzati in contesti di margine, spesso con un committente pubblico e un budget ridotto, a partire da progetti di infrastrutture sociali elastiche come quello del Cultural and Sports Center (2014) nel quartiere parigino di Saint-Blaise, o il New Generation Research Center a Caen (2015), entrambi catalizzatori di attività collettive e urbane in cui sembrano riverberarsi le esperienze dei SESC brasiliani.
Il primo è un volume traslucido, compatto e permeabile, alto 17 m, con un nucleo strutturale e distributivo di cemento armato e una serie di altri corpi a sezione triangolare, fra i quali rimangono spazi flessibili aperti. A Caen, l’intervento è un landmark urbano di 28 m di altezza, in un’area in fase di rigenerazione: sollevato sulla grande piazza coperta che è il piano terra, fa della trasparenza la manifestazione dell’ambizione collettiva del programma.
Richieste diverse sono state affrontate nel progetto per le residenze per ricercatori Julie-Victoire Daubié (2017) alla Cité Internationale Universitaire parigina, dove hanno a disposizione un lotto triangolare esiguo e difficile, dati i soli tre metri che lo separano dal Boulevard Périphérique. Il piano terra si articola seguendo la sezione del terreno ed è sovrastato da un volume cubico in cui gli elementi del distributivo si insinuano separando due ali di residenze, coronate da spazi collettivi.
Bruther coniuga un raffinato pragmatismo tecnico a una grande capacità di interpretazione del contesto: la struttura, nei loro progetti, è intesa come condizione primaria che dà forma alla tipologia spaziale di un edificio. La tecnica è un pharmakon da governare per ottimizzare spazi e costi e da sfruttare per corrispondere alle responsabilità sociali che l’architetto deve al contesto in cui opera, inteso qui come condizione sociale ed economica del luogo specifico, da cui partire per generare un’architettura responsiva e contemporanea, esaltando ciò che è già latente.