John Thackara, How To Thrive in the Next Economy: Designing Tomorrow’s World Today, Thames & Hudson, London 2015.
Il mondo di domani, oggi
Siamo sicuri che i valori su cui stiamo costruendo il futuro del mondo occidentale siano i migliori? Risponde John Thackara che nel suo ultimo libro descrive i tasselli di un puzzle che arriverà presto a comporsi, provocando un radicale “cambio di paradigma”.
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- Stefania Garassini
- 14 ottobre 2016
Se ormai diamo per scontato che il World Wide Web sia diventato principalmente il più grande mercato mai concepito dall’uomo, con un pubblico di dimensioni planetarie cui si propongono pubblicità e prodotti di ogni tipo con sistemi sempre più avanzati e innovativi, non è male che qualcuno ci ricordi quali erano le promesse di Internet ai suoi albori. E come sia possibile tenerle vive anche oggi. Nel suo recente libro How to thrive in the next economy, John Thackara, giornalista, scrittore, teorico del design e organizzatore per molti anni del festival “Doors of perception”, dedicato al design in un’accezione ampia, come ricerca di strategie per un futuro sostenibile, ci invita a guardare meglio, per rispondere alla domanda che ormai pochi si pongono nei suoi termini più radicali, ovvero: “siamo proprio sicuri che i valori su cui stiamo costruendo il futuro del mondo occidentale siano i migliori?”. E anche quando è chiaro – come nel periodo di crisi in cui ci troviamo – che il modello di una crescita sempre più esasperata, che finisce col depredare senza scrupoli l’ambiente, non possa essere perseguito impunemente ancora per molto, si stenta a ipotizzare scenari che siano realmente alternativi.
Il primo intento di Thackara è farci fermare a riflettere su ciò che ormai diamo per scontato, ma che non lo è affatto. Se osserviamo con più attenzione la società della quale siamo partecipi, come sotto la lente di un microscopio, ci apparirà un mondo del quale forse nemmeno sospettavamo l’esistenza, dove pullulano forme di condivisione e riutilizzo di risorse negli ambiti più disparati, dalla salvaguardia dei corsi d’acqua al riciclo di componenti informatici. Si tratta di esperienze di ridotte dimensioni, nella maggior parte dei casi marginali, ma che hanno il merito di indicare una via, una possibile uscita d’emergenza rispetto a quella che Thackara descrive come una folle corsa verso l’autodistruzione. E in questa corsa la tecnologia, che – almeno nel caso di Internet – era nata come possibile alternativa radicale a un’economia dominata dalle multinazionali e dal monopolio della produzione di contenuti da parte di un numero limitato di aziende editoriali si è di fatto rivelata la migliore alleata possibile di questo sviluppo apparentemente inesorabile favorendo una tendenza di mercato verso la continua e rapida sostituzione dei dispositivi che, secondo i ben noti dettami della Legge di Moore, invecchiamo irrimediabilmente nel giro di pochi mesi. Thackara riprende da Marx il concetto di “rottura metabolica” (“metabolic rift”) tra l’umanità e il pianeta Terra, per descrivere l’ottundimento collettivo che c’impedirebbe di percepire con chiarezza la nostra relazione con l’ambiente attorno a noi.
Si può riparare? È scopo del libro rispondere proprio a questa domanda. E non si tratta di una risposta banale. Il volume contiene infatti una seria e documentata ricognizione (l’apparato bibliografico e le note sono imponenti) che esplora vari ambiti di vita e di attività umane, dall’alimentazione alla tutela delle risorse idriche, dal vestiario alla mobilità, dall’urbanistica alla sanità. Il filo rosso è l’invito a non dare mai per scontato che le situazioni di disagio, spreco, inefficienza possano essere affrontate esclusivamente in modi già collaudati e tradizionali e che, quando i problemi non si possono risolvere, si debba far ricorso a quell’atteggiamento oggi piuttosto esaltato di “resilienza” (la resistenza passiva, che consiste nell’andare avanti comunque).
C’è un modo diverso di guardare quelle situazioni, e non è pura utopia: perché si fonda su esperienze concrete, visibili e sperimentabili. Non è detto, per esempio, che disseminare l’India di città ad alto tasso di tecnologia sia davvero una soluzione. Nella sua riflessione sui possibili metodi alternativi per abitare gli spazi, Thackara passa in rassegna le miriadi di piccoli servizi, basati sullo scambio e la condivisione, creati dai cittadini nei sobborghi delle metropoli in giro per il mondo, una sorta di “urbanistica fai da te” come la definisce lo stesso autore. “L’attività più preziosa oggi nelle economie urbane è quella che trae beneficio dalla prossimità”, scrive l’autore, che sogna città “mosaico”, “arcipelaghi e patchwork”, di scambi, incontri e condivisione di spazi nelle quali il ruolo della Rete e della condivisione è di primaria importanza e dove si può arrivare a gesti radicali come quello – citato – di una coppia di Torino che ha reso agricolo un terreno su cui era costruito un piccolo garage, per regalarlo al figlio.
Nel volume si parla della possibilità di ripristinare spazi verdi eliminando costruzioni, di favorire lo sviluppo di un’architettura urbana basata sull’evoluzione della flora e della fauna di una città. Thackara con un tono ottimistico e con visione chiara ci vuole portare a scorgere, nelle realtà che descrive i piccoli tasselli di un puzzle che, come sostiene lo stesso autore, arriverà presto a comporsi e provocherà un radicale “cambio di paradigma”, secondo la definizione di Thomas Kuhn, per rifondare l’economia su presupposti totalmente diversi.
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