How to make a Japanese house

Nel suo libro, Cathelijne Nuijsink invita il lettore a seguirla in una delle sue infaticabili passeggiate tra i sobborghi residenziali di Tokyo, permettendogli di assistere in diretta alle sue conversazioni con numerosi architetti di tre generazioni diverse.

Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012, (pp. 328; € 39,50)

Fino a qualche tempo fa, alla parola Giappone il mio cervello avrebbe reagito elaborando una precisa sequenza: manga, lotte marziali, karaoke e svariate suggestioni cinematografiche. E, ancora, gli eroici e potenti ritratti delle architetture metaboliste, insieme alle immagini di metropoli avvinte da una crescita apparentemente informe, come per esempio quelle dei Tokyo Suburbia di Takashi Homma. Poi, un pomeriggio del 2007, arriva la sorpresa: un'eccentrica casa giapponese, fotografata in maniera irresistibile da Iwan Baan per una rivista di architettura olandese. Quello che ancora non sapevo è che, da quel momento in poi, innumerevoli blog e riviste cartacee non avrebbero più potuto fare a meno di alimentare un incontrollabile flusso di piccole residenze giapponesi. How to make a Japanese house, scritto da Cathelijne Nuijsink per NAi Publishers, è il risultato di un'approfondita ricerca sul tema dell'architettura domestica giapponese del XXI secolo, e si propone come una bussola per districarsi con lucidità nella giungla di case monofamiliari a 2 o 3 piani che caratterizza il paesaggio in continua trasformazione di Tokyo.

Chi si aspetta un catalogo di edilizia residenziale sarà però sorpreso. Con questo testo, l'instancabile critica di architettura e design vuole piuttosto essere seguita in una delle sue tante passeggiate tra i sobborghi residenziali di Tokyo, permettendo di assistere in diretta alle conversazioni tenute con numerosi architetti, dai veterani Kengo Kuma, Kazuyo Sejima, Manabu Chiba, ai giovani Junya Ishigami e Ryuji Nakamura.

Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012. Dettaglio della copertina

I progetti delle eccentriche casette smettono così di apparire come semplici modellini di architettura, per trovare collocazione in un sistema più ampio di riferimenti. Tre interventi monografici di Yoshiharu Tsukamoto, Taro Igarashi e Jun Aoki, insieme a sei saggi tematici dell'autrice, indagano la relazione tra piccola scala, quartiere e metropoli, per poi soffermarsi sulle diverse implicazioni sociali e politiche che hanno determinato le scelte progettuali di tre generazioni a confronto ('50, '60, '70). Nel libro, Naoki Terada paragona la progettazione delle case moderne, alla preparazione di piatti tipici della cucina giapponese. How to make a Japanese house, possiede forse già nel titolo il senso di un'opera, che magari non è in grado di trasformare il lettore in un perfetto miya-daiku (artigiano costruttore) giapponese, ma che intanto rivela gli ingredienti, mescolati con destrezza ed eclettismo, da questa nuova generazione di architetti giapponesi.

Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012. Vista pagine interne

Fabrizia Vecchione: Dopo aver lavorato come giornalista per tanti anni, puoi essere considerata la portavoce europea dell'architettura giapponese a scala domestica. Come mai ti sei avvicinata tanto a questa cultura?
Cathelijne Nuijsink: Perché sono curiosa delle cose sconosciute (e in Giappone ce ne sono tante), e ho molta pazienza. Nei primi due anni in cui ho frequentato l'Università di Tokyo (2005-2008) camminavo in continuazione per le strade della città, prendendo nota delle mie osservazioni per capire come funzionasse quella specifica realtà urbana. Terminata la tesi di Master, che si basava proprio su quelle osservazioni, avevo bisogno di scoprire quale fosse il contributo della giovane generazione degli architetti giapponesi a questo contesto. Dato che all'epoca si sapeva ben poco dei giovani architetti (quelli nati tra il 1970 e il 1980), ho cominciato a contattarli uno per uno, ad andarli a trovare in studio e a indagare i loro rispettivi metodi progettuali. Per valutare le loro posizioni intellettuali (in generale gli architetti dicono cose bellissime, ma io desidero "toccare con mano" i loro progetti) ho messo a confronto gli architetti con le loro opere di recente costruzione, che sono per lo più case residenziali monofamiliari. Dopo essere tornata più volte negli studi per nuove interviste, condotte in giapponese, penso che gli architetti abbiano capito le mie intenzioni e che perciò mi abbiano permesso di andare a visitare le loro nuove opere, accompagnandomi addirittura nella visita. Devono essere state oltre 300 le case monofamiliari che ho visitato in Giappone negli ultimi sei anni.

Perché le abitazioni giapponesi sono tanto importanti per capire l'architettura giapponese?
CN: Basta dare un'occhiata al portfolio di un architetto giapponese e si scopre che tutti gli architetti giapponesi contemporanei hanno iniziato la carriera progettando abitazioni. Anche a maestri come Kengo Kuma e Toyo Ito, che oggi gestiscono grandi incarichi in Giappone e all'estero, di tanto in tanto piace progettare una piccola abitazione come esercizio di vivace e creativa sperimentazione. A differenza degli edifici pubblici, come i palazzi per uffici e i musei, le abitazioni sono intrise di cultura. Bisogna comprendere la cultura giapponese per riuscire a capire come i committenti riescono a vivere comodamente in queste "case d'architetto".

In questo libro racconto la storia di quel che passa per la testa di chi progetta, tentando di rilevare ciò che connette gli architetti di una stessa generazione, e ciò che invece rende il loro approccio unico
Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012. Vista pagine interne

Quali sono per te gli ingredienti comuni e le proporzioni canoniche che fanno di un'abitazione una casa giapponese?
CN: Quel che tutti i progetti del mio saggio hanno in comune è il contesto urbano, la rigidità delle normative edilizie, le limitate dimensioni del lotto e il budget ristretto. Tuttavia, dato che ogni architetto risponde agli specifici requisiti di ogni famiglia, non si può parlare di "elementi comuni" ma piuttosto di temi ricorrenti. Poiché in Giappone le abitazioni sono la risposta alle trasformazioni politiche, economiche e sociali, questi temi cambiano ogni paio d'anni. Gli architetti giapponesi che progettano abitazioni oggi, per esempio, sono molto interessati a creare un collegamento tra la casa e il quartiere, dando modo ai committenti di trovarsi un proprio spazio confortevole piuttosto che prescrivere una funzione precisa, e trovando modo di reintegrare degli elementi naturali.

Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012. Vista pagine interne

Ciascun caso preso in esame è quindi differente dal seguente. C'è un filo conduttore che collega tra loro tutte queste abitazioni?
CN: Ci sono tantissimi libri fotografici che mostrano queste "esotiche" casette giapponesi, ma nessuno spiega il contesto, l'intenzione degli architetti e la vita dei committenti dentro la casa. In questo libro racconto la storia di quel che passa per la testa di chi progetta, tentando di rilevare ciò che connette gli architetti di una stessa generazione, e ciò che invece rende il loro approccio unico. Questa duplice struttura chiarisce che in Giappone l'architettura non è solo creazione di edifici moderni bianchi e sterilizzati, ma che si tratta soprattutto di una disciplina progettuale che si trasmetta direttamente da maestro ad allievo.

Cathelijne Nuijsink, How to make a Japanese house, NAi Publishers, Rotterdam 2012. Vista pagine interne

Il tuo libro comprende saggi e interventi monografici. Questa componente teorica preannuncia una futura ricerca o un'opera teorica?
CN: Certo. Non ho ancora finito con questa ricerca! Ho iniziato il mio lavoro sul campo in Giappone perché avevo bisogno di scoprire che cosa pensavano gli architetti giapponesi, senza farmi troppo influenzare da teorie occidentali. Ora che ho analizzato le varie concezioni progettuali e le ho documentate in questo libro sono pronta a collocare le abitazioni in un contesto culturale, sociale e storico. Dato che il libro nasceva a fianco della mia ricerca di dottorato all'Università di Tokyo, e ora è compiuto, sono di nuovo in pista. Al momento sono ricercatrice all'Università di Pennsylvania di Philadelphia e parallelamente ai miei studi d'architettura giapponesi svolgo un programma di ricerca di antropologia, storia moderna e studi di genere sempre incentrati sul Giappone. Tra un po' aspettatevi quindi una pubblicazione accademica sull'architettura domestica a piccola scala e sulla cultura che gravita intorno a queste case.