Designer di fama mondiale, protagonista di numerose stagioni artistiche e associato alla nascita di un nuovo concetto di made in Italy, Enzo Mari è stato soprattutto un grande critico e animatore del dibattito sul design, “coscienza del design”, come Alessandro Mendini lo ha definito su Domus in un editoriale del 1980. Infatti attraverso la sua lunga carriera, in parallelo alle centinaia di oggetti progettati e prodotti — anzi molto spesso alle loro origini — si sviluppa un'attività di incessante ricerca di matrice filosofica che investe gli ambiti della psicologia, dell'antropologia e della politica, e che si esprimerà in libri e progetti divenuti leggendari.
Enzo Mari
"Il progettista non può non avere una sua ideologia del mondo. Se non ce l’ha, è un imbecille che dà solo forma alle idee altrui." (Enzo Mari, 1997)
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Mari non è un designer, se non ci fossero i suoi oggetti mi importerebbe poco. Mari invece è la coscienza di tutti noi, è la coscienza dei designers, questo importa.
A. Mendini, Domus 607, 1980
Questa trasversalità che sempre caratterizza la figura di Enzo Mari si costruisce già nella peculiarità del suo percorso di formazione. Nato a Novara nel 1932, Enzo Mari studia arte all'Accademia di Brera dal 1952 al 1956, e si interessa, oltre che di letteratura, di teorie e pratiche della percezione e degli aspetti sociali della pratica del design: costruzione logica dell'opera d'arte, modalità di comunicazione basate sull’estetica, risposta del fruitore. Queste prime riflessioni prendono forme differenti.
Enzo Mari, Struttura n. 895 (64 lampade, 64 interruttori, un supporto di plexiglas e acciaio, cm 87,5 x 74 x 203), esposta alla mostra Luce e movimento alla Galleria dell'Ariete a Milano. In Domus 458, gennaio 1968.
Gian Emilio Simonetti, Mino Ceretti, Fernando De Filippi, Franco Fortini, Enzo Mari, Pierluigi Nicolin, Gio Pomodoro, Ernesto Treccani, nella contestazione che, nel maggio 1968, impedirà l’apertura della mostra Il Grande Numero alla XIV Triennale di Milano, curata da Giancarlo De Carlo. Foto: Cesare Colombo.
Foto Federico Villa
Foto Federico Villa
Foto Danese Milano
Foto Danese Milano
Enzo Mari, Simboli Sinsemantici, Danese
Enzo Mari, playground, Carrara, 1967
Enzo Mari, Il posto dei giochi, Danese, 1967. In Domus 458, gennaio 1968.
Milano, 1974, Enzo Mari nel suo studio
Enzo Mari, modello 1123XD della sua Proposta per un’autoprogettazione, 1974. Il tavolo oggi è prodotto da Artek
Foto Fabio e Sergio Grazzani
ABS, 20 cm. x H. 30,5 cm.
Enzo Mari, sedia Sof Sof, Driade, 1972
Ritratto di Enzo Mari con alcuni dei suoi progetti, tra cui il tavolo Frate e la sedia Delfina
Enzo Mari, sedia Delfina, Driade, 1974. In Domus 801, febbraio 2002
Enzo Mari, sedia Box, Anonima Castelli, 1976
Enzo Mari, sedia Tonietta, Zanotta, 1985. In Domus 666, novembre 1985
Struttura in profilati di acciaio verniciati nero antracite collegati da una trave in massello di faggio. Piano in vetro temperato spessore 12 mm. Dimensioni: cm l.130-200-210-225-275-300 x p.80 x h.72
Enzo Mari, annuncio di ricerca di giovane imprenditore. In Domus 869, aprile 2004
Editoriale di Alessandro Mendini con la lettera a Enzo Mari. In Domus 607, 1980
Enzo Mari nello showroom Driade, Milano, 2012
Mari entra infatti nel gruppo italiano dell'Arte Cinetica, articolata poi nella mostra Arte Programmata del 1962 a Milano, e in quell'ambito entra in contatto con Bruno Munari. Nascono così le prime sperimentazioni grafiche e progettuali che Mari produrrà per la ditta Danese (lo zoo-puzzle in legno 16 animali è prodotto dal 1957); ma nascono anche le sue prime opere cinetiche (proiezioni a luce polarizzata, strutture a effetti multipli che evolveranno nelle Strutture degli anni ‘60, indagini nella percezione visuale dei dati in materiali dello spazio) che, articolate nel loro rapporto con la produzione in serie, saranno fondamento programmatico per il gruppo italiano del movimento croato “Nuove Tendenze”, di cui Mari diventa coordinatore nel 1963, In quegli anni inizia il suo legame sentimentale con la critica d'arte e curatrice Lea Vergine, legame destinato a durare fino alla loro morte, avvenuta a distanza di un giorno l'uno dall'altra nel 2020.
La grafica diventa la sua iniziale porta d'accesso ad una riflessione sulla forma concepita non come compiacimento di gusti o tendenze, o delle richieste della committenza, ma come linguaggio per stimolare, smuovere il pensiero nei destinatari. È la base degli animali e dei frutti nelle serigrafie de La serie della natura (1961) per Danese, ma è parimenti il fondamento delle grafiche sviluppate per Ceramiche Gabbianelli, tra cui si distingueranno le collezioni Serie elementare del 1967, Traccia del 1978 e Decorato a mano del 1981.
Io sono un artista e lavoro come un artista, proprio per questo, perché so che cosa è l’arte, non sopporto gli oggetti sculture perché sono soltanto il frutto delle arti applicate... L’artista è colui che dà forma a un valore collettivo, in cui tutti si riconoscono.
Enzo Mari. Domus 791, 1997
Mari approccerà sempre il progetto da una posizione di artista o di filosofo. Molti dei suoi progetti sono studio delle pratiche umane e strumento per la loro crescita: Enzo Mari è infatti un grande sperimentatore di linguaggi visivi (come nei suoi Simboli sinsemantici del 1972) e un innovatore del design del gioco o per l'infanzia; dal suo playground realizzato a Carrara nel 1967, superficie quadrata definita da 8 monoliti disposti lungo i lati, al coevo paravento in cartone serigrafato Il posto dei giochi per Danese, alle stesse stampe ed oggetti già citati, tutto costituisce una piattaforma permeabile, aperta all'interpretazione all'invenzione.
Mari è anche critico del processo del design, come questione di ordine politico (come nella mostra Falce e martello: tre modi in cui un artista può contribuire alla lotta di classe, tenutasi a Milano nel 1973) ma soprattutto di ordine antropologico (come riassumerà in 25 modi di piantare un chiodo, libro del 2011), epistemologico e professionale: è del 1974 Autoprogettazione, un leggendario sistema di regole generali per creare mobili economici, di alta qualità è durata usando soli chiodi ed assi grezze.
Questa azione critica e formatrice di Enzo Mari si traduce anche in una vasta attività didattica, cominciata nel 1963 presso la Società Umanistica di Milano, e proseguita nei corsi di Design e Architettura del Politecnico di Milano e di Storia dell'Arte presso l'Università di Parma, e un incessante produzione di testi teorici e critici, da Funzione della ricerca estetica (1974) a La valigia senza manico. Arte design e karaoke (2014), passando per la Ipotesi di rifondazione del progetto (1978) e Progetto e passione (2000).
Mari riceve lungo la carriera numerosi premi, tra cui il Compasso d'Oro dell’ADI (associazione che presiede dal 1976 al 1979), nel 1967 per le sue ricerche, e nel 2011 alla carriera, ma anche nel 1979 con la sedia Delfina per Driade; nel 1987, con la sedia Tonietta per Zanotta; nel 2001, per il tavolo Legato, sempre per Driade.
L’opera di Mari come progettista per la produzione non conosce infatti pausa, sviluppandosi in concorso con l'opera teorica. Mari produce numerosi oggetti tra cui — oltre a quelli già citati — il vassoio Putrella (1958), il vaso doppio Pago Pago 1969, gli iconici calendari perpetui Timor e Formosa (1963), la sedia Sof Sof (1972) e il tavolo Frate (1974), collaborando con Danese, Driade, Zanotta, Alessi, Hermès, Muji e altri grandi marchi internazionali, mai rinunciando alla sua posizione di pensatore e artista, con una missione formativa verso il pubblico e verso i produttori stessi, arrivando nel 2004 a pubblicare su Domus un annuncio di ricerca per un giovane imprenditore che fosse capace di coraggio, umiltà, discernimento.
Enzo Mari ha partecipato a numerose mostre in diverse vesti, e gliene sono state dedicate altrettante. Organizzatore nel 1965 della mostra di Nuove Tendenze alla Biennale di Zagabria, è contestatore alla Triennale del 1968 con Andrea Branzi e altri radicali suoi contemporanei, e poi protagonista nel 1972 di Italy: the New Domestic Landscape, l'iconica mostra del MoMA di New York curata da Emilio Ambasz che pone le basi della fortuna di un nuovo design italiano, dove svettano anche Vico Magistretti, Ettore Sottsass, Paolo Lomazzi, Joe Colombo, Superstudio e Archizoom. mentre da tempo i suoi oggetti sono parte delle collezioni di istituzioni come lo stesso MoMA, la Triennale di Milano e lo Stedelijk Museum di Amsterdam, nel 1983 l'Università di Parma gli dedica una prima grande mostra personale, cui ne seguono altre fino alla grande antologica Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli, aperta nel 2020 alla Triennale di Milano.
Da sempre mi sono trovato coinvolto per caso all’interno di una poetica — come l’arte programmata — perché ero in un momento di mia formazione: chiedevo alla scuola d’informarmi, cercavo qualcuno che mi aiutasse; e nella carenza che constatavo, precostituii una piccola grammatica individuale. Subito dopo, mi proposi di spiegare anche agli altri, come a me stesso, la magia dei meccanismi dell’arte, della tensione artistica. Invecchiando, ho capito come sia quasi impossibile svelarli agli altri davvero.
Enzo Mari, Domus 694, 1988