Tablet, trasformabile 2-in-1 o semplicemente portatile. Non è facile definire il Concerto, un dispositivo così avanti su sui tempi da non avere una definizione precisa. Nato nel 1993 da Compaq, l'azienda che sarebbe stata acquisita da Hp nel 2013 per poi sparire nel buio, Concerto racchiudeva in una piccola scocca in plastica grigia un computer completo. Ma c'era di più.
Compaq Concerto, l'impossibile computer touch del 1992
Come gli odierni 2:1, grazie alla tastiera staccabile diventava una tavoletta con cui si interagiva tramite una penna.
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- Alessio Lana
- 04 luglio 2019
La sua punta di diamante infatti era la tastiera removibile. È qui che il Concerto si dimostrava una macchina d'avanguardia tanto da essere definito un Apple Newton completo e senza limiti. Una volta tolta la sua Qwerty completa, il Concerto diventava un computer indipendente utilizzabile grazie a una penna capacitiva. Quello che tanti anni dopo avremmo definito un tablet (basta pensare che la parola stessa è entrata nel dizionario Treccani nel 2012), con l'unità centrale dotata di un piedistallo che permetteva di tenere lo schermo in verticale anche dopo aver tolto la tastiera.
Certo, ciò che rimaneva tra le mani dopo aver tolto la tastiera era ben poca cosa visto con gli occhi di oggi. Nella scocca quadrata era racchiuso un display Vga monocromatico da 9,5 pollici con risoluzione di 640×480 pixel, processore Intel 80486 da 25 o 33 Mhz, 4 megabyte di RAM, 120 o 240 megabyte di memoria fisica e lettore integrato di floppy da 3,5 pollici.
A far girare il tutto pensava il Dos in versione 6.2 più Windows for Pen Computing Version 1.0, un pacchetto software per Windows 3.1 con estensioni dedicate all'utilizzo della penna capacitiva (Pen Computers era il primo nome dei tablet). Quest'ultima era stata realizzata insieme a Wacom, l'attuale re delle tavolette grafiche. Simile a una comune biro e alimentata da quattro batterie a bottone, veniva rilevata anche se era a una distanza di qualche centimetro dallo schermo, permettendo di muovere il puntatore senza toccare il display. Bastava poi un tocco sullo schermo per simulare il clic del mouse mentre un tasto a doppia azione permetteva di realizzare sia il doppio clic che il clic destro.
Insomma, il Concerto era un unicum e come tale aveva un prezzo da capogiro. Appena uscito in Italia costava 4,7 milioni di lire, circa 3.700 euro di oggi, almeno il doppio di un portatile del tempo. Scontava l'essere troppo avanti sui tempi e il suo fiore all'occhiello, la penna, non era poi così precisa. Proprio come altri dispositivi “avveniristici” (Apple Newton in primis), il riconoscimento della scrittura a mano stentava: era l'uomo che doveva imparare a scrivere come voleva la macchina e non viceversa. Un fattore questo che ne decretò l'eclissi nel giro di pochi anni.