“Nei prossimi 10 anni, il mondo vivrà cambiamenti impensati, molto forti. Non solo disruption negativa, ma soprattutto positività: lavori nuovi, scenari inediti, grandi opportunità di conoscenza e business mai viste nella storia. Tutto grazie al digitale e al suo sviluppo”. Tutto tutto? “Tutto. Nel senso però che, essendo il digitale una tecnologia abilitante, questo processo accelerato sposterà il valore aggiunto altrove”.
Uno come Riccardo Donadon avrebbe potuto seguire il destino a cui lo condannavano geografia e demografia. Classe 1967, trevigiano, borghese, maturità classica al collegio Pio X, qualche corso da svogliato a Psicologia a Padova, Donadon avrebbe potuto rimanere sereno nell’approdo naturale dell’azienda di famiglia, come avevano fatto, facevano e avrebbero fatto tutti quelli come lui in quel Triveneto che, pur senza strade, era ancora la locomotiva d’Italia. Per la verità, ci provò a lavorare col padre, per qualche anno, ma sebbene Treviso gli piacesse molto, la sua testa era rivolta altrove: all’America, al cinema, agli spazi e, soprattutto, a quella cosa incredibile che nel 1990 era appena nata. “Internet mi folgorò. Per questo, accettai la proposta dei Benetton: creare e guidare nel 1995 un team per raccontare online la realtà sportiva del gruppo”. Nacque così Mall Italy Lab, il primo centro commerciale virtuale italiano (ceduto con successo a Infostrada e ancora oggi vivo e vegeto).
Da allora è storia. Nel 1998 questo giovane alto, mite e ostinato saluta col sorriso e con solo otto fidi amici lancia E-Tree, un concept che diventa subito l’agenzia per i servizi Internet italiana, 26 miliardi di lire di fatturato nel terzo bilancio, Ebit super e 160 dipendenti. Un boccone goloso per Etnoteam, che lo acquisisce catapultando Donadon nella laguna di Ca’ Tron, di fronte a Venezia, a lavorare giorno e notte al suo sogno maturo. “H-Farm è stata da subito una piattaforma diversa, pensata per realizzare nuovi modelli d’impresa, ma soprattutto per accompagnare la transizione al digitale e rendere consapevoli i giovani del suo potenziale”.
Consapevolezza, in effetti, potrebbe essere la traduzione corrente di H-Farm, che è strutturata come un campus da Silicon Valley, ma resta una formula unica al mondo, soprattutto dopo l’inaugurazione del nuovo progetto che potrà ospitare 2.000 studenti. “H sta per human, perché le persone sono al centro di tutto ciò che facciamo: servizi, relazioni, interazioni. Human, perché sono le persone che fanno la differenza. Il futuro che abbiamo sognato è appena agli inizi e qui si impara a esserne consapevoli, acquisendo i mezzi per diventare padroni delle opportunità di questo cambiamento di scenario che non si fermerà per il Covid-19, anzi”.
Donadon ne è convinto e si capisce, perché la sua voce diventa ancora più bassa. “La pandemia ha fatto saltare settori interi e ne ha messi in crisi altri che sembravano indistruttibili, come il sistema della moda. A una società come la nostra, l’epidemia ha offerto invece opportunità enormi, non solo in termini di clienti. Finalmente, tutti hanno compreso le possibilità del digitale e la sua inevitabilità. Anche per questo H-Farm è stata quasi sempre aperta, salvo la fase di lockdown che da noi è durata pochissimo: i nostri insegnanti sono quasi sempre venuti in sede e, da qui, hanno fatto lezione online. Idem per gli altri due settori di H-Farm”.
Così, se quando si parla d’imprenditori di successo in Italia si cita spesso il Rinascimento e quasi mai a proposito, nel caso di Donadon il parallelismo ha senso. Perché, come ha spiegato bene il filosofo Eugenio Garin, il potenziale creativo fu solo l’altra faccia della sagacia imprenditoriale del Cinquecento. “Perché siamo entrati nel mondo della scuola? Per offrire tecnologia, strumenti e contenuti di nuova generazione, capaci di preparare lo studente non al passato o al futuro, ma al presente. Senza presente, infatti, non c’è niente, e un’idea che non diventa concreta, una visione che non produce valore, non è nemmeno un’idea”.
Nel nuovo campus, inaugurato lo scorso 7 settembre, la visione di Donadon si manifesta in tutta la sua portata e fisicità: otto edifici capaci di ospitare fino a 3.000 persone e 2.000 studenti residenti nel più grande polo d’innovazione in Europa, tecnologicamente all’avanguardia, oltre che altamente sostenibile perché autosufficiente per l’85 per cento grazie a sistemi fotovoltaici di accumulo e di scambio di energia.
“Abbiamo pensato a un format internazionale, per erogare una flessibilità non garantita dal sistema nazionale. Questo però non ci ha impedito di accordarci con una classe-pilota delle superiori che riceverà il nostro visore di realtà virtuale Oculus Quest, con cui il docente spiega il sistema solare e lo studente lo vive con un’esperienza immersiva”. Non un’idea, ma un progetto concreto che apre le porte al XXI secolo, dove l’edificio iconico è firmato da una star del Novecento, Richard Rogers. “È stato lui a chiedere di partecipare, dopo avere visto il master plan all’ultima Biennale di Venezia. La cosa che l’ha colpito di più? Credo sia lo spazio, che è l’altra grande scoperta dopo il coronavirus. Uno spazio che diventerà un parco attrezzato con oltre 27 ettari di territorio di area boschiva aperta al pubblico in cui verranno piantumati circa 3.500 nuovi alberi e piante che consentiranno il ripristino della biodiversità originaria della zona. Perché senza presente non c’è futuro, ma senza armonia e rispetto, il presente te lo puoi scordare”.
Nato a Treviso nel 1967, Riccardo Donadon è il fondatore di H-Farm che oggi, nelle sedi di Ca’ Tron, Milano, Torino e Catania, impiega 600 persone e che, dal 2015, è quotata nel segmento AIM in Borsa. Dal 2013 al 2018 è stato nell’advisory board di Unicredit e dal 2013 è nell’advisory board dell’Università Ca’ Foscari.