"Così fan tutti" è il nome con cui era nota la campagna che tra il 1974 e il 1987 generò un entusiasmo sino ad allora mai visto nella storia della pubblicità italiana, sovvertendone per sempre i canoni anche oltre i confini nazionali.
“Così fan tutti”: una mostra sulla decennale campagna pubblicitaria Jägermeister a cavallo tra ’70 e ’80
Una mostra a Bolzano traccia la storia della campagna che ha sovvertito le regole della pubblicità selezionando persone comuni come soggetti creando un compendio visivo dell'evoluzione estetica degli italiani.
Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
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Foto: Giusi D'Orsi, Jean-Pierre Maurer
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- Lorenzo Ottone
- 03 maggio 2021
Concepita dall'agenzia pubblicitaria GGK su commissione dell'imprenditore Karl Schmid, importatore italiano del liquore alle erbe, e realizzata assieme al fotografo Jean-Pierre Maurer e alla art buyer Giusi D'Orsi, la campagna pubblicitaria era costruita sullo slogan 'Bevo Jägermeister perchè...' e ruotava attorno al casting di persone comuni, di ogni età, sesso ed estrazione sociale. I ritratti – in cui i soggetti mettevano orgogliosamente in mostra una bottiglia diJägermeister – erano poi accoppiati a frasi ironiche o maliziose che illustravano la loro passione per la bevanda.
Inizialmente lanciata nel 1972 dalla GGK Düsseldorf per il mercato tedesco, la campagna pubblicitaria fu presto adottata anche in Italia a partire dal 1974. Sviluppata sul modello della Unikat Kampagne che rompeva con il tradizionale approccio hard sell incentrato sulla ripetizione di un singolo annuncio, la campagna sviluppata dalla GGK Milano riproduceva le pubblicità una volta sola, utilizzando soggetti diversi per ogni pubblicità. Questa tecnica, per altro, risultava un prezioso escamotage capace di tenere a bada l'autorità che spesso tacciava di eccesiva malizia le frasi concepite dai copywriter.
L'approccio della Unikat Kampagne generò così un entusiasmo che, attraversando tutta la nazione, addirittura portò le persone a fare a gara a chi, sfogliando le pagine di giornali e riviste, riusciva a collezionare il maggior numero di varianti dell'inserzione. Su un più profondo piano di lettura, la campagna risulta inoltre incredibilmente anticipatrice dei tempi nella sua intuizione di sovvertire la ricerca di canoni di bellezza universali da parte dell'industria pubblicitaria. "Così fan tutti", dunque, fu capace di segnare la transizone dell'individuo da ricevitore a comunicatore, iniziando a suggerire l'incipiente avvento della post-modernità e di quella che Umberto Eco avrebbe definito come 'società aperta'. Nel trasformare potenziali clienti in soggetti, le pubblicità Jägermeister strizzavano inoltre l'occhio all'approccio Warholiano di elevare persone comuni a icone pop.
Nei quattro anni iniziali, i soggetti erano selezionati da Schmid, Maurer e dai pubblicitari della GGK tra amici e conoscenti. Con l'aumento della popolarità della campagna pubblicitaria, e la conseguente necessità di trovare volti sempre più unici ed eccentrici, la art buyer freelance Giusi D'Orsi fu reclutata dalla GGK. D'Orsi divenne così presto fondamentale al successo della campagna. Utilizzando il suo appartamento come uno studio di casting, la art buyer riceveva potenziali soggetti e li ritraeva su Polaroid. Gli scatti venivano poi inviati alla GGK i cui art director selezionavano 15 volti ogni mese, in alcuni casi studiando anche costumi come quelli da suora o antico romano poi utlizzati nelle inserzioni.
I soggetti e il copywriting iniziarono così a evolvere di pari passo, diventando sempre più malizosi e provocatori in parallelo alla crescita esponenziale della campagna ed alla dimunzione dei vincoli morali nella società italiana. Uno dei pochi annunci che ritraeva una celebrità, il cantautore Sergio Ednrigo, facendo leva sulla nota malinconicità dei testi e del volto dell'artista recitava "Bevo Jägermeister perchè mi mette allegria."
D’Orsi ricorda il momento imbarazzante in cui le fu chiesto di scoutare un Punk. "Andai in esplorazione in alcuni centri sociali dove mi guardavano con sospetto. Che esperienza!" Altrettanto difficile, sul piano umano, fu la richiesta di selezionare dei clochard, che Giusi riuscì a rintracciare in una mensa comunitaria milanese.
In retropsettiva, la campagna "Così fan tutti" fu capace di andare oltre al folklore e a riuscite strategie di comunicazione, offrendo un fondamentale compendio dell'evoluzione dell'estetica italiana attraverso un intero decennio: dai tagli di capelli a quelli di barba e baffi, passando per il fitting dei vestiti e per le montature degli occhiali.
In parallelo agli scatti ufficiali, sia Maurer che D'Orsi iniziarono a sviluppare un archivio personale fatto di fotografie scattatte, senza l'iconica bottiglia in vetro verde, rispettivamente professionalmente e su Polaroid. Se gli scatti di D'Orsi sono caratterizzati dall'intimità e dalla spontaneità propria di un sessione improvvisata in un set domestico, quelli di Maurer si distinguono per i fondali e le luci da studio, il cui gusto estetico e le palette furono ispirate dalle tele di Caravaggio.
Questo raro e inedito materiale privato, originariamente non concepito per essere pubblicato diventa ora soggeTto di un catalogo e di una mostra che ripercorrono la storia di una delle più iconiche campagne della storia della pubblicità europea. Curata da Michele Galluzzo e Stefano Riba, "Così fan tutti. 1974-1983. Gli archivi privati di Giusi D’Orsi e Jean-Pierre Maurer" si svolge come una mostra sia fisica che digitale presso il Foto Forum di Bolzano fino al 22 Maggio.
Immagine di apertura: soggetto sconosciuto ritratto per la campagna pubblicitaria “Così fan tutti” Foto: Giusi D'Orsi.
Foto: Giusi D'Orsi
Foto: Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi
Foto: Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi
Foto: Jean-Pierre Maurer
Foto: Giusi D'Orsi
Foto: Jean-Pierre Maurer
Foto: Jean-Pierre Maurer