Come spiega bene Ralph Keyes, viviamo nell’era della post-verità, un’epoca in cui i fatti oggettivi hanno sempre meno influenza sull’opinione pubblica rispetto alle emozioni e alle convinzioni personali. In questo contesto, gli artisti contemporanei si interrogano sul ruolo dell’arte nel mettere in discussione le narrazioni dominanti e nel far emergere le contraddizioni (e i bias) dell’intelligenza artificiale. Riflette su questi temi The Models, l’installazione interattiva del duo londinese dmstfctn (sigla che sta per "demystification"), sviluppata durante una residenza presso il Tecnopolo Manifattura Data Valley Hub di Bologna, in risposta a una sfida lanciata da Sineglossa sul tema delle fake news.
The Models si inserisce in un filone di pratiche artistiche che mettono in discussione la visione dominante dell’intelligenza artificiale come strumento neutrale o meramente funzionale.
L’opera si muove su un confine labile tra realtà e finzione, utilizzando maschere digitali animate da modelli di intelligenza artificiale per improvvisare all’infinito sketch teatrali ispirati alla Commedia dell’Arte. “L’opera è una serie infinita di scene teatrali create all’interno di un motore per videogiochi. La caratteristica è quella di una simulazione in tempo reale, proprio come un videogioco”, spiegano gli artisti. Attraverso questa struttura aperta e imprevedibile, The Models esibisce la natura ambivalente dei Large Language Models: la loro tendenza a mentire, a inventare storie, a risultare eccessivamente amichevoli o, al contrario, ostili e manipolatori (sempre nel tentativo di imitare la natura umana).
La peculiarità dell’opera risiede nella sua capacità di rendere visibili le dinamiche con cui le IA generative costruiscono narrazioni. Le maschere digitali, animate dal Supercomputer Leonardo, non si limitano a ripetere informazioni, ma elaborano storie, confabulano, si contraddicono, perdono il filo del discorso. Questa performance algoritmica non mira a un fact-checking diretto, bensì a un’esperienza immersiva che mostra in che modo questi modelli possono mentire senza intenzione maliziosa, senza un disegno manipolatorio consapevole.
“Sulla verità non ci interessava ‘smascherare’ i momenti in cui l’AI mente, quanto avere un’esperienza di come questi modelli possono mentire senza un’intenzione maliziosa, senza antropomorfizzazione. Il concetto stesso del mentire è umano. L’aspetto manipolatorio, l’intenzione dietro la bugia, è prettamente umano”, spiegano i creatori di The Models.
Un elemento chiave dell’installazione è il plot complicator, un “oggetto” narrativo che introduce superstizioni e teorie del complotto come elementi drammaturgici. Il pubblico interagisce direttamente con l’opera, scegliendo gli oggetti scenici e determinando alcuni parametri dell'intelligenza artificiale: sarà un’IA buona, cattiva o bugiarda? Questo approccio riflette l'idea che il complottismo stesso sia una forma di narrazione affascinante, capace di coinvolgere emotivamente molto più di un report scientifico.

La questione, quindi, non è solo il fatto che l’IA possa mentire, ma che il pubblico sia disposto a credere a certe narrazioni in base a dinamiche cognitive ed emotive. In questo senso, The Models non si limita a evidenziare le imperfezioni degli algoritmi, ma invita a riflettere su come costruiamo la nostra percezione della realtà.
The Models esibisce la natura ambivalente dei Large Language Models: la loro tendenza a mentire, a inventare storie, a risultare eccessivamente amichevoli o, al contrario, ostili e manipolatori.
The Models si inserisce in un filone di pratiche artistiche che mettono in discussione la visione dominante dell’intelligenza artificiale come strumento neutrale o meramente funzionale. “La cosa importante è quella di andare 'contro', offrire un’alternativa al modo in cui solitamente il machine learning viene presentato in contesti commerciali occidentali (ovvero come un sistema per aumentare l'efficienza), e ricordare all’osservatore che l’IA è una 'macchina che sorprende continuamente', come diceva Alan Turing”, affermano i creatori dell’opera.

L’installazione, infatti, rifiuta l'idea di un’IA perfetta e infallibile, e anzi valorizza il bug come caratteristica centrale. Questo approccio si oppone alla narrativa dominante, che tende a rappresentare l’intelligenza artificiale come un’intelligenza umana più veloce e potente, un’idea che secondo gli artisti risente di una visione colonialista della tecnologia: “vorremmo presentare una ‘other intelligence’, dove il bug è proprio la caratteristica centrale”, spiegano. Questa visione ribalta l’immaginario mainstream, enfatizzando il potenziale dell’errore, della deviazione, dell’imprevedibilità come elementi di arricchimento anziché di fallimento.
The Models non fornisce risposte definitive, ma solleva interrogativi: può l’arte contrastare la disinformazione facendo leva sullo stesso stupore che rende virali le fake news? Può la meraviglia generata dagli artisti offrire un'alternativa alla fascinazione del complottismo? In un mondo in cui la linea tra realtà e finzione si fa sempre più sottile, progetti come The Models dimostrano che l’arte ha ancora un ruolo cruciale nel rivelare e decostruire i meccanismi della post-verità.

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Conca di Vaselli non è solo una minipiscina idromassaggio ma un pezzo di storia e cultura del territorio.