Questo articolo è stato pubblicato su Domus 1031, gennaio 2019.
Sindaco non comune di una città non comune, Giuseppe ‘Beppe’ Sala è un dirigente d’azienda prestato alla politica, cui ha impresso uno stile che risente delle sue esperienze nella valutazione finanziaria, nei piani strategici e nel business development. È a Sala che si deve il successo di Expo 2015, fortemente voluto dall’allora sindaco Letizia Moratti, che lo chiamò a fare il city manager nella sua amministrazione. Era il 2009 e, per un anno e mezzo, Sala lavorò alla ristrutturazione strategica di un’area fortemente strategica, la meno italiana delle città, la più europea delle città italiane. Dal 21 giugno del 2016 è sindaco di Milano, che a Domus ha raccontato così.
Che cos’è Milano per lei?
Milano è contemporaneità. La nostra è a tutti gli effetti una città aperta e internazionale, che sa vivere il proprio tempo e lo sa rappresentare in differenti ambiti – dalla moda al design, dall’architettura al food, dalla cultura all’imprenditoria – con stile e creatività, senza derogare mai in tema di diritti civili e di solidarietà.
Che tipo di città ha ricevuto? E che tipo di città vuole lasciare
Nel 2016, quando sono stato eletto sindaco, ho trovato una Milano orgogliosa, consapevole del proprio valore e determinata a crescere, sotto numerosi punti di vista.
Credo che il merito principale di questo atteggiamento positivo – da molti definito il “Rinascimento di Milano” – stia, da una parte, nella buona riuscita dell’Expo e nella grandissima prova di accoglienza che la città ha dato durante i sei mesi dell’Esposizione; e, dall’altra, nella proficua collaborazione tra i diversi attori della vita cittadina – istituzioni, associazioni, imprese, cittadini – che nel corso degli anni hanno saputo trovare modi e tempi propri per contribuire allo sviluppo della città. Milano ambisce a essere una guida: non possiamo accontentarci di una città che funziona. Ecco perché l’obiettivo della mia amministrazione è quello di rafforzare il posizionamento di Milano in ambito internazionale e nazionale, proseguendo tale cammino e valorizzandolo con nuove iniziative che possano confermare la città come punto di riferimento a livello mondiale su differenti fronti: dall’ambiente all’innovazione, ai diritti...
I maggiori problemi di Milano?
Ci sono un paio di ambiti cui serve prestare un’attenzione sempre maggiore: condizioni di vita più allineate fra centro e periferie e problematiche ambientali.
Come vuole affrontarli?
Sicuramente con un approccio pragmatico e serio. Con il Piano Case e il Piano Quartieri puntiamo, da una parte, all’obiettivo “zero case vuote” e, dall’altra, a promuovere e realizzare in ogni quartiere interventi pubblici e urbanistici privati con interesse pubblico per un valore complessivo di 1,6 miliardi di euro. Questi piani sono emblema della nostra determinazione, insieme con le iniziative già avviate per contrastare l’inquinamento atmosferico.
Essere una città aperta e internazionale significa anche accogliere chi scappa dal proprio Paese per fuggire alle guerre o decide di costruire qui un futuro migliore per sé e la propria famiglia. Questa capacità è uno degli elementi di forza di Milano, dove il 19 per cento della popolazione è di origine straniera, contro il nove per cento nazionale.
Che cosa vuole fare per l’inquinamento?
Stiamo lavorando a più livelli affinché Milano migliori la qualità dell’aria che respiriamo. Il nostro obiettivo è ‘liberarla’ dai veicoli diesel entro il 2025. In questo senso, con la primavera del prossimo anno partirà il divieto di accesso e circolazione per i veicoli diesel euro 0, 1, 2 e 3, da lunedì a venerdì.
Si verrà così a definire un’enorme Low Emission Zone, che prenderà il nome di “Area B”. Questo divieto sarà poi esteso anche ai diesel euro 4 per arrivare infine, entro il 2025, a coinvolgere i diesel euro 5.
Per realizzare questo obiettivo, saranno posizionate 188 telecamere ai varchi d’accesso alla città. A parte ciò, la nostra controllata ATM investirà 2 miliardi di euro nei prossimi 7 anni per rimpiazzare tutti i bus esistenti con veicoli elettrici; inoltre, stiamo promuovendo lo sharing di auto, moto e bici e stiamo completando la M4, la metropolitana che collegherà Linate con la città.
E per il traffico?
La stessa istituzione di Area B avrà come effetto una riduzione dei veicoli in città. Un sostanziale contributo sarà offerto dal potenziamento delle linee metropolitane: l’estensione della M5 fino a Monza, per la quale il Governo ci ha appena assicurato che ci saranno i fondi, e il già citato completamento della M4. Coprendo una più ampia area grazie alla rete metropolitana, ridurremo notevolmente il flusso di auto in città. Inoltre, stiamo investendo nella mobilità sostenibile con la diffusione di aree a velocità limitata, le “Zone 30”, rivoluzionando un po’ l’idea che solo nel centro storico vada limitato il traffico e pensando invece a tutti i quartieri di Milano dove saranno sempre più numerose le piazze vivibili, come è stato fatto sperimentalmente in piazza San Luigi (corso Lodi), piazza Angilberto (Corvetto) e piazza Dergano.
C’è un problema immigrazione?
Essere una città aperta e internazionale significa anche accogliere chi scappa dal proprio Paese per fuggire alle guerre o decide di costruire qui un futuro migliore per sé e la propria famiglia. Questa capacità è uno degli elementi di forza di Milano, dove il 19 per cento della popolazione è di origine straniera, contro il nove per cento nazionale. Dobbiamo avere la consapevolezza che senza immigrati la città si ferma. Anche per questo è necessario un piano nazionale, attraverso il quale attuare politiche sociali e d’inclusione che consentano anche ai migranti di contribuire alla crescita della città che li ospita.
Oggi Milano è ancora solidale?
Sì. “Milano con il cuore in mano” è tutt'altro che un vecchio modo di dire. Milano è la capitale europea del volontariato, con oltre 240.000 volontari attivi nel territorio della città metropolitana e con un quinto di tutte le associazioni iscritte ai registri della Lombardia. Al di là dei numeri, è la volontà di non lasciare indietro le persone più deboli o sfortunate a fare la differenza. Un sentimento condiviso che trova nell’intenzione dell’arcivescovo Delpini di organizzare un “sinodo laico”, una straordinaria occasione per rispondere alle domande di accoglienza e solidarietà che arrivano dalla città.
Quali sono le direttrici di sviluppo di Milano su cui sta lavorando?
In questo momento, lo sviluppo di Milano trova sia espressione nella crescita urbanistica della città – attraverso iniziative che cambieranno il volto della città: dal recupero degli ex-Scali ferroviari alla riapertura dei Navigli – sia nella capacità di attrarre turismo e investimenti stranieri. A questo riguardo, insieme con la Camera di Commercio abbiamo dato vita all’Associazione Smart City, che ha come mission lo sviluppo internazionale di Milano attraverso la collaborazione tra le realtà pubbliche e private attive sul territorio.
Milano è una città italiana o europea?
Senza dubbio europea: è aperta, innovativa, attenta all’ambiente e ha un’offerta culturale di alto livello. Ha il pregio di essere in grado di competere per attrattività con tutte le capitali europee, senza essere una capitale.
Qual è il rapporto tra Milano e Roma?
Se con Roma intende dire Governo, Milano è senza dubbio un interlocutore chiave per la crescita del Paese, proprio in virtù di quella capacità di attirare investitori e quel prestigio di cui può beneficiare di riflesso tutta l’Italia. Se, invece, con Roma si riferisce alla capitale, direi che Milano e Roma sono realtà entrambe complesse, con caratteristiche proprie non sempre comparabili.
Per chi cerca un posto in cui mettersi alla prova, Milano è certamente la città che fa al suo caso.
A quale altro sindaco del mondo si sente vicino? Perché?
Attraverso le reti internazionali cui Milano aderisce, sono a costante contatto con i sindaci delle più importanti città del mondo, con cui condivido impegni e battaglie, dalle iniziative per contrastare i cambiamenti climatici a quelle per l'accoglienza dei migranti. Ne cito alcuni: il sindaco di Los Angeles Eric Garcetti, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo e quella di Barcellona Ada Colau.
Se dovesse convincere uno straniero a venire a vivere a Milano, che cosa gli direbbe?
Milano sta vivendo un periodo di grande vivacità: è una città che funziona, con servizi efficienti e un'offerta culturale raffinata e contemporanea. Milano sa accogliere, intrattenere, divertire e formare. È al passo con i tempi. Per chi cerca un posto in cui mettersi alla prova, Milano è certamente la città che fa al suo caso.
In apertura: Francesco Radino, Scalo Porta Romana, 2018.