Quest'articolo è stato pubblicato in origine su Domus 599 / ottobre 1979
In una via piuttosto dignitosa, fra costruzioni in stile Tudor, spagnolo, provenzale e ranch americano, la casa di Frank Gehry sembra a prima vista, una casa ancora in costruzione, poi, a guardarla meglio, sembra un collage cubista piombato nella strada per caso, e stride. È una casa che non lascia dubbi sull'identità del suo abitante - ne riflette i sogni e le ossessioni. È emozionante perché rivela molto del suo autore ed esige da noi tutta l'attenzione.
Ciò che Gehry ha fatto non è altro, in fondo, che aggiungere una nuova ala alla propria casa già esistente, una tipica e anonima casa di periferia, rivestita di assicelle rosa. Il come lo ha fatto e gli interrogativi che l'intervento suscita rendono però la casa unica. Gehry ha avvolto la vecchia costruzione, su tre lati, con una nuova 'scatola' angolosa e con un alto recinto. La vecchia casa sbircia attraverso le nuove aggiunte. Questo tipo di collage è una sorta di commento alla 'seconda generazione' di case della periferia di Los Angeles. In periferia non c'è un solo pezzo di terreno libero, ogni giorno si abbattono le case piccole per sostituirle con case più grandi. Impalcature e recinti di lamiera grecata sono all'ordine del giorno. Alle case si fanno dei veri e propri face lifts: cambiano identità e si adeguano a chi le abita.
Gehry ha usato un collage di comuni pezzi di casa per raccontarci di sé e della natura del costruire. Ama l'estetica del procedimento di costruzione, la qualità del cambiamento. La sua casa sembra sbucciata, si vedono i chiodi, i listelli di legno, i materiali di isolamento. Elementi dell'esterno sono portati all'interno, e viceversa. Lo scontro del vecchio col nuovo, la vista dell'uno dall'altro le immagini 'incorniciate' dalle pareti bucate - sollecitano alla messa in discussione dell'idea di architettura. E anche dell'idea di spazio architettonico, problema che Gehry ha già esplorato in sue opere recenti (come la O'Neill Hay Barn e la casa di Ron Davis) in cui ha inclinato i tetti piani, e ha angolato i muri creando false prospettive, a sorpresa.
Qui, nella sua casa, Gehry non solo distorce la prospettiva, ma ci presenta l'architettura come "somma delle sue parti". Ci è impossibile cogliere l'insieme, perché i nostri occhi continuano a spostarsi da una superficie all'altra. Certi spazi interni, come il soggiorno, che da certi angoli sembra seguire la prospettiva classica, ci ingannano.
Guardiamo attraverso la finestra del soggiorno e non vediamo l'esterno bensì un altro pezzo di edificio, grezzo, in uno scorcio prospettico diverso. Se ci affacciamo alla finestra del soggiorno guardiamo dentro la cucina, un ambiente di vecchio stile, surrealisticamente sospeso nel ricordo di un cortile scolastico: sembra posare su un campo di gioco asfaltato, e ha una struttura sportiva in rete metallica sospesa al di sopra. Dall'esterno, un grosso cubo in vetro, rinforzato da rete, penetra fracassando una parete perimetrale? Cosa sta succedendo? Per la prima volta, forse, la trasformazione della casa di un architetto la si ammira perché non moderna, non 'finita', non, a prima vista, 'disegnata'. Nè eclettica. È vecchia e nuova, e totalmente diversa. Bisogna guardarla come un oggetto a sé stante.
Casa unifamiliare a Los Angeles
Architetti: Frank Gehry Associates
Completamento: 1979
Fotografia: Tim Street-Porter
introduzione di Barbara Goldstein