Dall’incontro tra il duo Formafantasma e l’azienda giapponese è nato un nuovo modo di visualizzare e raccontare la ricerca sull’alimentazione a idrogeno. #MDW2016
Dal primo contatto, il 14 di agosto scorso, al Salone sono passati otto mesi, che Andrea Trimarchi e Simone Farresin definiscono a dir poco intensi. La sfida però è valsa la fatica e alla Design Week milanese presentano il loro primo progetto di uno spazio complesso.
“Devi tenere insieme l’award, la concept car e un intervento legato al cibo”, spiega Andrea. “Abbiamo proposto, per il primo anno, di rinunciare a mettere in mostra la concept car, concentrandoci invece sulla ricerca, sulla tecnologia dell’idrogeno”.
Una tecnologia complessa, che loro hanno tradotto con un’installazione cinetica luminosa composta da quattro sculture in movimento. “Anche allo chef abbiamo chiesto di lavorare sul concetto di acqua, alla base delle auto a idrogeno”, aggiungono. I pezzi sono appoggiati su una piattaforma verniciata con una resina rosa molto riflettente, che contribuisce a dare un senso di liquidità all’intera installazione. “Di solito si mostra una scultura della concept car.
Noi volevamo, invece, mostrare gli elementi di novità: la tecnologia e l’elevato livello di artigianalità, impiegato soprattutto nella verniciatura, meccanica e manuale, di 15-16 layer differenti”.
Una terza parte dell’allestimento è dedicata alla tradizione e alla storia dell’azienda, che ha cominciato la sua attività con la produzione di tessuti. “Abbiamo ricreato la forma della concept car usando 2.000, o forse più, fili elastici dipinti a mano”, spiegano i designer. Anche questa scultura è cinetica: i fili sono compresi tra due piattaforme che si alzano e si abbassano, mettendoli in tensione o lasciandoli cadere afflosciati. Prime impressioni su questo Salone? “Quest’anno abbiamo notato ancora più collaborazioni extra-settore: oltre alle auto, ci sono lo sport, la moda… Si potrebbero fare due riflessioni. Da un lato, si aprono nuove opportunità di collaborazione con altre aziende. Dall’altro, però, se tanti designer lavorano in questo modo, vuole dire che c’è meno spazio nel mondo del design”.