Massimo Bartolini

Il Museo Marino Marini ospita la personale di Massimo Bartolini, artista toscano le cui opere trovano in Marini e Leon Battista Alberti il loro punto di incontro.

Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London
Il Museo Marino Marini inaugura il programma espositivo del 2015 con la personale di Massimo Bartolini curata da Alberto Salvadori.
L’artista toscano ha elaborato un percorso di opere che trovano in Marino Marini e Leon Battista Alberti il loro punto di incontro e la loro sorgente di riflessione. La mostra, come afferma Bartolini stesso, è fatta in loro presenza, generando nuovi lavori e portando al museo testimonianze di un percorso e di una ricerca sulla scultura seguita nel tempo.
Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London
Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London

L’esposizione si apre all’interno della Cappella Rucellai con Revolutionary Monk, riproduzione di un monaco birmano nella posizione del bodhisattva, cioè colui che sta a cavallo tra religione e laicità, intesa questa come condizione di presenza attiva nella dimensione sociale, assimilabile all'attività dell’Alberti – uno dei più importanti intellettuali del Rinascimento che attualizzò il linguaggio dell’antichità, rendendo contemporanea la classicità.

Alberti ha realizzato opere che testimoniano una nuova idea di rapporto tra arte e società, in una ieratica manifestazione di equilibrio tra pensiero antico e rinascimentale. Il monaco, con la sua rotazione, interrompe, senza però turbarlo, l’equilibrio tra queste due parti, infondendo nuova energia all’interno di un sistema chiuso come quello della cappella dell’Alberti.

Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London
Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London

Altro intervento, questo di accostamento, è Airplane, che gioca sull’identità del linguaggio formale e della materia. L’opera è un basamento di marmo statuario, la cui faccia superiore ha in se un bassorilievo geometrico che riproduce un aeroplano di carta dispiegato, una lavorazione che evidenzia la preziosità della materia, in dialogo con le tarsie del sepolcro.

Sempre nella Cappella Rucellai una persona dello staff museo ha indossato la sera della vernice My fifth hommage, due preziosi orecchini in oro della serie di opere “omaggi”. Gli orecchini, fusioni in oro di tappi di cera usati dall’artista stesso, rimandano al silenzio costruito dalla cappella e all’astrazione matematica che questo spazio definisce.

Al piano inferiore del museo si trova un lavoro che propone un altro modo di fare una scultura, con l’aiuto di due grandi artisti quali Marini e Constable. Utilizzando le nuove tecnologie usate in architettura, si è fatta una scansione 3d della statua di Marini Il giocoliere, titolo anche dell’opera di Bartolini, della quale si sono trattenute stampandole su carta, le “nuvole” di coordinate sotto forma di 6 numeri per ogni punto rilevato, per un totale di 77 mq di numeri in corpo 4. Il gruppo di coordinate numeriche, chiamate in gergo “nuvole di numeri”, è stato sovrapposto alle opere Studi di nuvole di constable. Nuvole di numeri su studi di nuvole.

La stampa di questa sovrapposizione si rende visibile in 11 fogli di 75x1000 cm che verranno installati, come le affissioni pubbliche, sul fronte e sul retro di un grande muro costruito al centro della cripta del museo. Ancora una volta l’artista vuole mettere a confronto la complessità che si nasconde dietro la facile riproducibilità con l’immediatezza irriproducibile del gesto, interrompendo a metà il processo di replica (la scansione non diventerà mai una replica fisica della statua). “La riproducibilità al suo inizio non era che paura della perdita, perdita che presiede a ciò che per la manualità è uno dei più grandi valori: la mutevolezza”.

Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London
Massimo Bartolini, vista dell’installazione al Museo Marino Marini, 2015. Courtesy Museo Marini Marini e Massimo De Carlo, Milano/London

Nascosta e introdotta dal muro del Giocoliere, appare un’altra riflessione sulla scultura, stavolta sotto forma di azione: due persone si appropriano e leggono, alternandosi, un testo fondamentale per la storia dell’arte del ‘900, Scultura lingua morta di Arturo Martini, grande artista italiano al quale Marino Marini deve molto, e del quale fu successore alla cattedra di scultura a Monza. Le due persone, leggendo lo stesso libro, una ad alta voce l’altra in silenzio, ci mettono di fronte al doppio registro dell’invettiva da una parte e dell’analisi interiore dall’altra, tema centrale del testo.

Questa azione si svolge sullo sfondo a un lavoro audio diffuso nella cripta che ha per titolo Petites esquisses d’arbres, una parafrasi di un titolo di una serie di sonate per pianoforte chiamate Petites esquisses d’oiseux di Olivier Messian. L’artista ha registrato il rumore del vento tra gli alberi del suo studio e della casa - alberi che sono oggetto dal 1995 di numerosi disegni - al vento di ogni albero è stata poi assegnata una nota e sovrapposta alle note e agli intervalli dei tre brani della sonata per piano di Messiaen, la quale talvolta echeggia in lontananza: “mi piaceva fare un disegno in un altro modo, pensare che degli alberi facessero il verso agli uccelli tramite il ponte di Messiaen e che il vento sia armonia”.


fino all’8 marzo 2015
Massimo Bartolini
a cura di Alberto Salvadori
Museo Marino Marini
Piazza San Pancrazio, Firenze

con il supporto di: Regione Toscana, Oac Ente Cassa di Risparmio di Firenze
in collaborazione con: Galleria Massimo De Carlo, Milano\Londra

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