Nel riconoscere valore artistico alla celebre sedia prodotta da Vitra , i giudici milanesi hanno infatti definito i criteri per distinguere, all'interno della massa di prodotti di design sul mercato, quei pochi 'gioielli' che meritano di essere protetti come opere d'arte applicata. Secondo il Tribunale, alla Panton Chair disegnata da Verner Panton "risulta attribuita in maniera unanime una capacità rappresentativa delle tendenze anche artistiche del movimento costitutivo dell'industrial design del dopoguerra". Per il difensore di Vitra, l'avvocato Gabriel Cuonzo dello studio legale Trevisan e Cuonzo, "questa sentenza rappresenta un importante avvicinamento tra il mondo del diritto e quello sempre più 'liquido' e complesso dell'arte contemporanea". Il tema è diventato di grande attualità nell'ultimo secolo quando, a partire dai "ready made" di Duchamp, si sono dissolti i confini tradizionali tra arte e industria ed è quindi diventato fondamentale che le imprese dispongano di norme e criteri giuridici per capire quando un determinato elemento d'arredo possa godere della protezione del diritto d'autore date le ricadute economiche che ciò comporta.
In Italia, il caso più recente di vittoria nella lotta per riconoscere il valore del copyright è quello del letto Nathalie di Flou (progettato da Vico Magistretti nel 1978), per il quale il Tribunale di Milano ha disposto il sequestro degli esemplari copiati da un altro produttore italiano.
Ma non solo le aziende a intraprendere azioni di tutela per difendere il frutto di ingegno e investimento economico. Anche designer come Charlotte Perriand, e dopo di lei la figlia Pernette con il marito Jacques Barsac, hanno intrapreso, con successo, battaglie lunghe e difficili per far valere i propri diritti (leggi L'eredità di Charlotte ), nella convinzione che copiare indiscriminatamente tolga oltretutto anche spazio ad altri promettenti autori.