C'era bisogno, però, di una nuova cantina e la famiglia, in virtù di una solida e vecchia amicizia con Arnaldo Pomodoro, propose a lui di realizzarla. Il Maestro accettò con entusiasmo e dopo il primo sopralluogo aveva già immaginato il progetto. "Il paesaggio", racconta Pomodoro "mi ricordava il Montefeltro dove sono nato, così come l'ha raccontato in tanti quadri Piero della Francesca. Il mio intervento quindi non doveva disturbare la dolcezza delle colline dove si estendono i vigneti, anzi doveva integrarsi perfettamente con l'ambiente. Ho avuto l'idea di una forma che ricorda la tartaruga, simbolo di stabilità e longevità che, con il suo carapace rappresenta l'unione tra terra e cielo".
I lavori, avviati nel 2006, sono in via di conclusione e la cantina sarà inaugurata nel giugno 2012 con la presentazione di una nuova etichetta.
Il "Carapace" si offre allo sguardo come una grande cupola ricoperta di rame, incisa da crepe che ricordano i solchi della terra che l'abbraccia. Un elemento scultoreo a forma di dardo di colore rosso che si conficca nel terreno sottolinea l'opera nel paesaggio. Entrare nel "Carapace" significa addentrarsi in una scultura di Pomodoro, come racconta Arnaldo Pomodoro stesso: "Per la prima volta nella mia vita ho avuto l'emozione di poter camminare, parlare e bere all'interno di una mia opera".
Lo studio degli architetti Giorgio e Luca Pedrotti ha avuto il compito di tradurre in scala architettonica le intuizioni di Pomodoro. Nell'iter progettuale, costantemente supervisionato dall'artista attraverso disegni, modelli e modelli al vero, sono stati approfonditi ed individuati materiali e tecnologie innovative per trasferire al meglio la forza espressiva del linguaggio in strutture architettoniche che potessero coniugare le grandi dimensioni dell'opera con la massima perfezione di forme e superfici.
Lo sviluppo di una tale struttura è stato possibile grazie alla scansione digitale di un modello in scala 1:20 realizzato dal Maestro Pomodoro sulla cui base sono stati adattati e conformati i dodici semi archi che costituiscono gli appoggi a terra della cupola ed il grande costolone centrale di 35 metri di diametro.
La sfida più complessa è stata coniugare una struttura che fosse quanto più coerente alle forme immaginate da Pomodoro rispettando le rigide normative sismiche e che garantisse ampia flessibilità alla realizzazione della particolare copertura e dell'ancor più complessa volta d'intradosso interna.
Il legno si è dimostrato il materiale più versatile alle modifiche in corso d'opera, ha dato ottime risposte dal punto di vista sismico nel sopportare le dilatazioni differenziali dovute alla dimensione dell'opera ed alla sovrapposizione di varie tecnologie e materiali.
Uno degli aspetti più innovativi e complessi della realizzazione è sicuramente il manto di copertura. Pomodoro ha immaginato che l'estradosso della cupola fosse squarciata da fratture in cui intuire la materia primordiale generatrice dell'opera; per questo sono state utilizzate lastre di rame realizzate su matrici create appositamente dallo scultore. Al di sotto del manto in rame è stato poi studiato un sistema di tetto ventilato a più strati.
La pavimentazione interna ed esterna al "carapace" è in porfido trentino con pezzature speciali a "spacco", l'artista insieme agli architetti ha personalmente selezionato le singole lastre appena cavate con una colorazione ruggine, tonalità abbastanza rara per il porfido.
La volta è quindi frastagliata dalle forme tipiche del linguaggio del Maestro per la cui realizzazione sono stati impiegati intonaci speciali su reti nervate e stirate fissate ad una struttura leggera in tubi di alluminio stampato, la cui installazione è stata personalmente diretta sul cantiere da Pomodoro stesso e dal suo collaboratore Dialmo Ferrari. Tutta la finitura dell'intonaco, composto da una miscela al 90% di rame, è stata realizzata a mano con speciali strumenti che hanno permesso di riprodurre le texture tipiche dei lavori del Maestro.
Per l'interno della volta è stato progettato dall'architetto Barbara Balestreri di Milano, consulente di Arnaldo Pomodoro, un sistema di illuminazione integrato.
Per il "dardo" le valutazioni statiche, le spinte dinamiche del vento ed il grado di sismicità della zona hanno portato ad una soluzione mista di cls armato su platea e pali con sovrapposta una struttura reticolare leggera in traliccio di acciaio funzionale anche quale supporto dei pannelli in fiberglass colore rosso ancorati in modo "labile" per assorbire le dilatazioni e movimenti differenziali dei diversi materiali in gioco.
Ultimo aspetto è lo studio degli esterni per i quali il paesaggista Ermanno Casasco ha realizzato un terreno artificiale movimentato da piccole colline piantate con essenze locali che con il ciclo delle stagioni si dipingono delle più svariate colorazioni per arrivare al rosso intenso delle viti di sagrantino che in ottobre infiammano il territorio circostante coltivato.
Progetto impianti tecnici: Unitec group srl – ing.Oscar Nichelatti
Progetto illuminotecnico: Studio architetto Barbara Balestreri
Progetto paesaggistico: Studio Ermanno Casasco
Calcoli Statici: Studio ing. Fausto Rossi
Coordinatore della sicurezza: Geom. Fabio Fusi
Realizzazioni edili: Impresa Giomarelli
Opere in legno lamellare: Holz Albertani s.p.a
Impianti termoidraulici ed enologici: Ditta Sordato )
Impianti elettrici: Ditta Valeri
Vetri curvi: Viraver Technology s.r.l.
Serramenti curvi: BAESSO s.r.l.
Lastre in rame su disegno di Pomodoro: Elettroformature Venete
Lattonerie in rame: Eurocoperture S.r.l.
Pavimentazioni in porfido: Consorzio Cavatori Produttori Porfidi
Arredamenti: Falegnameria Magil di Giorgio e Marco Leonardelli